Soprano | Hannah Morrison |
Controtenore | David Allsopp |
Basso | Florian Just |
Tenore | Jo Holzwarth |
Direttore | Frieder Bernius |
Kammerchor und Barockorchester Stuttgart | |
Johann Sebastian Bach | Messa in si minore, BWV 232 |
Ascoltando la Messa in si minore di Bach al Teatro Verdi di Pordenone, nell’esecuzione dei complessi di Stoccarda fondati e diretti da Frieder Bernius, si ha la sensazione di trovarsi di fronte agli epigoni di una grande tradizione. Non tradizione per come la si intende sovente in ambito esecutivo, cioè come il progressivo sedimentarsi di abitudini, nobili o deteriori che siano, ma come civiltà musicale, anzi, culturale. In realtà l’organico stesso e la prassi adottati dall’orchestra sono quanto di più distante dalla maniera post-romantica; al contrario, l’impostazione è filologicamente all’avanguardia e dimostra ancora una volta quanto le scelte testuali a monte siano, al giorno d’oggi, non solo una questione di consapevolezza storica, ma un vera vera e propria risorsa espressiva determinante per svelare il genio compositivo nella musica pre-ottocentesca. Quel che invece riallaccia il filo con la storia della musica tedesca è la confidenza stretta con la materia.
La Barockorchester e il Kammerchor Stuttgart, ancor prima che all'arte, rendono servizio alla musica come nobile artigianato, in cui la cura per il dettaglio non è mai stucchevole né forzata, ma espressione naturale di una necessità. Lo testimoniano tangibilmente la fluidità, l'attenzione al bilanciamento di voci e sezioni, la pulizia esecutiva e la comune linea estetica sposata da tutte le parti in causa.
Se l’orchestra, su strumenti originali, ha il grande pregio di non inciampare nel tranello dell’eccessiva secchezza e nelle asprezze spesso tipiche delle compagini storicamente informate, ma riesce invece a prodursi in un amalgama morbido ed equilibrato - con le ovvie scortesie degli strumenti antichi, soprattutto degli ottoni - a sorprendere è soprattutto il coro, che è a dir poco miracoloso. Lo è per perfezione musicale e per equilibrio e naturalezza di un canto che è al tempo stesso controllato nell’emissione ma altresì chiaroscurato nel colore di ogni parola e dei soppesamenti interni.
Anche i solisti sono in linea con l’impostazione di devoto professionismo, senza picchi di virtuosismo né fenomeni, ma con strumentisti della voce perfettamente aderenti alla causa e calati in una visione dell’opera coerente dalla prima all’ultima nota. La migliore in campo è Hannah Morrison, soprano dal timbro luminoso e tecnicamente impeccabile. David Allsopp, controtenore, ben si comporta nella parte del contralto, così come convince pienamente Florian Just, basso dal colore e dal peso tendenzialmente leggeri. Jo Holzwarth infine è un giovane tenore che si alterna tra il coro e i due interventi da solo, ben eseguiti pur con uno strumento che ha ancora notevoli margini di maturazione soprattutto in basso.
A fine concerto successo calorosissimo per tutti.
La recensione si riferisce al concerto del 20 marzo 2024.
Paolo Locatelli