Violinista | Patricia Kopatchinskaja |
Direttore | Jakub Hrusa |
Chamber Orchestra of Europe (COE) | |
Programma | |
Ludwig van Beethoven | Concerto in re maggiore per violino e orchestra op. 61 |
Robert Schumann | Sinfonia n. 2 in do maggiore op. 61 |
Prima serata della brevissima torunée italiana della Chamber Orchestra of Europe (solo due date con lo stesso programma, la seconda è il giorno successivo a Bologna), questo concerto diretto a Pistoia da Jakub Hrůša, nato nella Repubblica Ceca, con la partecipazione della violinista Patricia Kopatchinskaja, riscuote un notevole successo. Grandi applausi per la solista, per l'orchestra e per il quarantenne direttore che per la prima volta dirige questa compagine, sulla quale mostra già un notevole ascendente.
La violinista moldava Patricia Kopatchinskaja, ospite nelle più importanti istituzioni concertistiche a livello europeo, solista nel Concerto per violino e orchestra op. 61 di Beethoven, mostra una personalità fuori dal comune e abbastanza sui generis. L'impressione è che sull'interpretazione prevalga il lato meramente strumentale, indulgendo la Kopatchinskaja un po' troppo a insistiti vezzi, con il suono che si fa esile, quasi filiforme ed aguzzo, o lo scarso vibrato, o slentamenti inutili, e che ne risenta la linea musicale prevista dall'autore. Sembra che la violinista voglia dire ad ogni costo qualcosa di nuovo ed al contempo rifugga dall'“emozionare” gli spettatori che si aspettano invece più rassicuranti interventi solistici. Questo insistere su scarti continui di volume, in un tira-e-molla dal pp a malapena udibile al ff in una sorta di funambolismo fonico, alla lunga è prevedibile e stancante: fatta salva la straordinaria caratura tecnica, l'impressione è che la sua lettura sia troppo estrosa e possa portare fuori strada, oltre a fermarsi alla superficie a discapito di approfondimenti solo per il gusto di stupire il pubblico.
Ciò detto, dobbiamo però anche aggiungere che è nell'energica e grintosa cadenza del primo tempo (cadenza della stessa Kopatchinskaja, trascritta ed adattata partendo dalla versione pianistica di questo concerto fatta da Beethoven stesso, versione non ha mai goduto di grande considerazione) che la Kopatchinskaja sciorina tutta la sua impressionante sapienza strumentale: qui la tecnica si unisce all'intensità espressiva in modo mirabile, e possiamo garantire che anche soltanto l'esecuzione di questi pochi minuti di musica sarebbe valsa il prezzo del biglietto.
Il direttore, fermo restando che è difficile accompagnare una “personalità” del genere, fa del suo meglio cercando anche di venire incontro alla violinista, ma sembra parlare una lingua abbastanza diversa, con un Beethoven preciso e puntuale (e forse anche un po' pesantuccio) più nel solco della tradizione, non propriamente in linea con i suoni esangui della solista.
Nella seconda parte del concerto Jakub Hrůša non ha da venire a patti con nessuno: alle prese con la Sinfonia n. 2 op. 61 di Robert Schumann ce ne offre una lettura limpida e vitalistica (curiosamente entrambe le pagine in programma sono l'opera 61 dei rispettivi autori). Il suo Schumann è indubbiamente un po' esteriore, ma sembra di scorgervi una continua pulsione interna ed una intensità d'espressione che sono perfettamente in linea con questa composizione problematica e irruenta, scritta negli anni 1845-46 in un periodo travagliato in cui si manifestavano i gravi problemi di salute del compositore.
La lettura molto sentita ed intensa di Hrůša è ben esaltata dall'impegno della splendida Chamber Orchestra of Europe (COE) che, a parte qualche imprecisione, si dimostra compagine ben amalgamata, affidabilissima e dinamica: dovremmo nominare tutte le prime parti strumentali una ad una, ma sul programma di sala non vi sono i nomi dei professori. L'orchestra, fondata nel 1981, comprende nel suo organico i migliori strumentisti provenienti da tutta Europa ed ha collaborato con direttori di levatura mondiale in concerti e registrazioni discografiche, basta fare i nomi di Claudio Abbado, Bernard Haitink, Nikolaus Harnoncourt, András Schiff e Yannick Nézet-Séguin.
Il pubblico pistoiese era abbastanza folto ma non quanto l'evento avrebbe meritato, ed ha applaudito tutti con grande calore. Per la cronaca si segnala un problema allo strumento della Kopatchinskaja nel primo tempo del concerto beethoveniano (con un conseguente turbinio di violini scambiati in itinere...), la solista che suona senza scarpe (per quelli della mia generazione: come Sandie Show), due bis della violinista (praticamente due inutili siparietti) ed un bis di direttore e orchestra, l'Inno nazionale dell'Ucraina.
La recensione si riferisce al concerto del 4 maggio 2022.
Fabio Bardelli