Nel 2025 si celebrano anniversari illustri: i 150 anni dalla nascita di Maurice Ravel, i 150 dalla morte di Georges Bizet (e dalla prima rappresentazione della sua Carmen), i 50 anni dalla scomparsa di Dmitri Shostakovich, i 300 anni dalla scomparsa di Alessandro Scarlatti. Eppure, come troppo spesso accade con le compositrici donne, il centenario della morte di Marie Jaëll passa sotto silenzio; una delle musiciste più straordinarie del XIX secolo merita oggi un riconoscimento che le è stato troppo a lungo negato.
Nata Marie Trautmann nel 1846 in Alsazia, in una famiglia colta e benestante, fu una bambina prodigio. Il padre, sindaco della sua città natale, e la madre, grande amante delle arti, ne sostennero con convinzione il talento. Fu proprio la madre – una vera “mamager” ante litteram – a seguirne con passione i primi passi nel mondo della musica.
Marie studiò in Germania, diventando allieva di Ignaz Moscheles a Stoccarda, per poi accedere al Conservatorio di Parigi. Qui, a soli quattro mesi dall’ammissione, ottenne il Primo Premio in pianoforte. Nel 1866, a vent’anni, sposò il pianista austriaco Alfred Jaëll, già allievo di Chopin. I due si esibirono insieme in tutta Europa e in Russia, in un sodalizio musicale e sentimentale. Tuttavia, la morte prematura del marito nel 1882 la lasciò vedova a soli 35 anni.
Determinante per la sua formazione fu l’incontro, nel 1868, con Franz Liszt, che di lei scrisse: “Marie Jaëll ha il cervello di un filosofo e le dita di un’artista” (American Record Guide). Fu proprio il grande compositore ungherese a introdurla a figure eminenti del panorama musicale europeo come Johannes Brahms e Anton Rubinstein. Nel 1883, Marie si recò infatti a Weimar per perfezionarsi sotto la guida di Liszt, approfondendo quella visione musicale che avrebbe lasciato un’impronta profonda nella sua arte.
Proseguì gli studi di composizione con César Franck e Camille Saint-Saëns, del quale divenne non solo amica, ma anche segretaria. Saint-Saëns scrisse di lei: “Mme Marie Jaëll non vuole più che si parli del suo talento di pianista. Ne ha abbastanza e punta solo all'alta composizione. I suoi primi tentativi sono stati tumultuosi, eccessivi, come l'eruzione di un torrente devastante.”
Saint-Saëns la stimava profondamente: le dedicò infatti il suo Concerto n. 1 per pianoforte e orchestra e l’Étude en forme de valse. Marie gli rese altrettanto omaggio con il suo Concerto n. 1 in re minore per pianoforte e orchestra, il brano Sphinx - probabile omaggio alla passione egittologica del compositore francese - e Prisme. Problèmes en musique, anch’esso dedicato a Saint-Saëns. Grazie al suo sostegno, Marie Jaëll fu la prima donna ad essere ammessa come membro attivo alla Société des Compositeurs de Musique, segnando un momento storico per la parità di genere nel mondo della composizione.
Nel 1891, fu la prima pianista a eseguire integralmente l’opera pianistica di Liszt a Parigi. L’anno successivo presentò, per la prima volta al pubblico francese, l’integrale delle 32 Sonate di Beethoven. L’amore per Beethoven fu tale da spingerla a trascrivere alcune sue opere, come la Marcia alla Turca dalle Rovine di Atene, e a comporre dieci bagatelle, forma prediletta del Maestro di Bonn. Tra i suoi progetti più ambiziosi spicca il monumentale ciclo “dantesco” (1. Ce qu'on entend dans l'enfer. 2. Ce qu'on entend dans le purgatoire. 3. Ce qu'on entend dans le paradis.) ispirato alla Divina Commedia e chiaramente influenzato dalle composizioni lisztiane sul medesimo tema. La Sonata n.1, dedicata a Liszt, rivela l’eco profondo della Sonata in si minore del suo mentore. Di particolare rilievo anche la Fantaisie sur Don Juan per due pianoforti, frutto del suo carteggio con Liszt.
Oltre che pianista e compositrice, Marie Jaëll fu ricercatrice e teorica rivoluzionaria. Dopo aver combattuto una dolorosa tendinite, si avvicinò con curiosità scientifica alle neuroscienze, collaborando con il fisiologo Charles Féré. Insieme esplorarono le connessioni tra pensiero, movimento e percezione musicale, dando vita a un approccio rivoluzionario all’insegnamento del pianoforte.
Tra le sue opere teoriche più influenti si ricordano:
L’influenza di Liszt permeò profondamente tutta la sua ricerca. Marie Jaëll studiò con dedizione le sue tecniche, fino a sviluppare un personale metodo di insegnamento: il Metodo Jaëll. Nato da un paziente lavoro di sperimentazione su se stessa e sui suoi studenti, il metodo aveva come obiettivo quello di instaurare un legame profondo tra il pianista e lo strumento. Il risultato fu una collana di undici volumi dedicati alla tecnica pianistica, da cui ancora oggi i pedagoghi del pianoforte traggono ispirazione, in particolare per quanto riguarda la consapevolezza e la funzionalità della mano.
Marie Jaëll morì nel 1925. Il suo archivio, oggi custodito presso la Bibliothèque Nationale Universitaire de Strasbourg, è consultabile anche digitalmente e rappresenta una miniera d’oro per studiosi, pianisti e appassionati.
Nel centenario della sua scomparsa, è tempo di restituirle il posto che le spetta nella storia della musica. Marie Jaëll fu una pioniera, una mente brillante, una musicista di straordinaria profondità. Lasciarla nell’oblio non sarebbe solo un’ingiustizia, ma una perdita culturale per tutti noi.
Elena Chiavegato, pianista
www.elenachiavegato.com