Carmen | Clémentine Margaine |
Micaela | Karen Gardeazabal |
Frasquita | Daniela Cappiello |
Mercedes | Sofia Koberidze |
Don José | Brian Jadge |
Escamillo | Luca Micheletti |
Dancairo | Nicolò Ceriani |
Remendado | Carlo Bosi |
Zuniga | Gabriele Sagona |
Morales | Biagio Pizzuti |
Direttore | Marco Armiliato |
Regia e Scene | Franco Zeffirelli |
Costumi | Anna Anni |
Coreografia | El Camborio (ripresa da Lucia Real) |
Maestro del Coro | Ulisse Trabacchin |
Maestro del Coro di voci bianche | Paolo Facincani |
Coordinatore del Ballo | Gaetano Petrosino |
Direttore Artistico Compañia Antonio Gades | Stella Arauzo |
Orchestra, Coro, Ballo e Tecnici della Fondazione Arena di Verona | |
Coro di Voci bianche A.LI.VE. | |
Con la partecipazione straordinaria della Compañia Antonio Gades |
Fondazione Arena ricomincia dal punto di partenza: non solo per la ripresa di un festival con cinque opere realizzate con degli allestimenti completi sotto ogni punto di vista, dopo le esperienze “nel cuore della musica” e delle video-scenografie dei ledwall degli anni passati, ma anche per l’eterno ritorno al nome registico di Franco Zeffirelli, cui sembra essersi indissolubilmente legata e da cui (sia per il valore simbolico assunto dal regista fiorentino nella città veronese, che per gli ovvi meriti artistici) non vuole decisamente separarsi. L’allestimento proposto di Carmen che inaugura il 99° Arena Opera Festival vuole porsi come una “sintesi definitiva” delle varie versioni dell’opera di Bizet su cui Zeffirelli ha messo più volte le mani, dal debutto del 1995 al cosiddetto “alleggerimento” del 2009.
Il risultato ottenuto è tuttavia altalenante: più che una sintesi definitiva questo allestimento si rivela un ibrido, in cui le pur belle soluzioni scenografiche ideate da Carlo Centrolavigna (il quale viene citato solo nel programma di sala, ma il cui nome non appare in locandina) che cercano di far dialogare l’anima della “vecchia” Carmen con quella “nuova”, non vengono adeguatamente valorizzate. Come più volte sottolineato dalle recensioni dei miei colleghi su questa rivista, infatti, la maggior attenzione degli autori di questa ripresa è riservata alla massa di coro, ballerini e figuranti, la quale, rispetto alle precedenti edizioni, sembra essersi addirittura triplicata, rendendo difficoltoso in più d’un occasione non solo l’ascolto, ma anche il capire quale solista stia cantando e soprattutto da dove.
Il ritorno di questo allestimento riporta inoltre in auge la discutibile idea, tutta registica, di alterare l’ordine musicale dell’inizio dell’ultimo atto spostando l’Entr’acte a metà tra il coro dei venditori e quello della corrida, a mò di ballabile coreografato da El Camborio ed eseguito dal Ballo areniano in sinergia con la Compañía Antonio Gades, onnipresenti in scena. Va da sé che anche questo continuo ticchettio di nacchere e scarpe sul palcoscenico, pur scatenando le reazioni entusiastiche del pubblico, alla lunga disturba e distrae lo spettatore non solo dalla musica, ma anche dalla comprensione della stessa opera, rendendo Carmen nient’altro che un dagherrotipo d’epoca, che vuole sembrare realistico ma che sa invece di turistico.
Poco uniforme il comparto vocale, tutt’altro che valorizzato dal disegno registico.
È soprattutto la coppia di protagonisti a risentire dell’assenza di un vero e proprio disegno registico cucito su di loro: Clémentine Margaine, nonostante uno strumento vocale corposo e ben tornito, si rivela una Carmen poco carismatica, scenicamente impacciata e persino goffa, così come Brian Jadge è un Don José vocalmente generoso ma piuttosto generico negli accenti e nel fraseggio, tutt’altro che credibile nei suoi slanci amorosi e di gelosia.
Prova in crescendo invece per la Micaela di Karen Gardeazabal, che, dopo un primo atto piuttosto opaco e qualche suono aspro, si riscatta nell’aria del terzo con slanci lirici appassionati e fiati ben controllati.
Dopo il suo positivo debutto veronese al Teatro Filarmonico nel recente Rigoletto, Luca Micheletti supera la “prova” Arena rivelandosi uno spavaldo e muscolare Escamillo, che conquista il pubblico con il celeberrimo couplet d’ingresso.
Tra i comprimari risaltano soprattutto i ruoli maschili: Nicolò Ceriani, un Dancairo efficacemente rozzo, Carlo Bosi, ironico Remendado, Gabriele Sagona, rigido Zuniga, e Biagio Pizzuti, sonoro Morales. Daniela Cappiello (Frasquita) e Sofia Koberidze (Mercedes), balzate dal secondo al primo cast, hanno invece qualche difficoltà a emergere sopra il muro di suoni delle confusionarie masse sul palcoscenico.
Marco Armiliato, direttore musicale del festival 2022, opta per una concertazione diligente e garbata, senza indulgere in eccessivi clangori e schiamazzi musicali per sovrastare la confusione che regnava in scena; pur non brillando per particolari guizzi interpretativi, il direttore accompagna con gesto sicuro i solisti, l’Orchestra e il Coro di Fondazione Arena, quest’ultimo in gran spolvero e che conferma un’altra volta l’ottimo lavoro del nuovo Maestro, Ulisse Trabacchin. Bene anche il Coro di voci bianche A.LI.VE. preparato da Paolo Facincani.
Pubblico gremito ed entusiasta come non se ne vedeva da anni, che applaude con calore al discorso inaugurale della Sovrintendente Cecilia Gasdia dedicato ai due artisti nati cent’anni fa e protagonisti molte volte dei festival areniani, Renata Tebaldi e Ettore Bastianini, ricordati inoltre con due ascolti di “Numi pietà” da Aida e “Il balen del suo sorriso” dal Trovatore. Nonostante il caldo afoso, mitigato poco a poco durante il corso della serata, e l’eccessiva lunghezza dello spettacolo, si registrano poche defezioni, e ai saluti finali vengono festeggiate con lo stesso calore tutte le maestranze artistiche impegnate nello spettacolo.
La recensione si riferisce alla recita di venerdì 17 giugno 2022.
Martino Pinali