Dmitri Shostacovich | Concerto per violoncello n. 1 in mi bemolle maggiore op. 107 |
César Franck | Sinfonia in re minore |
Direttore | Frédéric Chaslin |
Violoncello | Ettore Pagano |
Orchestra del Teatro Verdi di Trieste |
ll penultimo appuntamento con la stagione sinfonica triestina prevedeva lavori di due compositori che più diversi non si può, non tanto per l’ovvia distanza temporale delle due pagine musicali quanto per i caratteri dei personaggi coinvolti. In sintesi: una vita piuttosto grigia e monotona per Franck e un’esistenza scoppiettante e tormentata per Shostakovich, caratteristiche che mi pare risultino evidenti anche nei brani proposti.
Al cospetto di un pubblico numeroso, la serata ha avuto inizio con il Concerto per violoncello n. 1 in mi bemolle maggiore op. 107 di Shostakovich.
Dedicato a Rostropovich, che ne fu anche il primo interprete nel 1959, il concerto è strutturato in quattro movimenti e ha trovato nel giovanissimo (19 anni!) Ettore Pagano un interprete formidabile.
L’orchestra in toto, in formazione poco più che cameristica e guidata per l’occasione con precisione da Frédéric Chaslin, è nel complesso davvero ancella del solista, con la parziale eccezione dell’Allegretto iniziale in cui si percepiscono nettamente echi della Leningrado.
Ma Ettore Pagano ha rubato la scena in modo brutale a tutti sin dalla prima nota, aggredendo lo strumento quasi con ferocia e soprattutto con una maturità espressiva sorprendente per un artista così giovane. Il suo è un virtuosismo stellare e al contempo viscerale, quasi selvaggio – certo, la scrittura si presta a un’interpretazione infuocata – che ha sprigionato vigore e sensualità non solo nella Cadenza ma anche nell’oasi lirica più meditata del secondo movimento (Moderato).
Pagano, che ha raccolto un trionfo personale più che meritato, ha confermato la mia idea di un rapporto simbiotico col suo violoncello scegliendo come bis un emozionante pezzo di Giovanni Sollima: Lamentatio per voce e violoncello.
Nella seconda parte le note sono state meno liete perché la Sinfonia in re minore di César Franck ha patito di un’esecuzione di routine, a voler essere generosi, da parte di Frédérich Chaslin, nonostante la buona prova dell’Orchestra del Verdi e in particolare degli archi. Chaslin a fronte di dinamiche anche troppo generose ha scelto agogiche quasi slentate, stiracchiate e allo stesso tempo frettolose. In questo modo i diversi caratteri della pagina e i numerosi cromatismi sono affogati in un magma sonoro senza nerbo che mi ha ricordato certi piatti da All you can eat, di sapore forse non sgradevole ma sicuramente sciapo.
In ogni caso – probabilmente è quello che conta davvero – il pubblico alla fine ha applaudito e chiamato al proscenio il direttore, che ha più volte ringraziato la compagine triestina.
La recensione si riferisce al concerto del 19 novembre 2022.
Paolo Bullo