PREMESSA
Mi ha sempre affascinato ridare visibilità ad un cantante che l’impietoso trascorrere del tempo ha fatto dimenticare e sono state proprio le difficoltà incontrate nel recupero delle notizie inerenti alla sua biografia artistica a stimolarmi a proseguire, determinata nel mio obbiettivo. La ricerca sul tenore forlivese Giuseppe Paganelli è l’evidente testimonianza di quanto sopra asserito e costituisce il mio primo lavoro intrapreso sugli artisti romagnoli del canto (Giuseppe Paganelli, tenore, compositore, impresario, Faenza, Edit Faenza, 1998); rimane tuttora l’unico libro esistente su questo tenore.
MOTIVAZIONE
Mi ero infatti resa conto che a Forlì, sua città natale, pochissimi se lo rammentavano e pure i parenti prossimi conservavano di lui un vaghissimo ricordo, anche perché questo tenore di grazia, cugino del mio bisnonno, aveva trascorso l’ultimo trentennio della sua esistenza in Sud Africa, dal 1926 sino al 1956, anno della scomparsa. Chi forse avrebbe potuto essermi d’aiuto era purtroppo venuto a mancare da alcuni anni. Risoluta nel mio obbiettivo, dopo vani e reiterati tentativi ebbi finalmente la fortuna di rintracciare il numero telefonico del figlio del tenore, Giannino Paganelli (Casale Monferrato 1916-Como 2003) che risiedeva a Como, ma che, in seguito al divorzio dei genitori e alla lunga permanenza del padre a Cape Town, conservava modesti e confusi ricordi. Tuttavia il nostro incontro e la successiva frequenza furono per entrambi un’esperienza ricca di umanità e di sincero affetto: egli riscopriva il padre, che aveva frequentato soltanto nella fanciullezza, io apprezzavo pienamente un cantante che aveva dedicato tutta la sua vita all’Arte. Si trattava di una ricerca lunga ed impegnativa, ma che avrebbe però ridato visibilità ad un valente artista e avrebbe pure valorizzato la cultura musicale forlivese, già onorata in primis dal tenore Angelo Masini e da Maria Farneti. Immediatamente mi resi conto che sarebbe stato inevitabile un viaggio a Cape Town dove Paganelli aveva dato tutto se stesso per diffondere in quella terra, vergine per l’opera, l’amore per la musica e per istruire buone voci al canto.
Ma qualcuno potrebbe ora chiedersi quale fu la motivazione che indusse Giuseppe Paganelli a trasferirsi definitivamente in quella terra lontana, così poco conosciuta, ma di certo affascinante per le sue meravigliose bellezze naturali ancora incontaminate. Occorre quindi andare a ritroso nel tempo per scoprire la vita avventurosa di questo insigne cantante.
PROFILO BIOGRAFICO
Nato a Forlì il 16 luglio 1882, dovette ben presto raggiungere Venezia insieme con la madre, le quattro sorelle e un fratello quando il padre fu assunto come capo fonditore nella città lagunare. Ivi frequentò il Collegio Industriale dell’Istituto Protestante in Cannaregio, dove coltivò anche lo studio della musica verso la quale aveva mostrato una particolare predisposizione. A diciassette anni ottenne invero il diploma di tromba emergendo come uno dei più bravi allievi, poi frequentò a Roma i corsi di armonia e composizione presso l’Accademia di S. Cecilia, dove gli fu riconosciuta una voce molto aggraziata e fu indirizzato al celebre maestro di canto Antonio Cotogni. In seguito si perfezionò a Firenze col M° Carlo Carobbi.
Il suo esordio avvenne il 16 ottobre 1904 davanti al pubblico forlivese in un Concerto vocale-strumentale tenuto presso il Teatro Comunale. L’anno successivo, a soli 23 anni, riscosse fragorosi applausi debuttando al Teatro Fossati di Milano in Elisir d’amore e Don Pasquale, che resteranno i punti fermi del suo repertorio di tenore di grazia.
Da quel momento ebbe inizio il suo nomadismo artistico che lo portò dal Petruzzelli di Bari, al Rossini di Venezia, al Reinach di Parma, al Contavalli di Bologna, al Liceo di Barcellona (dove si esibì a fianco del famoso soprano Hariclea Darcleè), ad Alessandria d’Egitto e ad Atene, teatri in cui conseguì brillanti risultati, come attestano le numerose recensioni rintracciate. Se ne riportano alcune per offrire una presentazione abbastanza significativa dei suoi successi. Ad esempio, dopo essersi esibito nell’Elisir d’amore al Teatro Alhambra di Alessandria d’Egitto, “Il Lavoro d’oggi” scrisse il 4 agosto 1906:
Quel pubblico, formato da Egiziani e dalla colonia italiana, ha riscontrato nel giovane artista Paganelli un’intelligenza fine, un metodo di canto purissimo ed intonazione impeccabile parecchie volte fu chiamato alla ribalta e della romanza si volle il bis. A giorni partirà con tutta la compagnia per Atene e canterà anche la Mignone Pescatori di Perlecon la soprano Barrientos, chiamata l’usignolo della Spagna”.
