Wolfgang Amadeus Mozart | Rondò per pianoforte e orchestra in re maggiore, K 382 |
Wolfgang Amadeus Mozart | Concerto per pianoforte n. 23 in la maggiore, K 488 |
Wolfgang Amadeus Mozart | Concerto per pianoforte n. 20 in re minore, K 466 |
Direttore e pianoforte | Angela Hewitt |
Orchestra del Teatro Verdi di Trieste |
Si è chiusa ieri la manifestazione Il Festival di Trieste/Faro della musica con un ultimo concerto inserito nella stagione sinfonica del Teatro Verdi di Trieste.
Organizzato in sinergia con La Società dei concerti, il Festival – lo si può già affermare senza esitazioni – è stato un enorme successo. Le motivazioni sono molteplici e indiscutibili: qualità intrinseca delle serate proposte, artisti famosi e soprattutto bravi, folta partecipazione del pubblico composto per quota parte più che significativa da giovani.
Tutte le realtà culturali e istituzionali coinvolte, le maestranze, gli sponsor, i dirigenti possono andare fieri di questa prima edizione e pensare con serenità alla prossima del 2024.
Nel concerto di chiusura protagonista è stato Mozart, colto in tre brani per pianoforte e orchestra composti tra il 1782 e il 1786, tutti interpretati da Angela Hewitt nella doppia veste di direttore e solista al pianoforte, un monumentale e meraviglioso Fazioli.
I concerti hanno una matrice comune e cioè sono stati tutti scritti e pensati nel periodo viennese di Mozart dopo la rottura con Salisburgo. Non solo, Mozart li eseguiva personalmente per un pubblico ristretto di nobili e personalità altolocate nei salotti più in vista della città.
L’esprit salottiero è molto evidente nei due concerti eseguiti nella prima parte della serata, iniziata per motivi misteriosi con qualche minuto di ritardo: il Rondò per pianoforte e orchestra in re maggiore, K 382 e il Concerto per pianoforte n. 23 in la maggiore, K 488.
Entrambi i brani hanno caratteristiche che sono tipicamente mozartiane e cioè la brillantezza, il brio e l’agilità screziata qua e là da riflessivi ripiegamenti che si manifestano con melodie scopertamente liriche e accattivanti. Si pensi all’Adagio del secondo concerto ma non solo. C’è poi il dialogo incessante e ripetuto tra legmi e archi, che si rincorrono e si completano tratteggiando quell’atmosfera di spensierata gioia tipica di un empatico disimpegno acclarato nelle intenzioni ma rigorosissimo dal lato musicale. Non a caso sono due tra i concerti più eseguiti di Mozart, perché all’ascolto appaiono come gemme purissime.
L’Orchestra del Verdi, ovviamente in formazione cameristica e con una distribuzione che prevedeva numerosi aggiunti giovani, è stata – di là di qualche comprensibile imperfezione – all’altezza di cotanta creatività, dialogando con pertinenza stilistica e suono cristallino con la solista.
Di tinta diversa invece è il Concerto per pianoforte n. 20 in re minore, K 466 e lo si capisce già dalla tonalità minore che indirizza a un’atmosfera più raccolta, meno esuberante ed esteriore di cui già la lunga e severa introduzione orchestrale è presaga.
La cantabilità è più accentuata, la valenza emotiva guarda quasi al teatro musicale e il dialogo con l’orchestra sembra se non corrusco, almeno più seriamente rigoroso. L’energia e la tensione sono più alte che nei due concerti della prima parte e il carattere è generalmente più marcato, nonostante la distensiva oasi del secondo movimento per la quale, sia detto per inciso, chi scrive non spenderebbe parole che facciano pensare a un pre Romanticismo.
Anche in questo caso l’orchestra è stata eccellente in tutte le sezioni.
Resta da considerare la prestazione di Angela Hewitt e non posso che sottolineare quanto sia stata ottima sia come direttore sia come solista.
La Hewitt ha carattere, dolcezza e luminosità di tocco, è consumata artista che accompagna con una mimica un po’ d’antan ma efficace la musica ed è raffinata nel gesto, sempre delicato e garbato, quasi fragile e al contempo capace di improvvise e robuste accensioni passionali. Inoltre è elegante sul palco da brava rappresentante di quella vecchia scuola che oggi si rimpiange quando si assistono a esibizioni sbracate ed ipercinetiche di pianisti, anche bravi, che mentre si esibiscono recitano per la grande platea dei social.
Successo al calor bianco, teatro affollato bis e acclamazioni. Tutto meritato.
La recensione si riferisce alla serata del 12 settembre 2023
Paolo Bullo