Figaro | Giulio Mastrototaro |
Susanna | Sara Blanch |
Il Conte d'Almaviva | Alessandro Luongo |
La Contessa d'Almaviva | Gilda Fiume |
Cherubino | Chiara Tirotta |
Marcellina | Rosa Bove |
Don Bartolo | Salvatore Salvaggio |
Don Basilio | Didier Pieri |
Don Curzio | Matteo Macchioni |
Barbarina | Elisabetta Zizzo |
Antonio | Nicolò Ceriani |
Due contadine |
Manuela Schenale Tiziana Realdini |
Direttore | Francesco Ommassini |
Regia, scene e costumi | Ivan Stefanutti |
Assistente a regia e scene | Filippo Tadolini |
Assistente ai costumi | Stefano Nicolao |
Luci | Claudio Schmid |
Maestro del Coro | Ulisse Trabacchin |
Orchestra, Coro e Tecnici della Fondazione Arena di Verona |
Nel mese delle celebrazioni mozartiane a Verona non poteva mancare il contributo di Fondazione Arena, che inaugura la Stagione Lirica 2023 del Teatro Filarmonico con Le nozze di Figaro. Per l'occasione viene ripreso l'allestimento proveniente da Udine di Ivan Stefanutti (assistito da Filippo Tadolini alla regia e alle scene, e da Stefano Nicolao ai costumi), che ha l'indubbio merito di esporre in maniera lineare la complessa trama di Da Ponte/Beaumarchais e di farla arrivare in maniera chiara e diretta al pubblico. La messa in scena dell'opera scorre quindi nei binari di una onesta e tutt'altro che polverosa tradizione, come testimoniano le ben curate e per nulla scontate interazioni tra i personaggi. Il disegno luci di Claudio Schmid, di contro, si fa apprezzare di più nell'atmosfera notturna del quarto atto che nei primi tre.
Francesco Ommassini torna alla guida delle maestranze areniane dopo il successo della tournée di Gioconda (di cui abbiamo seguito le recite del primo e del secondo cast veronese e la ripresa a Cremona). Il direttore riesce a ricavare dall'Orchestra di Fondazione Arena delle finezze musicali che impreziosiscono il dialogo tra gli strumenti e le voci dei solisti, come le percussioni marziali in "Non più andrai", i languori degli archi in "Porgi, Amor" o i pizzicati di "Deh vieni non tardar". Tuttavia mancano a questa lettura una visione d'insieme della partitura mozartiana, affrontata a compartimenti stagni e non unitariamente, e una certa coerenza musicale: i momenti più concitati, come i terzetti "Cosa sento? Tosto andate" e "Susanna, or via sortite" o il duetto tra Susanna e Cherubino, difettano di mordente teatrale. Meno brillante del solito anche la prestazione del Coro, i cui interventi sembrano cantati quasi in sordina.
Più centrato l'esito della compagnia vocale, che vede molti solisti debuttare sia a Verona che nei rispettivi ruoli qui interpretati.
Giulio Mastrototaro è un protagonista dallo strumento vocale sonoro e ben saldo: si avverte tuttavia una certa tendenza a ricercare più l'approvazione del pubblico rivolgendosi sempre al proscenio invece che l'interazione coi colleghi sul palco. Ne esce fuori un Figaro poco espressivo, con due arie diversissime tra loro, come "Non più andrai" e "Aprite un po' quegli occhi", cantate con la stessa energia e senza particolari differenze.
Annunciata come indisposta a inizio dello spettacolo, Sara Blanch recupera volume e colore in corso d'opera, mostrando segni di miglioramento di atto in atto: a cercare col lanternino si registrano dei gravi non particolarmente affascinanti in "Deh vieni non tardar", colpa sicuramente imputabile all'indisposizione e che non inficia una prestazione comunque positiva. La sua Susanna si riscatta non solo con la sua vivace presenza scenica, ma anche per un fattivo e riuscito dialogo con i colleghi.
Positivo il debutto di Gilda Fiume nel ruolo della Contessa: la sua voce pastosa e ricca di armonici dà il giusto risalto ai tormenti amorosi di Rosina, accentuando l'orgoglio nobiliare con cui interviene negli alterchi col marito del finale secondo e nell'aria "Dove sono i bei momenti", davvero ben interpretata. La voce inoltre si amalgama bene con quella dei colleghi ma in particolare con quella di Blanch, soprattutto nel duetto "Che soave zeffiretto".
Reduce dalla recente Bohème, Alessandro Luongo ripropone il suo collaudato Conte che affronta esibendo un timbro luminoso ed un'elegante linea di canto. Rispetto al suo ultimo impegno mozartiano a Verona (Guglielmo nel Così fan tutte) Luongo riesce inoltre a non eccedere nella caratterizzazione eccessiva del personaggio, tratteggiando un libertino sì impenitente ma comunque d'alto rango e mai volgare.
Artista ormai di casa a Verona, Chiara Tirotta è un Cherubino trepidante e mercuriale, in preda alla tempesta ormonale dell'adolescenza, che canta con il giusto ardore giovanile sia "Non so più cosa son, cosa faccio" che "Voi che sapete".
Ad onta di una lieve amnesia nell'aria "Il capro e la capretta", Rosa Bove è una Marcellina divertente e civettuola. Meno incisivo invece il Bartolo di Salvatore Salvaggio, dal registro grave poco a fuoco.
Di lusso gli interventi dei due tenori, Didier Pieri, nei panni di un machiavellico e insinuante Basilio, e Matteo Macchioni, che pur nell'esiguità della parte di Don Curzio si impone sui colleghi nel sestetto del terzo atto.
Chiudono degnamente il cast il burbero Antonio di Nicolò Ceriani e la maliziosa Barbarina di Elisabetta Zizzo.
Teatro vicino al tutto esaurito, ed è un ottimo segnale, vista la latitanza del pubblico veronese delle ultime stagioni dopo il covid. Pubblico festoso e generoso di applausi. AI saluti finali, vere e proprie ovazioni verso i cinque ruoli principali.
La recensione si riferisce alla recita di domenica 22 gennaio 2023.
Martino Pinali