Ma nel 1907 Giuseppe Paganelli dovette amaramente costatare che per un notevole esubero di eccelsi cantanti lirici si presentava alquanto problematico ricevere scritture interessanti e soddisfacenti; volle allora sperimentare un altro genere musicale firmando un contratto vantaggioso con la Società Suvini-Zerboni di Milano e per due anni si esibì nell’operetta, dove ben presto eccelse per la voce deliziosa e carezzevole e fu spesso partner anche della mitica Gea della Garisenda. Nel novembre 1908 al Costanzi di Roma G. Paganelli, in onore del quale era rappresentato il Don Pasquale, ricevette infatti accoglienze festose:
Simpatie sincere e meritate perché egli è artista fine, garbato, intelligente; perché ha voce di timbro simpatico ed educata ad una ottima scuola e perché - qualità non comune - studia i personaggi e li rappresenta con verità. Ha dovuto replicare ogni sera la deliziosa romanza dell’ultimo atto che dice con grande sentimento modulando la voce con infinita grazia. Ieri ebbe molti applausi anche dopo la romanza del 1° atto dei Pescatori di Perle, che dovette bissare (“Roma”, novembre 1908).
Nel 1909 ritornò però alla scena lirica e riprese a cantare nei più importanti teatri del mondo: nel 1910 a Pietroburgo, nel dicembre 1911 all’Avana, nel 1920 al Cairo, a fianco di celebri artisti quali Maria Barrientos, Rosina Storchio, Ezio Pinza, Mattia Battistini, Titta Ruffo. Seguirono ulteriori contratti che lo portarono a esibirsi in Venezuela, in Australia, in Nuova Zelanda, in Canada, squisito interprete del Barbiere, del Don Pasquale, dell'Elisir d’amore, del Matrimonio segreto, della Favorita, della Manon di Massenet, del Faust di Gounod, della Marcella di Giordano e di altre importanti opere.
Le recensioni attestano i successi entusiastici e calorosi, le continue richieste di bis, i fragorosi battimani, che evocavano Paganelli ripetutamente alla ribalta. Nel 1911 al Coliseo Dos Recreios di Lisbona, al termine della sua esibizione nella Sonnambula, ricevette una lusinghiera recensione:
Se Maria Galvany e Paganelli fossem contemporâneos de Bellini, dir-se la que a Somnambula fôra para eles expressement escripta. A antiga escola italiana de tem em Galvany e Paganelli, doios esteios de merito, cuio valor reside, muito ospecialmente, na circumstancia de hoje, rarearem os seus discipules, que para triumpharem n’este genero de musica, necessitam, como dissemos, alé d’uma voz de caracter especial, um particular estudo, que lhes permitta cantar -cadencias- ad libitum que encerram toda a sua belleza e bralhantismo(“Intransegente” di Lisbona).
Anche nel maggio 1914 al Teatro Payret di Avana (Cuba) fu festeggiato dal pubblico con vivissimo entusiasmo fin dalla sua rentrèe:“Nei panni di Elvino, di Guglielmo, di Correntino, di Almaviva, di Nemorino, il delizioso artista pose in luce le sue peculiari facoltà di cantante, di dicitore, di attore. Di cantante, dalla modulazione ammirabile, dai coloriti multipli e dolcissimi; di dicitore chiarissimo, sempre espressivo ed efficace: di attore distinto, elegante, corretto” (“Rassegna Melodrammatica”, 9 maggio 1914).
L’anno seguente, come si evince dalla medesima “Rivista Teatrale Melodrammatica” (8-15 gennaio 1915), pure al Teatro Verdi di Firenze nel Barbiere di Siviglia riscosse il plauso del pubblico e della critica: “Giuseppe Paganelli, lo squisito tenore che dal Politeama di Trieste passò al Verdi di Firenze, ove eseguì deliziosamente la parte di Almaviva, nelle rappresentazioni straordinarie di Barbiere col divo Titta Ruffo. Ottenne, oltre che le acclamazioni del pubblico, anche gli elogi della Nazione e del Nuovo Giornale”. Il 3 ottobre 1920 ricevette un’altra gratificante recensione dopo l’esibizione al Teatro Kursaal del Cairo nel Don Pasquale: “Il pubblico ebbe la rivelazione di un divo; G. Paganelli è il tenore di grazia più perfetto che abbia oggi l’arte; bisogna risalire ai sublimi trionfi di Bonci per trovare un punto di paragone. Il suo non è più canto, è ricamo, cesellamento”(“Roma”).
