Don Giovanni | Christian Federici |
Leporello | Rocco Cavalluzzi |
Don Ottavio | Giuseppe Talamo |
Donna Anna | Elisa Verzier |
Il Commendatore | Carlo Malinverno |
Donna Elvira | Valentina Mastrangelo |
Masetto | Francesco Toso |
Zerlina | Maria Chiara Ardolino |
Maestro concertatore e direttore d'orchestra | Massimo Raccanelli |
Regia, scene e costumi | Alfredo Corno |
Luci | Andrea Gritti |
Maestro del coro | Alberto Pelosin |
Maestro al cembalo | Alberto Boischio |
Orchestra Regionale Filarmonia Veneta | |
Coro Kairos Vox-APS |
Mettere in scena Don Giovanni scegliendo deliberatamente una regia tradizionale ormai è un atto sovversivo. Non per Alfredo Corno, regista del nuovo allestimento in scena al Teatro Sociale di Rovigo, che lo dichiara tranquillamente nelle note allegate al programma di sala. Ne esce un lavoro essenziale, basico, che se da una parte non affatica i cantanti, dall’altra richiede un po’ di assestamento da parte di chi assiste e ne ha già viste di tutti i colori. Ad esempio, uno per tutti, non ci si aspetti qualche idea eclatante per il catalogo: è un taccuino da tasca in cuoio consumato. Ci sono le parrucche (bruttine), i costumi del Settecento, i tricorni, la coscia di fagiano, Leporello e Masetto in fustagno marrone mentre i nobili sono damascati, cioè tutto quello che può confermare anziché destabilizzare. Se da una parte la scelta neutrale può apparire pilatesca, dall’altra permette di concentrarsi molto di più sulla musica. In effetti c’è molto Mozart e anche parecchio Da Ponte, la scenografia ce lo ricorda nel secondo atto quando gli interpreti si muovono davanti ad una tenda mobile che riproduce il frontespizio di una edizione antica in cui compaiono ben in vista i nomi degli autori. Il libretto di da Ponte è servito e onorato da tutto il cast, non c’è una parola sciupata, nessun recitativo è tirato via come si richiede ad una buona edizione contemporanea. Anche dal punto di vista musicale c’è rispetto. L’Orchestra Regionale Filarmonia Veneta diretta da Massimo Raccanelli è tutto fuorché univoca e prevedibile, duttile nei confronti dei cantanti, lontana dagli eccessi e capace di dare continuità a tutto quel tessuto connettivo che è una delle prerogative speciali di quest’opera.
Per quanto riguarda la caratterizzazione dei personaggi, non appaiono scelte evidenti se non per quella che è la sensibilità degli interpreti. Il cast è composito e tendenzialmente giovane per età e intenzioni. Così il Don Giovanni di Christian Federici non ha particolari connotazioni. È serenamente amorale pur non potendo evitare il sussulto di dignità nel finale quando rifiuta di pentirsi. Vocalmente è notevole, nobile senza sforzo, mai protervo, mai pesante. Fin c’han dal vino è volato via leggero, sorgendo dalla musica come per intima necessità. Memorabile anche "Deh vieni alla finestra", struggente e delicato, da seduttore di rango. Federici ha dato il meglio anche nelle scene d’insieme, in particolare nel terzetto con il Commendatore e Leporello, molto ben riuscito. Rocco Cavalluzzi, Leporello, per una volta non è la versione meno accessoriata del protagonista, ma un ragazzo altro dal suo padrone, ben distinto. Ci appare molto giovane, forse ha ereditato il catalogo da chi l’ha preceduto, infatti lo espone con distacco. Entra nel vivo nel secondo atto in cui il suo essere leggermente sottotraccia lo rende interessante nelle scene d’insieme in cui cerca di resistere al precipitare degli eventi. Dal punto di vista vocale, dopo un inizio abbastanza anonimo, trova forza e convinzione nella seconda parte in cui dà il meglio.
Il terzetto di voci femminili è notevole. Elisa Verzier, Donna Anna, ha una vocalità sicura che esprime non solo nelle grandi scene, per nulla scontate, ma anche negli ariosi cui conferisce il giusto rilievo e che confluiscono naturalmente nelle arie senza cadute di tensione. Valentina Mastrangelo è ammirevole perché costruisce un personaggio lontano dagli stereotipi, la sua Elvira insiste nel credere all’amore contro ogni evidenza e ce lo spiega con il suo bel timbro, la dolcezza dell’emissione, il sentimento cercato in ogni parola anche nei momenti di furia. Maria Chiara Ardolino è una Zerlina asciutta, senza birignao. Pregevole soprattutto in "Batti, batti bel Masetto", lontana dalla sensualità melensa, spesso obbligatoria.
Giuseppe Talamo, Don Ottavio, ha avuto non poche difficoltà nel primo atto dovute ad una indisposizione. Nonostante questo ha portato a termine la recita con un secondo atto meno problematico. Francesco Toso è apparso credibile come Masetto, così come il Commendatore di Carlo Malinverno, venuto direttamente dall’alidilà, pallido, distante e fragile ma non per questo meno efficace.
Segnaliamo anche il gusto e la pertinenza dell’accompagnamento al cembalo di Alberto Boischio.
Il teatro, stracolmo, si è dimostrato entusiasta. Ha festeggiato con applausi più che convinti l’intero cast cui in finale si sono aggiunti tutti coloro che hanno contribuito allo spettacolo, quelli che lavorano nell’ombra.
La recensione si riferisce alla recita del 10 novembre 2023.
Daniela Goldoni