Ludwig van Beethoven | Ouverture Leonore n.3 in do maggiore op 72b |
Ludwig van Beethoven | Fantasia in do minore per pianoforte, soli e coro op 80 |
Ludwig van Beethoven | Settima sinfonia in la maggiore op92 |
Direttore | Marco Seco |
Direttore del coro | Paolo Longo |
Pianoforte | Alessandro Taverna |
Solisti Francesca Palmentieri, Miriam Spano, Francesco Paccorini, Roberto Miani, Giuliano Pelizon |
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Orchestra e coro del Teatro Verdi di Trieste | |
Filarmonica di Milano | |
In collaborazione con la Società dei concerti di Trieste |
Il “Progetto Beethoven”, del quale trovate qui un’ampia descrizione, è arrivato al suo ultimo atto con un concerto che si è svolto al Teatro Verdi di Trieste.
Doverosa una premessa: chi scrive aveva intenzione di riferire di tutti gli eventi ma, purtroppo, più del piacer poté il Covid e perciò, con rammarico, ho potuto essere presente solo alla serata finale.
Il programma prevedeva tre pagine musicali di genere diverso del Genio di Bonn in ordine cronologico (dal 1806 al 1812): per l’occasione sul palcoscenico del Verdi hanno unito le forze l’Orchestra e il Coro della Fondazione triestina e la Filarmonica di Milano, per un totale di ben 140 elementi. Sul podio Marco Seco, che della Società dei concerti di Trieste è direttore artistico dal Novembre 2021, in seguito alla prematura scomparsa di Derek Han.
Il concerto è iniziato con l’esecuzione dell’Ouverture Leonore n.3, scritta per la seconda edizione di Fidelio.
Brano celeberrimo e spesso inserito nei programmi sinfonici, la Leonore è una pagina musicale legata in modo simbiotico all’unica opera scritta da Beethoven, perché ne contiene buona parte dei temi che riecheggiano più volte nel suo lungo e monumentale sviluppo. Non a caso, più che una Ouverture sembra essere un piccolo poema sinfonico.
Marco Seco ne ha dato un’interpretazione antiretorica e asciutta, in certi momenti anche troppo disciplinata, nel senso che il sacro furore dell’anelito alla libertà è uscito un po’ soffocato da agogiche non slentate ma leggermente sopite. Ottimo, invece, il controllo delle dinamiche che ha efficacemente sottolineato i contrastanti sentimenti che sottendono alla partitura.
È stata poi la volta della Fantasia corale op. 80 per pianoforte, coro e orchestra.
Notoriamente considerata come un’anticipazione della Nona sinfonia – sia per la vicinanza col tema della gioia sia per i testi di Christoph Kuffner – la Fantasia sembra soprattutto il tentativo di far coesistere le esigenze del sinfonismo e della musica corale, con i virtuosismi del pianoforte (Beethoven fu eccellente solista) a fare da trait d’union tra i due universi.
Alessandro Taverna, che oltre a essere ottimo pianista è anche impegnato nella divulgazione della musica classica – è Direttore artistico del Festival di Portogruaro, giunto alla quarantesima edizione – ha comunicato felicemente con il direttore e, al contempo, eseguito con liquido virtuosismo le numerose variazioni e i dialoghi orchestrali che portano alla gioiosa entrata del Coro.
Più che dignitose le prove dei solisti (che trovate in locandina) e molto buono il rendimento della compagine triestina, diretta da Paolo Longo.
Più volte chiamato al proscenio, Alessandro Taverna ha scelto per il bis una variazione di Max Reger, molto apprezzata dal pubblico.
Dopo la pausa è stata eseguita la Sinfonia n. 7 in la maggiore, op. 92 e cioè quella che fece dire a un giovane scellerato come Carl Maria von Weber che:
le stravaganze di questo genio hanno raggiunto il non plus ultra, e Beethoven è pronto per l’ospedale psichiatrico.
Ora, di là del fatto che altri apprezzarono da subito l’innovativa pagina musicale – il mai troppo lodato e lungimirante E.T.A. Hoffmann, per dirne uno - gli equivoci nascono da una circostanza ben precisa; questa sinfonia è la classica composizione di transizione, nello specifico tra il sinfonismo alla Haydn (il padre della sinfonia) e i primi afflati di romanticismo: musica d’avanguardia e quindi difficile da capire per i contemporanei. E se Wagner ci vide l’apoteosi della danza, disciplina caratterizzata più di altre da una marcata valenza emotiva, noi nel 2022 ci accontentiamo della grande energia e della gioia che sprigiona la musica.
Brillante, dal mio punto di vista, l’interpretazione di Marco Seco sul podio, che ha saputo amalgamare le peculiarità di due orchestre diverse in una partitura ricca di inventiva ritmica in cui convivono echi di danze popolari, marce e serotini bagliori riflessivi che si sciolgono in un finale luminosissimo.
Il teatro era finalmente affollato e il pubblico, molti i giovani, ha tributato un grande successo agli interpreti e alla serata.
L’auspicio è che la sinergia tra la fondazione triestina e la Società dei Concerti diventi una costante del panorama culturale regionale.
La recensione si riferisce alla serata del 24 luglio 2022
Paolo Bullo