di Anna Calabresi
Ogni sistema vivente, dal più semplice al più complesso, per il principio dell’omeostasi tende a resistere al cambiamento del proprio equilibrio. Questa predisposizione esiste anche in presenza di disfunzioni o malattie, perché anche lo spostamento dal malessere al benessere implica il dover passare attraverso uno squilibrio. La metafora è uno strumento di comunicazione per inviare messaggi allusivi anziché espliciti. Il linguaggio metaforico, sfruttando la forma indiretta della proiezione e dell’identificazione, consente dunque la comunicazione di messaggi minimizzando la resistenza in quanto la persona non è sottoposta a richieste dirette (Nardone & Watzlawick, 1990). In psicoterapia l’uso della metafora ha lo scopo di promuovere cambiamenti evolutivi personali, relazionali e professionali (Casula, 2002). La metafora è una comunicazione che si rivolge più all’inconscio che al conscio, più all’emisfero destro del cervello che al sinistro, coinvolgendo più l’emotività che la razionalità. La comunicazione metaforica ha il potere di evocare emozioni e stimolare pensieri, facendo emergere le risorse personali e il desiderio di cambiamento.
L’opera lirica è la forma di spettacolo più completa alla quale si possa assistere in teatro. Essa unisce alla musica elementi diversi: il canto, la storia, la poesia, i personaggi, i costumi, le scene, la tecnologia e, a volte, la danza. L’espressione dei sentimenti avviene attraverso il canto. Nell’opera l’innamoramento è fortissimo, inevitabile e inarrestabile. E se le emozioni positive sono intense, quelle negative sono ancora più dirompenti. Nel melodramma l’intima unione tra l’espressione verbale e quella musicale genera effetti emotivi impareggiabili. Gli strumenti musicali evidenziano e amplificano gli intimi vissuti dei personaggi stimolando, con la forza dell’evocazione e della suggestione, una reazione emotiva nello spettatore. Se attraverso la metafora è possibile comunicare messaggi ricchi e complessi, l’opera offre un’ampia varietà di spunti per trattare problemi relazionali: l’invischiamento familiare nella Lucia di Lammermoor, l’amore predatorio nella Madama Butterfly, il narcisismo e la violenza di genere nell’Otello. La metafora lirica può inoltre offrire lo stimolo per fruire di una delle più alte espressioni della cultura occidentale.
Madama Butterfly, opera in tre atti di Giacomo Puccini su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, fu rappresentata per la prima volta a Milano nel 1904. Siamo a Nagasaki, all’inizio del 1900. Le donne remissive e vulnerabili non attirano i principi azzurri ma i predatori, che non sempre aggrediscono fisicamente le loro vittime, a volte le circuiscono con parole dolci. Così l’ingenua Cio-Cio-San diventa facile preda dell’ufficiale della marina statunitense Pinkerton, che la chiama Butterfly, la abbindola con tenere frasi d’amore e ne fa oggetto delle proprie brame sessuali.
Pinkerton: Con quel fare di bambola quando parla m'infiamma.
Dopo aver contratto con Butterfly un matrimonio giapponese, Pinkerton la abbandona per poi ritornare dopo tre anni con la moglie americana Kate. E pretenderà, con il medesimo atteggiamento predatorio, anche il figlio che apprende di aver avuto dalla giovane. Eppure Butterfly fino all’ultimo momento manifesta una fede incrollabile nel ritorno dell’amato e nel lieto fine.
Butterfly: Un bel dì, vedremo levarsi un fil di fumo sull'estremo confin del mare. E poi la nave appare.
Per amore di Pinkerton, Cio-Cio-San ha rinnegato la propria fede buddhista e abbracciato il cristianesimo, e ha rotto i legami con la famiglia d’origine per creare una nuova appartenenza.
Butterfly: E quasi del ripudio non mi duole per le vostre parole che mi suonan così dolci nel cor.
La fanciulla è caduta nella trappola cognitiva di attribuire all’altro le proprie percezioni e convinzioni, per poi soccombere al dolore della disillusione che può generare reazioni di rabbia o depressione. “Comportati sempre in modo da aumentare le possibilità di scelta”, dice il filosofo Heinz von Foerster. Ma Cio-Cio San rifiuta la nuova profferta amorosa del ricco Yamadori, allontanando la possibilità di creare un nuovo legame affettivo. Soccombe invece alla violenza dell’inganno, che con un’identità fragile e legami familiari deboli come i suoi, può portare al suicidio. E infatti Butterfly si uccide, obbligando Pinkerton ad assistere al suo atto. Forse con la fantasia, come capita a volte in chi decide di togliersi la vita, di suscitare in lui un tardivo quanto inutile senso di colpa.
Gaetano Donizetti scrisse Lucia di Lammermoor nel 1835, su libretto di Salvatore Cammarano, tratto da un romanzo dello scrittore inglese Walter Scott. L’opera fu rappresentata per la prima volta a Napoli nel 1835. La vicenda si svolge in Scozia, alla fine del Sedicesimo secolo. Lucia ama Edgardo di Ravenswood, ma suo fratello Enrico vorrebbe che la donna sposasse il ricco Lord Arturo Bucklaw, allo scopo di salvare la famiglia dalla rovina economica.
