Clitennestra | Anna Maria Chiuri |
Elettra | Lise Lindstrom |
Crisotemide | Soula Parassidis |
Egisto | Peter Tantsits |
Oreste | Thomas Tatzl |
Il Precettore di Oreste | Nicolò Donini |
La Confidente | Anna Cimmarrusti |
L'Ancella dello strascico | Veronica Marini |
Un servo giovane | Leonardo Cortellazzi |
Un servo anziano | Stefano Rinaldi Miliani |
La Sorvegliante | Raffaela Lintl |
La prima ancella | Lucia Cervoni |
La seconda ancella | Marzia Marzo |
La terza ancella | Anna Werle |
La quarta ancella | Francesca Maionchi |
La quinta ancella | Manuela Cucuccio |
Direttore | Michael Balke |
Regia | Yamal Das Irmich |
Assistente alla regia | Veronica Bolognani |
Scene | Alessia Colosso |
Costumi | Eleonora Nascimbeni |
Luci | Fiammeta Baldiserri |
Assistente alle luci | Giulia Bandera |
Videomaker | Virginio Levrio |
Maestro del Coro | Roberto Gabbiani |
Orchestra, Coro e Tecnici della Fondazione Arena di Verona |
"Elektra figlia del suo tempo": nell'allestire il capolavoro di Richard Strauss al Teatro Filarmonico di Verona, da cui mancava dal 2003, Yamal das Irmich non guarda al mito greco ma al tumultuoso primo Novecento tedesco. Dei gloriosi vecchi tempi del Secondo Reich rimangono testimoni in scena il ritratto e la divisa di Agamennone, mentre la corte matriarcale instaurata dalla moglie omicida (il cui aspetto rimanda a quello della giornalista Sylvia von Harden ritratta da Otto Dix) vive nella frivola spensieratezza della Repubblica di Weimar. Il regno di Clitennestra viene soffocato nel sangue dal figlio Oreste, il cui golpe ricorda sinistramente la fatale ascesa politica di Hitler avvenuta con la nomina a cancelliere nel 1933.
La trasposizione temporale si rivela coerente, avendo il pregio di non rimanere solo una dichiarazione sulla carta: la messa in scena si muove infatti di pari passo all'idea cardine dell'allestimento, benché a conti fatti si concentri di più a caratterizzare i personaggi di contorno (i riferimenti al musical Cabaret si sprecano) che i protagonisti, il cui disegno registico si dimostra comunque ben studiato ed efficace.
Per quanto riguarda l'assetto visivo dello spettacolo, che manifesta alcuni debiti nei confronti di precedenti allestimenti dell'opera (soprattutto quelli di Chéreau e Tcherniakov), si rivelano adeguati al contesto sia i costumi di Eleonora Nascimbeni che lo straniante disegno luci di Fiammetta Baldiserri. La scena di Alessia Colosso, benché di bell'impatto nella sua asettica eleganza, si dimostra poco funzionale alle esigenze musicali della partitura assorbendone i suoni a causa del boccascena aperto sul fondale.
È infatti il versante acustico il più penalizzato della serata: Michael Balke, già sul podio veronese nell'ultimo titolo straussiano eseguito a Verona (Salome nel 2018), dirige in prima italiana la riduzione orchestrale di Richard Dünser, impiegata (cito testualmente la prefazione alla partitura riportata nel programma di sala) per "adottare il maggior numero possibile di idee sonore di Strauss e di trasferirle da un'orchestra gigante a un'orchestra sinfonica di dimensioni standard senza perdere la forza, la veemenza e la drammaticità dell'originale". Buona la teoria, ma nella pratica l'impasto sonoro rimane dominato da tinte forti e volumi orchestrali debordanti che rimpiccioliscono le voci sul palco (l'acustica peculiare del Filarmonico restaurato rimane comunque un problema insormontabile per qualsiasi esecuzione); ciononostante si fa apprezzare la prestazione dell'Orchestra dell'Arena di Verona, ben coesa e centrata.
A dispetto di questi gap sonori la compagnia di canto, dominata dalle tre protagoniste, non si lascia mettere in ombra.
Prova in crescendo per la protagonista Lise Lindstrom: dopo il monologo iniziale "Allein! Weh, ganz allein", in cui stentava ad emergere dal magma orchestrale, la sua Elettra ha preso il volo nei confronti con la sorella e la madre e ha ben reso sia il lato più scontroso che quello fragile del personaggio, risolto senza impostarlo su un declamato o un urlato eccessivo.
Di spessore la Clitennestra tratteggiata da Anna Maria Chiuri non come un'attempata vedova consumata dal vizio ma come una donna ancora attaccata alla vita (forte di una vocalità espressiva ed incisiva secondo quanto richiede la parte), desiderosa di rinascere e andare oltre il suo sanguinoso passato.
Soula Parassidis è invece una Crisotemide più decisa e meno bamboleggiante del solito, dotata di una voce vellutata e rotonda che bene si adatta all'ardore giovanile della parte.
A posto i due uomini della casa degli Atridi, l'enigmatico Oreste di Thomas Tatzl e il promiscuo Egisto di Peter Tantsits.
Non sempre a fuoco le parti di contorno, tra le quali si distinguono solo i cammei di Anna Cimmarrusti (la Confidente), Leonardo Cortellazzi (il Servo giovane) e Nicolò Donini (il Precettore di Oreste).
Corretti gli interventi fuori scena del Coro.
Teatro gremito e pubblico per nulla intimorito dalla partitura di un compositore mai frequentato abbastanza a Verona. Caldo successo per tutte le maestranze coinvolte, con picchi di entusiasmo per il direttore e le tre protagoniste.
La recensione si riferisce alla recita di domenica 16 marzo 2025.
Martino Pinali