Corilla | Carolina Lippo |
Procolo | Paolo Ingrasciotta |
Mamma Agata | Simone Alberghini |
Luigia | Eleonora Boaretto |
Dorotea | Lorrie Garcia |
Guglielmo | Didier Pieri |
Biscroma Strappaviscere | Andrea Vincenzo Bonsignore |
Prospero Salsapariglia | Stefano Marchisio |
L'impresario | Dario Giorgelè |
L'ispettore del Teatro | Juliusz Loranzi |
Direttore | Giovanni Di Stefano |
Regia | Renato Bonajuto |
Scene | Danilo Coppola |
Costumi | Artemio Cabassi |
Luci | Ivan Pastrovicchio |
Coreografie | Riccardo Buscarini |
Drammaturgia | Alberto Mattioli |
Maestro del Coro | Yirui Weng |
Maestro al pianoforte | Gianluca Ascheri |
Orchestra Filarmonica Italiana e Coro del Teatro Coccia di Novara | |
Coproduzione Teatro Municipale di Piacenza, Teatero Coccia di Novara e Teatro dell'Opera Giocosa di Savona | |
Cosa succede se il tenore cala di brutto? E se il Coro si distrae e lancia gli aeroplanini di carta durante le prove? E se, ancora, il regista, in preda a un attacco di isteria, fa le bizze? Ma ça va très bien, signore e signori, siamo a teatro, che c’è mai di strano? C’est la vie, direbbe il nostro impresario francofono, sono tutte deliziose (in)convenienze del palcoscenico, normalissime, specie a sipario abbassato. Da che mondo è mondo, dietro le quinte si scatena l’inferno, la primadonna canta i fatti suoi, suo marito fa i capricci, il giovane soprano è scocciato, il contralto di turno da forfait e il direttore d’orchestra impazzisce. Ordinaria amministrazione, cambiano le epoche, ma i costumi - appunto le In…convenienze - rimangono tali: solo che adesso non ci sono i fans ma i followers, un ambiguo controtenore è semplicemente fluido, ogni occasione è buona per un selfie e le proprie rimostranze al direttore artistico si fanno via e-mail: senza successo, naturalmente, perche nessuno le legge e “Di Stefano non capisce nulla”, come dice Mamma Agata.
Ebbene sì, sul palcoscenico dell’Opera Giocosa di Savona vanno in scena gioiellini come le Inconvenienze donizettiane, un ritorno alle origini, si potrebbe dire, per questo Teatro di Tradizione che proprio con le “perle rare” del repertorio lirico (anche settecentesco) ha mosso i primi passi quasi settant’anni fa. Iniziativa, quella di “tirare fuori dal baule” lavori inconsueti e magari pure divertenti, senz’altro da imitare, anche solo per attirare pubblico nuovo, che altrimenti dal teatro dell’Opera si tiene - per carità! - ben lontano. Ma questa è storia vecchia. Torniamo a noi: uno spettacolo godibilissimo, esilarante, ben costruito dalle regia di Renato Bonajuto (il regista vero), con le scene di Danilo Coppola e sagacemente “riadattato” dall’acume e dall’ironia di Alberto Mattioli, che ha attualizzato il libretto e che – era prevedibile per chi lo conosce - diventa pure lui protagonista se pur assente, non perdendo occasione per far citare i suoi “must”, gli amati gatti, Giuseppe Verdi e la Regina Elisabetta buonanima (cit. Mamma Agata, sempre lei).
Ma questo è teatro nel teatro nel teatro, tre volte, stile matrioska, in cui antico, moderno, attuale più qualche ingrediente liberamente aggiunto (citazioni da altre opere donizettiane e non) si mescolano perfettamente, come nell’impasto degli amaretti del Sassello, anche questi citati dagli artisti in omaggio ai dintorni del savonese. Insomma, chi più ne ha, più ne metta, in un connubio di assurdo, leggerezza, divertimento e qualche strale un po’ maligno ai nostri beneamati teatranti. Una confezione che forse lascia qualcuno un po’ perplesso, ma che indubbiamente, oggi, funziona. Ah. Mettiamoci anche che al prodotto finale contribuiscono i sonori “zecchete, piri piri, frunchete” dell’Orchestra Filarmonica Italiana diretta dal già citato Di Stefano, che, a dispetto di Mamma Agata, dimostra di capirne eccome, visto il piglio, l’energia e la sintonia con gli artisti in scena: i suoi musicisti seguono assai bene le peripezie della scalcagnata compagnia e il pubblico si tiene la pancia dal ridere. Renata Scotto compresa.
Ma adesso tocca a loro, gli incorreggibili cantanti. Nemmeno da dire che chi ci ruba lo spazio in pagina è lei, Mamma Agata, esattamente come rubava la scena sul palco e pure in platea: il corpulento Simone Alberghini, non proprio un’acciuga, è una “lei” eccezionale, specie fasciato nel tutù (costumi Artemio Cabassi) che danza leggiadro nei panni di Afrodite, uscendo dalla conchiglia e assorbendo tutta la luce dei riflettori: la vera primadonna della serata, non c’è che dire. Ma, diventando seri per un momento, lodiamo anche, oltre alla straordinaria presenza scenica, la sua bella voce baritonale, sonora, sicura e abilmente messa al servizio del proprio incontenibile personaggio. A onor del vero, tutto il cast è stato inappuntabile per verve e affiatamento in scena: e lo abbiamo visto, ogni tanto pure a loro scappava una risata. Applausi a tutti, ripetuti e scroscianti: la primadonna ufficiale (in barba ad Afrodite) è Carolina Lippo (Corilla), buona la sua prova, ironica e abile nel tratteggiare gli stravizi della diva e raffinata nel porgere una voce dal timbro leggero e piuttosto agile. Tanto successo anche per Didier Pieri, il tenore tedesco Altostoinoloff, abilmente calante, costantemente fuori intonazione, superficiale, con la sua dizione pesantemente storpiata; ma poi diciamolo, l’aria vera alla fine l’ha eseguita bene, con musicalità, omogeneità, mettendo in luce un valido e apprezzabile artista. Frizzante e freschissima in scena Eleonora Boaretto (Luigia), la figlia di Agata, tanto per capirci, che ha mostrato nel canto un delicato gusto musicale e una voce limpida, molto ben gestita; e brava anche Lorrie Garcia, il finto controtenore (Dorotea), precisa e convincente nel ruolo. Aggiungiamo Stefano Marchisio (Prospero Salsapariglia), regista perfetto, secondo i canoni – non ce ne vogliano i registi – scenoso, melodrammatico, umorale al punto giusto; Andrea Vincenzo Bonsignore nei panni del direttore d’orchestra Biscroma e l’energico Paolo Ingrasciotta in quelli di Procolo, il marito “lacchè” di Corilla; infine l’azzeccato Dario Giorgelè (impresario/sovrintendente) e Juliusz Loranzi, il “minaccioso” ispettore del teatro. Bravi i danzatori (coreografie Riccardo Buscarini), anche se non superbi come Mamma Agata, il Coro del Teatro Coccia di Novara e pure il Maestro al pianoforte Gianluca Ascheri.
E qual miglior finale se non la cruda realtà? Non ci sono più soldi, l’opera non s’ha da fare, con buona pace dei millanta creditori.
Questa sì, che è una bella e intramontabile in…convenienza!
La recensione si riferisce alla recita del 20 novembre 2022.
Barbara Catellani