Enrico: Se tradirmi tu potrai, la mia sorte è già compita... tu m’involi onore e vita, tu la scure appresti a me... Ne’ tuoi sogni mi vedrai ombra irata e minacciosa: quella scure sanguinosa starà sempre innanzi a te!
Venuta in possesso di una lettera falsa in cui Edgardo dichiara di essere innamorato di un’altra, Lucia si lascia convincere da Enrico a sposare Arturo.
Enrico: Un folle t’accese, un perfido amore: tradisti il tuo sangue per vil seduttore... ma degna dal cielo ne avesti mercè, quel core infedele ad altra si die’!
Alcune scelte che pensiamo ci appartengano sono invece l’esito della nostra storia di individui nati in particolari contesti di relazione parentale. Il “mandato familiare” è il compito, più o meno esplicito, assegnato a ciascun membro della famiglia che riguarda ruoli da ricoprire e scelte da fare, inclusa la scelta del partner. Pallida e triste, Lucia firma il contratto di nozze. La funzione liberatoria della ribellione al mito familiare è legata al grado di differenziazione raggiunto dall’individuo. Le persone con i più alti livelli di differenziazione del sé hanno una resistenza allo stress che manca alle persone con un alto grado di fusione nell’io familiare. Solo i primi sono capaci di orientare la loro energia per compiere le loro scelte e perseguire i loro obiettivi. Lucia non è in grado di reggere al sacrificio del proprio desiderio individuale. Reagisce con la fuga dalla realtà, manifesta dispercezioni, deliri, allucinazioni. E dopo aver ucciso il marito si toglie la vita. Edgardo, disperato, la segue.
Otello è un’opera in quattro atti di Giuseppe Verdi su libretto di Arrigo Boito, dall’omonimo dramma di William Shakespeare. La prima rappresentazione ebbe luogo nel 1887. La storia è ambientata a Cipro, verso la fine del Quindicesimo secolo. Otello, generale Moro dell’armata veneziana, è sposato con Desdemona. Il perfido Iago, offeso perché Otello ha nominato capitano Cassio, trama affinché Otello creda che la moglie lo tradisca con lo stesso Cassio. Il Moro cade nel tranello. Indubbiamente Jago ha la sua responsabilità, ma basta che egli insinui il dubbio per portare Otello a sovrastimare i segnali di conferma del tradimento e a trarre conclusioni affrettate. Desdemona nega, si difende, si dispera, ma accecato dalla gelosia Otello non le crede, si ferma alle apparenze, crede di vedere quello che non c’è.
Otello: E il chiedi?... Il più nero delitto sovra il candido giglio della tua fronte è scritto.
Questo poderoso modello di gelosia coniugale illustra una delle piaghe che più affliggono la società attuale: la violenza di genere. Anche se Otello ama Desdemona, nella sua gelosia esiste un’importante componente narcisista. Più che l’amore sembra emergere prepotente la rabbia incontrollabile dell’uomo ricco e vigoroso (è appena tornato vittorioso annunciando la sconfitta dei musulmani). Il Moro si chiede come abbiano potuto fargli un affronto simile e, accecato dall’amor proprio, sente crescere il desiderio di distruggere chi osa compromettere la sua autostima.
Otello: (L'empio trionfa, il suo scherno m'uccide; dio frena l'ansia che in core mi sta!)
Una ferita dell’identità, un attacco imperdonabile al bisogno di esercitare controllo e potere sull’altro.
Otello: Rea contro me! Contro me!
Desdemona ha il presagio che morirà, ma aspetta remissiva Otello nel talamo, giungendo perfino a discolparlo prima di esalare l’ultimo respiro.
Emilia: Gran dio!... Chi fu?
Desdemona: Nessuno... io stessa... al mio signor mi raccomanda... Emilia... addio.
Infatti alla fine Otello uccide la moglie, per poi uccidersi una volta svelato l’inganno. Al giorno d’oggi, Otello e Desdemona potrebbero essere una coppia formata da un narcisista e la sua vittima.
Anna Calabresi *
*Psicologa clinica e forense, esperta in Psicodiagnostica, Psicologia delle dipendenze, Scienze criminologiche e Terrorismo internazionale, specializzanda in Psicoterapia breve strategica
Riferimenti bibliografici
Califano, G. (2021). Il teatro delle emozioni. Audiation, 10, 58-65.
Casula, C. C. (2002). Giardinieri, principesse, porcospini. Milano: Franco Angeli.
Linares, J. L. & Semboloni, P. G. (2021). La famiglia nell’opera. Roma: Alpes.
Nardone, G. & Watzlawick, P. (1990). L’arte del cambiamento. Milano: Ponte delle Grazie.
Simonelli, C. (Ed). (2002). Lo sviluppo sessuale ed affettivo. Roma: Carocci.