Il Re | Marius Goșa |
Amneris | Ramona Zaharia |
Aida | Cellia Costea |
Radames | Teodor Ilincai |
Ramfis | Gelu Dobrea |
Amonasro | Željko Lučić |
Messaggero | Vasile Bădescu |
Sacerdotessa | Crina Vezentan |
Direttore | David Crescenzi |
Regia | Ognian Draganoff |
Scene | Boris Stoynov |
Costumi | Tzvetanka Petkova Stoynova |
Coreografia | Konstantin Kostiurov |
Assistente alla regia | Mugurel Chirilă |
Coro e Orchestra dell'Opera Nazionale Rumena di Timișoara | |
M° del coro | Laura Mare |
L’Opera Nazionale Rumena di Timisoara ha festeggiato i suoi primi 75 anni e l’ha fatto mettendo in scena Aida, lo stesso titolo che il 27 aprile 1947, nel corso della serata inaugurale, riecheggiò all’interno della stupenda sala del Palazzo della Cultura inaugurato nel 1875 su progetto dell’architetto viennese Ferdinand Fellner. Lo stesso Fellner, in società con Hermann Helmer (altro architetto viennese), fu autore di una quarantina fra i più importanti teatri d’opera costruiti in Europa dal 1870 al 1913. Fra questi Wiener Konzerthaus, Volkstheater Wien, Komische Oper Berlin, Theater an der Wien, Teatro dell’Opera di Odessa, Deutsches Schauspielhaus.
Per onorare al meglio l’evento, alla presenza di varie personalità provenienti da tutta la Romania e dall’estero, il sovrintendente Cristian Rudic aveva predisposto un cast di livello che vedeva nei quattro ruoli principali, altrettanti artisti ospiti noti a livello internazionale.
Cellia Costea nel ruolo di Aida si è calata con buona credibilità nel ruolo della sfortunata schiava etiope distinguendosi positivamente nei passaggi più lirici della partitura e mostrando qualche evidente difficoltà solamente sulla salita al celebre do acuto al termine di “Cieli azzurri”; ostacolo superato comunque con mestiere e che non ha inficiato l’esito di una prova globalmente positiva.
Accanto ad Aida il Radames del tenore Teodor Ilincai presente da una quindicina d’anni sui più importanti palcoscenici internazionali in virtù di una vocalità robusta dotata di un registro acuto sicuro, squillante e di bel colore. Stranamente, dopo averlo recensito giovanissimo nel 2010 in un Faust a Macerata (oggi ha 39 anni) e nel 2014 in una Bohème a Genvoa, è sparito dai teatri italiani. In occasione della recita a cui abbiamo assistito lo abbiamo apprezzato molto nei momenti più eroici della partitura mentre una certa tendenza ad ingolare le note di passaggio ne hanno un po’ penalizzato la resa nei momenti in cui Verdi pretende i pp e la dolcezza; ad esempio, nella scena finale. Spettacolari gli oltre venti si bemolle richiesti al condottiero egizio.
Ramona Zaharia (Amneris), abbiamo avuto modo di apprezzarla lo scorso febbraio nella Carmen recensita dal Teatro Valli di Reggio Emilia. Anche in questo caso si tratta di un’artista di ottima carriera internazionale e l’ha dimostrato ampiamente nel corso di questa Aida donando al ruolo della principessa egizia una indubbia dose di carisma, perfidia e passionalità. Sul palcoscenico si è mossa con estrema disinvoltura mostrando l’eleganza ed il portamento confacenti ad una figura di tal rango. Vocalmente molto sicura, la Zaharia non è dotata di una prima ottava particolarmente ricca ma dai centri sino al registro acuto la voce si espande sonorissima, densa di armonici, omogenea e squillante.
Infine, nel ruolo di Amonasro, il baritono servo Željko Lučić il quale, in considerazione dell’importante carriera ormai quasi trentennale, era un po’ la stella della serata. Chiamato per valorizzare il ruolo che, del quartetto dei protagonisti, è il meno presente in partitura, non ha deluso le aspettative. Forte di un’imponente fisicità Lučić non ha faticato ad emergere scenicamente sin dal suo primo ingresso. Indubbiamente un re forte, guerriero ma anche padre dolente e al contempo deluso per l’atteggiamento della figlia; sentimenti che è riuscito a rendere autentici in virtù di un’emissione controllata e attenta ai segni d’espressione.
Un Ramfis di solida vocalità e buona presenza scenica quello interpretato da Gelu Dobrea.
Deficitaria sotto molti aspetti la performance di Marius Goșa nei panni del re. Sufficiente Vasile Bădescu nel ruolo del messaggero. Corretta la sacerdotessa di Crina Vezentan.
Splendida la direzione di David Crescenzi il quale ha diretto con piglio sicuro, sfoggiando tempi tendenzialmente vivaci impreziositi da agogiche interessanti (soprattutto nel corso dei ballabili). Crescenzi ha concesso una certa libertà di volumi all’ottima Orchestra dell’Opera Nazionale Rumena di Timişoara ma sempre nel rispetto delle voci e quindi assicurando il necessario equilibrio sonoro tra buca e palcoscenico.
Buona anche la prova offerta dal Coro dell’Opera Nazionale Rumena di Timişoara.
La regia tradizionalissima di Ognian Draganoff, risalente al 2005 e commissionata a suo tempo da Cornelio Murgu, mostrava il classico antico Egitto da cartolina con piramidi stilizzate, costumi colorati in cui l’oro spiccava su rosso e turchese. Piuttosto stereotipati i movimenti di masse e solisti.
Gradevoli le coreografie dei ballabili firmate da Konstatin Kostiukov e ben eseguite dal corpo di ballo fra cui si è distinto per potenza ed eleganza dei movimenti Andrea Chiappetta, ventiduenne ballerino di Oderzo.
Prima dell’inizio della recita Cristian Rudic ha fatto gli onori di casa dando la parola ad un rappresentante del Ministero della Cultura e a Florin Estefan, Direttore generale dell’Opera Nazionale Rumena di Cluj il quale ha donato a Rudic una targa a suggellare i buoni rapporti di collaborazione tra i teatri da loro rappresentati.
Al termine del secondo atto, prima dell’intervallo, il palcoscenico è andato al quasi 87enne Ioan Holender, gloria locale e famoso a tutto il mondo dell’opera soprattutto per i quasi vent’anni di sovrintendenza alla Wiener Staatsoper. Il “Grande vecchio” ha tenuto la scena con un monologo di circa un quarto d’ora in cui ha rammentato gli inizi dell’Opera di Timisoara, la sua partenza alla conquista dell’Europa, la sopravvivenza al regime e la crescita artistica del teatro locale vissuta anche grazie a Corneliu Murgu. Racconto condito da aneddoti che hanno divertito l’attento pubblico presente e che noi, non conoscendo la lingua rumena, ci siamo dovuti far raccontare successivamente.
Al termine della recita tutti gli artisti, direttore d’orchestra, coro, corpo di ballo e orchestra sono stati accolti da un autentico trionfo di pubblico, il quale ha regalato svariati minuti di applausi ritmati ed entusiastici.
La recensione si riferisce alla recita del 27 aprile 2022.
Danilo Boaretto