Violino | Sayaka Shoji |
Violoncello | Ettore Pagano |
Direttore | Thomas Guggeis |
Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia | |
Programma | |
Johannes Brahms | Doppio Concerto |
Franz Liszt | Les Préludes |
Richard Strauss | Morte e Trasfigurazione |
E’ uno spettacolo l’entusiasmo del pubblico per i tre giovani che hanno vissuto e reso presenti le musiche di tre compositori con una freschezza, una vivacità, un impegno davvero meritevoli di un futuro luminoso.
La giapponese Sayaka Shojii è una violinista agile, preziosa, il violoncellista romano Ettore Pagano, 22 anni, ha un suono morbido e possente, capace anche di sonorità sdrucciolevoli, il direttore tedesco Thomas Guggeis, debuttante a Roma, ha solide qualità, precisione, chiarezza, slancio che, sostenute dalla melodiosa qualità timbrica e coloristica dei complessi ceciliani lo hanno aiutato a”sgelarsi” e a lasciarsi “afferrare” dal calore della sala.
I tre giovani si sono quindi “ rivelati “ in qualche modo nel Doppio Concerto di Brahms, per violino violoncello e orchestra del 1887, opera allora non compresa, ma certo un lavoro d’inventiva fulgente. Chi ama Brahms conosce il dialogo rispettoso fra strumenti solisti e orchestra nel primo tempo coordinati dalla direzione centellinata, ama nell’Andante il tema pastoso e affettuoso, ripreso con una dolcezza magica dai due strumentisti e il Vivace non troppo conclusivo, energico e pimpante, dove i ”tre” si sono accordati con naturalezza avvolgendo la sala di quel buonumore trionfante e sotto sotto melanconico di Brahms. Fuoco giovanile autentico.
Poi, è toccato alla sola orchestra. Les Préludes di Liszt dal testo di Lamartine sono un poema sinfonico dal calore iperomantico, con ottoni pre-wagneriani sonanti, arcate di violini volanti, morbidezza di corni tra volate stregonesche del pianista Liszt e melodie patetiche e capziose. Un romanticismo libero, che chiude trionfalmente. Il direttore con l’orchestra danno fuochi d’artificio splendenti, dopo lirismi e momenti ”indiavolati”.
Morte e Trasfigurazione di Strauss, anno1890, è un poema sospeso tra sapori mortiferi e vibranti luminosità. Opera di un tardoromanticismo dall’orchestrazione raffinata e ammaliante, raggiunge estasi wagneriane di un misticismo estetizzante laico e pulsioni possenti e grigie allo stesso tempo. Partitura fascinosa, esige compattezza fra le sezioni orchestrali, fisicità e insieme leggerezza di suoni, fluidità. Guggeis ha ottenuto una interpretazione entusiasta da parte dell’orchestra ricca di sfumature e di colori, dagli ottoni agli strumentini, dall’assolo del primo violino agli archi gravi. Gesto sicuro, talora un poco meccanico, ma gradualmente sciolto. Al giovane direttore così preparato, suonare con i complessi ceciliani credo sarà utile, anche perché loro, a quanto pare, si trovano bene con lui.
La recensione si riferisce al concerto del 15 marzo 2025.
Mario Dal Bello