Nel frattempo, però, per le precarie condizioni socio-economiche determinate dal primo conflitto mondiale che si ripercossero anche in campo artistico, divenne sempre più problematico ottenere una scrittura interessante e soddisfacente. Il delizioso tenore, come veniva spesso denominato, accettò allora di far parte dei “Cantori della Cappella Sistina”, che nel 1922 si spostarono per lunghissime tournée in Australia, dove ritornarono nel 1925 con il nome di “Solisti della Cappella Sistina” e pure in Nuova Zelanda.
IL SUD-AFRICA
Proprio nel febbraio 1926, durante il viaggio di ritorno verso l’Italia, quando la nave fece una lunga sosta a Cape Town per procurarsi molti rifornimenti, il tenore forlivese rimase affascinato dallo splendido paesaggio naturale ancora incontaminato e dalle belle voci locali che dovevano però essere educate al canto lirico. Pensò che qui avrebbe potuto attuare un suo vecchio ambito progetto, quello di aprire una scuola in una terra vergine per l’opera e pertanto, pur essendo consapevole che a quarantaquattro anni avrebbe dato una svolta decisiva alla sua vita e alla sua carriera, accettò un posto come insegnante di canto nel “South African College of Music” di Rosenbank. Sollecitò allora a raggiungerlo la moglie Ida Loretz, che rinviò a lungo la partenza perché i figli Guglielmo e Giannino erano ancora ragazzini e soprattutto perché negli anni Venti il Sud Africa era un paese alquanto sconosciuto e poco rassicurante. Col passare del tempo il tenore fu però attratto dalla fresca bellezza e dalla piacevole voce di contralto di una giovane allieva, Eva Gain, che lo conquistò anche con i modi affabili e gentili. A poco a poco si innamorò di lei e dopo alcuni anni di assidua frequenza la sposò il 21 dicembre 1931; in seguito alla notevole lontananza e al divorzio si crearono ovviamente spiacevoli e dolorose incomprensioni con i familiari residenti in Italia, che però gli mancarono sempre moltissimo.
A CAPE TOWN
Alla luce di questi eventi molto significativi, ma che mi erano però pervenuti in modo impreciso e frammentario, dapprima contattai il Consolato Italiano di Cape Town, poi nel marzo 1997 presi l’aereo per raggiungere questa città. Durante il soggiorno ritrovai una copiosa e sorprendente documentazione, in gran parte inedita, depositata presso il College of Music ed inoltre raccolsi le confidenze di alcuni anziani amici, che mi parlarono dell’immensa generosità del tenore. Anche una cara allieva, Josephine Bayes, mi confidò infatti che le aveva dato gratuitamente lezioni di canto e che per lei il tenore era stato oltre che un valente insegnante “il padre che avrei sognato; una lezione di arte, di vita e di vitalità”. Generosamente Josephine mi regalò alcuni album di splendide fotografie effettuate dallo stesso cantante nel corso dei suoi viaggi e da lui riprodotte con notevole perizia ed ottimo gusto estetico. Al più presto li donerò all’Archivio della “Federazione Italiana Associazioni Fotografiche “di Torino, che reputo la sede più idonea alla relativa conservazione.
La lunga ricerca, condotta in Sud Africa, mi confermò non solo le innate doti di tenore di Paganelli, ma anche la sua professionalità di compositore e di impresario teatrale, attività queste che erano del tutto sconosciute in Italia.
