Adina | Nina Minasyan |
Nemorino | Francesco Meli |
Belcore | Lodovico Filippo Ravizza |
Il dottor Dulcamara | Roberto De Candia |
Giannetta | Yulia Tkachenko |
Direttore | Sesto Quatrini |
Regia | Daniele Menghini |
Scene | Davide Signorini |
Costumi | Nika Campisi |
Luci | Gianni Bertoli |
Burattini | I Burattini dei Ferrari |
Maestro del Coro | Martino Faggiani |
Orchestra del Teatro Comunale di Bologna | |
Coro del Teatro Regio di Parma |
Un ragazzo si aggira disorientato nel buio della platea, trova una via di fuga in un'uscita laterale e sbuca nel laboratorio di falegnameria di un teatro di burattini. Tra semilavorati, legname e mucchi di segatura si getta su un giaciglio di fortuna e sogna.
Sogna, tra i burattini che improvvisamente lo circondano, di come intenerire il cuore di legno della bellissima marionetta con un libro in mano che lo guarda altezzosa da un tavolo da lavoro, del tronfio comandante di uno scalcinato drappello che vuole portargliela via, di un elisir d'amore costatogli tutti i suoi risparmi che tarda a funzionare.
Sogna il burattino della sua infanzia, Pinocchio, che lo consola nel momento della disperazione più nera e che viene fatto a pezzi, come il suo cuore, dalla cattiveria di Adina. Sogna allora di essere lui stesso Pinocchio e come il pezzo di legno di Mastro Geppetto è diventato, grazie all'amore, un bambino vero, sogna che anche lui riuscirà a cambiare la sua vita e a conquistare la donna che ama. Due ragazzi si aggirano, sorridenti, nel buio della platea, raggiungono mano nella mano il centro del teatro, si fermano nel cerchio di luce che li abbraccia, salutano allegramente e corrono incontro alla loro nuova vita.
La regia di Daniele Menghini, con i costumi da libro di favole di Nika Campisi e le scene essenziali con tocchi di poesia di Davide Signorini, è complessa ma affascinante per i diversi piani di lettura che suggerisce.
Agiscono, tra quelli in carne ed ossa, impersonati da tutti gli interpreti escluso Nemorino, anche i burattini e le marionette storiche della collezione dei burattinai parmensi Daniela e Giordano Ferrari che, per una volta, muovono i loro delicati fili a vista, replicando o commentando ciò che avviene nel corso della vicenda. Le luci smorzate di Gianni Bertoli danno alla scena una patina polverosa che ammorbidisce i colori come nelle pagine di un libro antico.
Scrivere che Nemorino è "interpretato" da Francesco Meli è limitativo. Nonostante la sua carriera si sia nel corso degli anni sviluppata su un diverso repertorio, il tenore ha interiorizzato questo ruolo al punto da gestirlo con una naturalezza che gli consente di cesellare ogni parola, di dare il giusto colore ad ogni espressione, di passare con credibilità e disinvoltura da perentori sfoghi giovanili a toccanti e intimi pianissimi. Un personaggio molto bello ed accattivante. “Tu non sai qual cor sta sotto a quest'umile vestito” dice all'ilare Belcore che lo ha appena ingaggiato, ed è esattamente questa la cifra della sua interpretazione. Il culmine della recita, e di tutta l'opera, è la splendida “Una furtiva lagrima” che il pubblico smette di applaudire solo quando il direttore si gira e fa cenno che sarà ripetuta. Il bis ottiene altrettanti applausi e anche un “Bentornato”, erano infatti parecchi anni che il tenore genovese non cantava al Regio.
Un po' sottotono la Adina di Nina Minasyan. Il soprano armeno ha un timbro leggero che svetta con sicurezza negli acuti ma il registro centrale è piuttosto debole e risulta in certi momenti poco incisivo. Canta in modo elegante ma l'espressione appare sempre un po' troppo controllata e artificiale per risultare completamente convincente.
Felice debutto nel ruolo di Belcore per Lodovico Filippo Ravizza. Il ventinovenne baritono lombardo ha una voce scura e poderosa perfetta per impersonare il borioso “sargente”. Canta e fraseggia con molto buon gusto stemperando con ironia le esagerazioni del personaggio.
Sempre carismatico il Dulcamara di Roberto De Candia che ripete il successo già ottenuto in questo ruolo nove anni fa. Piacciono la sua voce robusta e sonora, il fraseggio efficacissimo e la comicità garbata e allusiva che infonde nel suo personaggio.
Bene, come Giannetta, Yulia Tkachenko.
Bravi e disinvolti, anche nelle vesti di semi rigide marionette, gli artisti del Coro del Teatro Regio preparati da Martino Faggiani.
Il direttore Sesto Quatrini, ben assecondato dall'Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, diversifica in modo molto accentuato i colori e le dinamiche del comico e del patetico che si alternano anche bruscamente in quest'opera, riuscendo a mantenere una linea sonora pulita , coerente e senza fratture stilistiche.
Molti applausi per tutti con particolari ovazioni per Meli e De Candia.
Approvazioni anche per le maestranze del teatro che hanno portato in scena uno striscione con la scritta “Cessate il fuoco”. Il tutto sotto una grande mano lignea ormai priva di corde simbolo della liberazione dal burattinaio.
La recensione si riferisce alla prima del 15 marzo 2024
Patrizia Monteverdi