Pianoforte | Georgijs Osokins |
Kremerata Baltica | |
Fryderyk Chopin | Concerto per pianoforte e orchestra n. 2 in Fa minore op. 21 |
Concerto per pianoforte e orchestra n. 1 in Mi minore op. 11 | |
Krzysztof Penderecki | Chaconne in memoriam Giovanni Paolo II |
Jēkabs Jančevskis | Lignum per orchestra d'archi, svilpaunieki (ocarine popolari lettoni a forma di uccelli), carillon e campanelli eolici |
Fondata nel 1997 dal grande violinista Gidon Kremer, nel giro di pochi anni la Kremerata Baltica ha consolidato la sua fama come una delle più popolari formazioni d’archi continentali, forte di un organico sì ridotto, ma versatile e capace di esprimere, al netto della dimensione, una palette timbrica estremamente varia. Lo dimostra la mini tournée italiana dei giorni scorsi, che si è conclusa al Teatro Nuovo Giovanni da Udine dopo le tappe di Milano e Pistoia, contrassegnate da proposte caso per caso diverse e ben lungi dal compiacere il mainstream. Anzi, l’appuntamento friulano, con i due concerti per pianoforte e orchestra di Fryderyk Chopin in versione “strings”, ha rappresentato una sorta di ritorno al grande repertorio, anche se la trascrizione per orchestra d’archi di Yevgeniy Sharlat li trasforma in qualcosa di ben diverso rispetto a quanto si sia soliti ascoltare.
L’organico ristretto nella dimensione e soprattutto “impoverito” nella strumentazione finisce giocoforza per attribuire allo strumento solista un ruolo ancor più preponderante, quasi relegando gli archi a una mera base di accompagnamento. Accompagnamento che per altro la Kremerata realizza sontuosamente, dimostrando un’intesa totale con il pianista Georgijs Osokins. D’altro canto è innegabile che la fantasia timbrica e la sensibilità chopiniana per la strumentazione come risorsa espressiva ne escano drasticamente annichilite, privando i due concerti di una peculiarità sostanziale della loro stessa concezione.
Quanto sottratto alla musica dall’assenza di fiati e percussioni, non è compensato da Osokins, il quale è uno strumentista di indubbio livello, ma più incline a un pianismo atletico e impressivo per quanto riguarda chiarezza e controllo del peso, che alla sfumatura. È un approccio, il suo, più interessato ad imprimere un virtuosismo vivido che a variare, tendenza che, unita all’orchestrazione peculiare, conduce verso una monocromia di fondo. Curiosamente il gusto ben poco propenso alla retorica di Osokins sembra funzionare meglio nei tempi lenti, non tanto dal punto di vista strumentale, che è sempre impeccabile, quanto per il totale rifiuto di effetti a buon mercato.
Ad accompagnare e preludere ai due piatti forti della serata, sono stati proposti due lavori recenti. Ben nota è la Chaconne in memoria di Giovanni Paolo II del cattolicissimo Krzysztof Penderecki. Opera matura ed emancipata dai furori avanguardistici della giovinezza, la Ciaccona è piuttosto connotata da reminiscenze bachiane, modello che il compositore polacco ha sempre riconosciuto come guida cardinale del suo percorso artistico.
Lignum invece, del lettone Jēkabs Jančevskis, classe 1992, è una piacevolissima sorpresa. Un lavoro per archi e ocarine che mescola sonorità ora stranianti, ora assertive, in una scrittura che alterna arpeggi ostinatamente ciclici ad afflati di lirismo, impasti misteriosi e piacevolmente incongruenti a ritorni alla tonalità.
Quanto alla Kremerata Baltica, quel che sorprende è la capacità di plasmare se stessa in un mirabolante ventaglio timbrico-espressivo, come ad amplificare la dimensione e le risorse di un ensemble che conta una ventina di professori o poco più, oltre a una pasta generale che non tradisce mai quel senso di secchezza che spesso le formazioni d’archi poco nutrite tendono ad avere.
Successo per tutti con ovazioni per Osokins che saluta con un bis straussiano.
La recensione si riferisce al concerto di giovedì 14 marzo 2024.
Paolo Locatelli