Una donna | Julie Cherrier-Hoffmann |
Pianoforte | Davide Cavalli |
Regia, scene e costumi | Gianmaria Aliverta |
Luci | Fabio Barettin |
Assistente alla regia | Alessandro Pasini |
Assistente alla regia e alle scene | Francesca Donati |
Sotto la direzione artistica di Edoardo Bottacin, il Teatro Sociale di Rovigo sta ritagliandosi delle attenzioni tutt'altro che immeritate grazie alle ultime stagioni liriche, di particolare impegno e pregio per i titoli proposti. Tra gli spettacoli recenti, i più degni di nota sono stati la riscoperta del Pigmalione di Ristori, il battesimo che si è qui tenuto del fortunato allestimento del Turco in Italia tuttora in circolo e il Roberto Devereux coprodotto con il Donizetti Opera festival.
Il quarto appuntamento della stagione in corso ha purtroppo goduto di minor fortuna: La voix humaine non è il classico titolo che ci si aspetterebbe a ridosso delle festività natalizie. Pochi, infatti, sono stati gli spettatori, quasi tutti convogliati in platea e sul primo ordine di palchi: la scarsa partecipazione di pubblico è stata presumibilmente dettata dalla scelta di eseguire l'opera senza abbinamenti e nella riduzione per pianoforte.
Giunto alla sua terza produzione della tragédie lyrique di Poulenc e Cocteau, Gianmaria Aliverta riprende gran parte delle idee già usate nei suoi precedenti allestimenti dell'opera, eseguita al Teatro Filodrammatici di Milano con Cavalleria rusticana di Mascagni e al Malibran di Venezia con il Diario di uno scomparso di Janáček. Anche qui ritroviamo la donna attaccata a una flebo, ricoverata in un anonimo pronto soccorso in stato confusionale per aver probabilmente assassinato il suo ex durante l'ultimo rendez-vous e aver tentato il suicidio, che poi consumerà con un colpo di rivoltella al capezzale del cadavere dell'uomo. In quest'occasione, tuttavia, è mancato un convincente scavo psicologico sul personaggio, la cui interpretazione attoriale è stata generica e poco coinvolgente: in ciò ha sicuramente influito il repentino cambio del soprano inizialmente scritturato a pochi giorni dal debutto della produzione. Concesse tutte le attenuanti del caso, lo spettacolo non riesce ad emozionare.
Già interprete del ruolo che ha inoltre inciso per Aparté Music, Julie Cherrier-Hoffmann è un'interprete guardinga e più concentrata sul canto che sulla recitazione: il dettato prosodico è assecondato da una linea di canto solida, attenta agli accenti e ai fiati, leggermente sbavati nelle virate all'acuto ma che non appannano una performance comunque positiva. L'intesa con il pianista Davide Cavalli è riuscita e fattiva, ad onta di una lieve amnesia che le fa saltare un paio di battute, scherzo indubbiamente giocato dall'emozione ma che poi non si è fortunatamente più ripetuto.
Pubblico, come si è detto, non numeroso (e per di più rumoroso: un importuno telefono è squillato non solo in palco ma anche in platea) che tributa rapidi ma cordiali applausi a tutti.
La recensione si riferisce alla recita di venerdì 20 dicembre 2024.
Martino Pinali