Marie | Giulia Gianfaldoni |
Tonio | John Osborn |
Sulpice | Roberto de Candia |
La Marchesa di Berkenfield | Manuela Custer |
Hortensius | Guillaume Andrieux |
Un caporale | Lorenzo Battagion |
Un notaio | Federico Vazzola |
Un contadino | Alejandro Escobar |
La Duchessa di Crakentorp | Arturo Brachetti |
Direttore | Evelino Pidò |
Regia, scene e costumi | Barbe & Doucet |
Luci | Guy Simard |
Maestro del coro | Andrea Secchi |
Coro e Orchestra del Teatro Regio Torino | |
Nuovo allestimento del Teatro Regio di Torino in coproduzione con Teatro La Fenice |
Una memoria vissuta e raccontata è la chiave di lettura della Fille du régiment (finalmente pare bandita anche nel nostro Paese la versione in italiano) riapparsa al Regio di Torino dopo ben ventinove anni di assenza in un nuovo allestimento, coprodotto con La Fenice, affidato al duo Barbe & Doucet, ovvero Renaud Doucet (regista) e André Barbe (scenografo e costumista), già presenti a Torino tre anni fa con una fortunata messinscena dei Pescatori di perle.
Ancor prima dell’inizio dell’ouverture un filmato proiettato su un ampio schermo mostra agli spettatori un’anziana signora che, sbirciando dalla finestra di una casa di riposo, attende un po’ malinconicamente i propri familiari. L’incontro gioioso con gli adorati nipotini sono per la signora, ovvero per Marie, occasione del ricordo della propria gioventù trascorsa, negli anni del secondo conflitto mondiale, in prima linea come vivandiera in un reggimento francese in Tirolo. Ecco così i pochi ma essenziali oggetti ben ordinati sul comò animarsi e divenire, in apertura della scena, ambientazione dei due atti dell’opéra-comique.
La freschezza della recitazione e della messinscena hanno ben accompagnato una resa musicale complessivamente soddisfacente, calorosamente applaudita dal pubblico della prima. Di ritorno nella sua Torino dopo quindici anni di lontananza, Evelino Pidò non ci ha pienamente convinti. Il maestro gode di una indubbia esperienza nel repertorio donizettiano ma la sua direzione, seppur trasparente e a tratti brillante, ci è parsa eccessivamente orientata sulle voci, avara nelle dinamiche, manchevole nell’evidenziare le raffinate nuances della scrittura riservata da Donizetti all’orchestra. L’intensità di momenti come la preghiera corale “Sainte madone! Douce patrone!” non hanno avuto così il giusto rilievo. Piuttosto scialbo anche il graffiante umorismo dell’inizio del secondo atto, quando Marie, nel castello della Marquise de Berkenfield, è educata secondo i canoni della buona società.
Nonostante ciò l’orchestra del Regio – a cinque anni dall’addio di Noseda, clamorosamente ancora priva di un direttore musicale – ha mostrato la consueta professionalità con una ammirevole precisione musicale da parte dell’intera compagine. Parimenti ottima la prova del coro, coeso nell'impersonare la paternità di Marie e preparato ancora una volta da Andrea Secchi. Oltre alle qualità musicali, tutti i componenti della compagine hanno mostrato una notevole duttilità scenica e attoriale.
Nel ruolo della protagonista, Giuliana Gianfaldoni si è fatta apprezzare per nitidezza timbrica, disinvoltura nel registro acuto e raffinatezza del fraseggio. L’artista ha pienamente reso giustizia alla gamma vocale e sentimentale dell’eroina rifinendo con particolare cura la vena malinconica di “Il faut partir” e “Par le rang et par l’opulence”. Nel ruolo di Tonio, John Osborn - al debutto al Regio – ha confermato la propria fama internazionale sciorinando ben più dei nove Do (ne abbiamo contati dodici) della micidiale “Pour mon âme”, aria prontamente bissata con entusiasmo da stadio per gli spettarori. Meno convincente, per problemi d’intonazione e un falsettone non perfettamente messo a fuoco, la successiva “Pour me rapprocher de Marie” nel secondo atto. Questa scivolata non ha minimamente inficiato l’ottima prova del tenore americano che non si è risparmiato nel dare spessore al personaggio un po’scialbo di Tonio.
Roberto de Candia è stato un Sulpice di ammirabile eleganza musicale: vocalmente sicuro, ineccepibile nell’emissione e scenicamente misurato, attento a non cadere in facili eccessi. Bravissima anche Manuela Custer nel ruolo della Marquise de Berkenfield. La cantante, nota anche per le sue incursioni nel repertorio barocco, ha mostrato forte personalità nel ruolo e una voce sempre piacevole per il suo timbro vellutato. Nei ruoli di contorno, Guillaume Andrieux è stato un divertente Hortensius, Lorenzo Battagion un più che valido Caporale e sia Federico Vazzola che Alejandro Escobar ineccepibili nelle parti, rispettivamente, del notaio e di un contadino. Senza cadere in grossolanità gratuite o nel ripetitivo, Arturo Brachetti ha impersonato la Duchessa di Crakentorp cantando “Ciribiribin! Che bel facin” e dando prova della propria abilità di illusionista in due cambi d’abito. Molto calorosa l’accoglienza da parte del pubblico.
La recensione si riferisce alla prima del 13 Maggio 2023
Lodovico Buscatti