Claudio, Re di Danimarca | Jean Teitgen |
La Regina Gertrude | Eve-Maud Hubeaux |
Amleto | Stéphane Degout |
Polonio | Jeryz Butryn |
Ofelia | Lisette Orpesa |
Laerte | Julien Henric |
Orazio | Liam James Karai |
Marcello | Raul Gutiérrez |
Lo spirito del Re | Clive Bayley |
Primo becchino | Ilya Silchuk |
Secondo becchino | Seungwoo Simon Yang |
Direttore | Betrand de Billy |
Direttore del Coro | Walter Zeh |
Philharmonia Chor Wien | |
Mozarteumochester Salzburg |
Applausi scroscianti, acclamazioni e l’ormai quasi immancabile standing ovation hanno accolto a Salisburgo l’esecuzione in forma di concerto dell’Amleto di Ambroise Thomas.
Infedele a buona parte delle dinamiche shakespeariane, il libretto a lieto fine di Carré e Barbier, unito all’irresistibile tendenza verso la spettacolarizzazione (colpi di cannone inclusi) in stile grand-opéra dato dalla musica di Thomas, infastidì non poco il pubblico d’oltremanica che ebbe modo di assistere allo spettacolo poco dopo il suo debutto parigino nel 1868. Per i francesi fu invece, salvo poche riserve dei critici, un trionfo, dato dalla minore inclinazione a difendere la fedeltà al monumento letterario inglese, dalla sintonia con un modo di vedere l’opera molto in linea con le tendenze dei palcoscenici francesi dell’epoca, non da ultimo dal successo sensazionale ottenuto dalla prima protagonista, la cantante svedese Christine Nilsson (che come è noto, pare essere stata l’ispiratrice del personaggio di Christine nel Fantasma dell’opera di Leroux).
L’aura della diva rimane attaccata alla partitura che offre al personaggio di Ofelia un rilievo da protagonista assoluta accanto ad Amleto. La storia della loro mancata unione corre parallela ed equivalente alla ricerca della vendetta per l’avvelenamento del Re che riappare più volte per sostenere il figlio nello svelamento della verità e per ristabilire ordine e giustizia con l’incoronazione di Amleto.
Le esecuzioni di opere in forma di concerto hanno una caratteristica non trascurabile nella resa sonora, ovvero il fatto che l’orchestra è posizionata sul palcoscenico insieme ai cantanti. Il suono ha maggiore volume ed evidenza, i solisti nell’orchestra sono visibili, il rapporto con i cantanti è di grande vicinanza.
In un’opera come Hamlet, che caratterizza l’orchestrazione con il ruolo degli strumenti a fiato nella resa dei fasti della corte di Danimarca e non rinuncia a un utilizzo importante delle percussioni, l’impatto dei forti, complice una decisa accentuazione ritmica, è risultato spesso esuberante. Bertrand de Billy ha assecondato il fervore coloristico di quest’opera, nel clangore trionfale quanto nella descrizione di sentimenti accesi e nei ripiegamenti dei momenti di maggiore introspezione. L’orchestra del Mozarteum si è lasciata piacevolmente trascinare nello sfoggio romantico di un lavoro che punta molto sull’ambientazione orchestrale.
L’Amleto del baritono Stéphane Degout è stato cupo nel carattere e nell’emissione, carico di una tensione emotiva e musicale presente nella scrittura ma accentuata ulteriormente da un canto caratterizzato dalla spinta costante del fiato sull’articolazione della parola, pressione che ha determinato in diversi momenti la resa discontinua del legato.
Il canto di Amleto è, in accordo con la drammaturgia, in contrasto con la vibrante freschezza di Ofelia che Lisette Oropesa ha dipinto magistralmente, raccontando il testo in un fraseggio impreziosito oltre che dall’attenzione ai dettagli del significato anche da una palette di colori molto ampia. La sua voce è duttile, dotata di grande morbidezza. L’aria della follia è stata un trionfo, ma ha colpito con un’interpretazione di estrema sensibilità e padronanza tecnica anche l’aria meno appariscente, ma fortemente espressiva del secondo atto (“Sa main, depuis hier”). La forma smagliante della cantante è stata enfatizzata da una naturale grazia nell’approccio e da una forte empatia estesa anche al pubblico nel momento in cui, durante la virtuosistica aria di follia, ha voluto coinvolgere con sguardi e gesti gli spettatori nel delirante monologo di Ofelia.
Ève-Maud Hubeaux è stata una Regina intensa, che ha brillato per sfaccettature vocali nel drammatico duetto con Amleto. Un metallo molto peculiare identifica la voce di Jean Teitgen che ha interpretato il ruolo del re Claudio, sempre ben a fuoco e particolarmente sensibile nella cesellatura della sua aria del terzo atto (“Je t’implore, o mon frère”).
È stato convincente lo squillo vivace del Laerte di Julien Henric, efficace quanto basta lo spirito del Re interpretato da Clive Bayley. Meritano una menzione per l’immedesimazione gli interventi delle due guardie e dei due becchini; accorate le prime e provocatoriamente gioviali i secondi.
Coprotagonisti insieme ai cantanti sono stati anche i solisti dell’orchestra, scelti da Thomas nelle file di ottoni e legni. Tra di loro evidenzia in particolar modo la ricerca di colori insoliti l’utilizzo del sassofono nel secondo atto (nel caso di questa esecuzione in un intervento molto ispirato).
A Salisburgo sembra essere l’anno dei cori perché anche qui, come in altre produzioni operistiche di questa edizione, il coro ha conquistato per l’ottima qualità della performance. Il Philharmonie Chor Wien si è espresso con un suono sontuoso, un amalgama ineccepibile, una splendida omogeneità e unità nell’approccio alle dinamiche e ai dettagli espressivi, sia negli accenti celebrativi e marziali che nella tenerezza che accompagna lo scivolamento di Ofelia nell’acqua.
Piccoli spostamenti dei cantanti sul proscenio e lo Spirito che appare da una delle arcate della Felsenreitschule hanno mosso discretamente ma efficacemente la staticità della forma di concerto, in questo caso già ampiamente movimentata dalla scrittura effettistica di Thomas.
La recensione si riferisce alla recita del 16 agosto 2024
Rossana Paliaga