LE OPERE LIRICHE ALLESTITE A CAPE TOWN
Per ben diciotto anni consecutivi il tenore insegnò attivamente al College of Music di Cape Town, poi iniziò ad impartire lezioni private nella sua casa di Claremont “for the love of teaching”. Dopo cena preparava gli allestimenti delle opere che desiderava ardentemente rappresentare a Città del Capo impiegando tutte le sue energie ed attingendo anche ai suoi risparmi. Riuscì a metterne in scena un numero notevole con la partecipazione di alcuni suoi allievi, che aveva costantemente educato al canto. Instancabile, attivissimo, invero rappresentò a Cape Town dal 1929 al 1950 ben sette opere: Il Barbiere di Siviglia nel 1929, Don Pasquale nel 1930, Il matrimonio segreto nel 1933, Le Nozze di Figaro nel 1934, La Traviata e Il Barbiere nel 1936, Don Pasquale nel 1938, La Sonnambula nel 1940 e ancora Don Pasquale nel 1951 che furono accolte con vivo entusiasmo dal pubblico e dalla stampa, che riconobbe al tenore forlivese una seria e grande professionalità. Egli stesso si esibì in alcune opere impersonando Lindoro, Ernesto, Don Basilio e Alfredo. Il quotidiano “The Cape Argus” scrisse il 3 ottobre 1929 che “era la prima volta che con la rappresentazione del Barbiere la grande opera era stata riprodotta in Sud Africa”e pertanto diede al tenore l’appellativo di “pioniere dell’opera lirica in Sud Africa”.
LE COMPOSIZIONI MUSICALI
Aveva pure ripreso a scrivere tanta musica, ma il lavoro più importante è sicuramente “The Passion Play” o Oratorio per la Passione di Gesù Cristo, composto per ringraziare Gesù Cristo di avergli ridato la salute; dopo aver contratto una terribile malattia, era stato infatti costretto all’uso delle stampelle essendogli stata amputata una gamba. “The Passion Play”, eseguito nel 1945 al Teatro Alhambra di Cape Town, fu definito “un great, holy and inspired musical work” e gli procurò grande successo di pubblico e di critica. Come confidava il tenore alla cara sorella Ede nella lettera datata 29 febbraio 1950:
Non potevo farmi pagare per un lavoro che io avevo dedicato al Buon Gesù, per avermi ricondotto alla vita; l'impresa non badò a spese che furono colossali, dato che vi furono scene costruite apposta; avevo 120 coristi e circa 100 attori, che mimicamente descrivevano insieme al coro e ai solisti che non si vedevano, tutto il dramma della Passione di Gesù. Da questo puoi immaginare che cosa grandiosa fu questo spettacolo.
“The Passion Play” è purtroppo ancora del tutto sconosciuto in Italia e anche nella sua Forlì, perché la riproduzione si presenta molto complessa ed onerosa, ma si spera possa essere realizzata al più presto. Si ricordano anche le altre composizioni di Paganelli: Dies irae, Benedictus, Agnus Dei, Ninna Nanna (Lullaby), Stabat Mater.
LA SCOMPARSA
Con un ritardo di due mesi giunse a Forlì la mestissima notizia che il delizioso tenore si era spento il 4 marzo 1956, all’età di 73 anni, a Città del Capo.
LA VOCE E LE INCISIONI
Le successive incisioni sono state effettuate all'estero:
AFRICAN SOUND RECORDS (Cape Town)
RECORD DISC (Broadway- New York)
Le notizie recentemente sopraggiunte ci informano dei seguenti ulteriori dischi incisi per la Columbia:
Aveva inciso alcuni dischi a 25 cm. della Columbia Italiana, presumibilmente negli anni 1911-15, oltre cento anni fa e pertanto le incisioni risentono inevitabilmente degli imprecisi mezzi di riproduzione della voce, ma costituiscono un'importante testimonianza di un'epoca e di uno stile di canto, come confermò Rodolfo Celletti, insigne studioso della vocalità, nella lettera speditami il 28 marzo 2001:
Premetto che un tempo non si curavano i dischi come oggi e non si procedeva alle correzioni di errori in cui tutti potevano incorrere durante le registrazioni. E’ comunque evidente che Giuseppe Paganelli apparteneva alla categoria dei cosiddetti tenori di grazia - come un tempo si diceva - a me particolarmente graditi […] A quanto le registrazioni lasciano comprendere, Giuseppe Paganelli non era un cantante qualsiasi. Tenore di grazia sì, ma con una voce non esigua, molto gradevole ed un notevole temperamento. Ma si consentiva iniziative che oggi nessun direttore accetterebbe, come le strane variazioni che figurano nel Barbiere di Siviglia o gli estremi acuti in “falsettone” di “A te, o cara” o di “Spirto gentil”. Questo però era tipico di tutti i buoni tenori dell’Ottocento. Particolarmente gradevoli: “Com’è gentil”, “Tornami a dir che m’ami” e “Ah, non credevi tu”.
Roberta Paganelli
Allegato | Dimensione |
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tenore Giuseppe Paganelli - V. Bellini - I Puritani "A te, o cara" | 3.21 MB |
tenore Giuseppe Paganelli - G. Rossini - il barbiere di Siviglia "Se il mio nome saper..." | 2.68 MB |