Andrea Chénier | Gregory Kunde |
Carlo Gérard | Luca Salsi |
Maddalena di Coigny | Saioa Hernàndez |
Bersi | Arlene Miatto Albeldas |
La Contessa di Coigny | Natalia Gavrilan |
Madelon | Manuela Custer |
Roucher | Andrea Pellegrini |
Pietro Fléville / Fouquer Tinville | Lorenzo Barbieri |
Mathieu | Matteo Mancini |
Un incredibile | Enrico Casari |
L'Abate | Anzor Pilia |
Schmidt / il maestro di casa/Dumas | Enrico Maria Degiacomi |
Direttore | Francesco Lanzillotta |
Regia | Nicoola Berloffa (ripresa da Florence Bass) |
Scene | Justin Arienti |
Costumi | Edoardo Russo |
Luci | Valerio Tiberti (riprese da Simone Bovis) |
Maestro del Coro | Martino Faggiani |
Orchestra Filarmonica Italiana | |
Coro del Teatro Regio di Parma |
L'ultimo titolo della stagione lirica 2024/2025 del Regio di Parma è Andrea Chénier, riproposto nell'allestimento del 2019 con scene di Justin Arienti, regia di Nicola Berloffa ripresa da Florence Bass e con i costumi, in questa occasione piuttosto trascurati, di Edoardo Russo.
Tutta la la vicenda è costretta in un unico ambiente piccolo e opprimente che, caduti i polverosi broccati e arazzi del salotto della Contessa di Coigny, è costantemente dominato da una realistica ghigliottina che ogni tanto fa sentire il tonfo inquietante della sua lama. Si tratta, in pratica, della trasposizione visiva delle amare considerazioni espresse da Carlo Gérard quando, rammentando i suoi rinnegati ideali, firma la falsa e iniqua denuncia a carico del poeta Andrea Chénier. “Nemico della Patria” è il primo dei tre eclatanti bis che questa straordinaria serata, costellata di applausi a scena aperta, ha regalato.
Luca Salsi aveva già acceso emozioni con la vibrante “Son sessant'anni, o vecchio” coronata dal un tagliente e rabbioso “hai figliato dei servi”. Ma l'ovazione si scatena, lunghissima e corale, dopo l'attesissima romanza del terzo quadro, eseguita sotto la ghigliottina simbolo di terrore, e si placa solo dopo che ne viene concessa la ripetizione. Il bis è, se possibile, ancor più intenso e coinvolgente rispetto alla prima esecuzione, e le ulteriori approvazioni che seguono vogliono sottolineare non solo la bravura dell'interprete, ma anche l'eleganza e l'intelligenza con cui ha reagito -“Sono d'accordo con lei, Signora”- ad un'inopportuna voce dal loggione che si era poco prima sentita in dovere di precisare che preferisce Cappuccilli.
Lo straordinario Chénier di Gregory Kunde riceve le prime ondate di applausi dopo “Un dì all'azzurro spazio”, e così sarà per tutta la recita. La linea di canto del tenore è raffinatissima, il fraseggio e gli accenti sono variati, ricchi di colori, drammaturgicamente perfetti, la voce è luminosa, ferma negli acuti e sostenuta da una solidissima tecnica. E di voce e tecnica, dopo il generoso bis di “Come un bel dì maggio” ce ne vogliono ancora tante per arrivare in quelle condizioni smaglianti al travolgente ed impervio finale.
Saioa Hernandez è molto brava a rappresentare e rendere palpabile l'evoluzione di Maddalena di Coigny, da contessina viziata con problemi di moda femminile a donna sola e disperata, disposta a tutto, fino alla morte, per colui che è diventato l'unico punto fermo della sua vita. Il soprano spagnolo ha una voce corposa e ricca di armonici resa importante da affascinanti sfumature brunite. Una voce saldissima e svettante negli acuti ma sempre pervasa di morbidezza e lirismo. Gli accenti drammatici di “La mamma morta” che inducono Gérard al pentimento coinvolgono profondamente anche il pubblico che pretende ed ottiene di riascoltarla. Un grandissimo successo personale anche per lei.
Brava e scenicamente disinvolta la Bersi di Arlene Miatto Albeldas. Un po' sottotono, sopratutto per la scarsa cura della parola, la Contessa di Coigny di Natalia Gavrilan. Di gran classe la Madelon di Manuela Custer, linea di canto inappuntabile e un efficacissimo fraseggio teatrale che non ha bisogno di forzature per suscitare pietà. Solido e affidabile, come si conviene al ruolo, il Roucher di Andrea Pellegrini.
Completano con adeguatezza il cast Lorenzo Barbieri nel doppio ruolo di Pietro Fléville e del magistrato Fouquier Tinville, Matteo Mancini come Mathieu, l'Incredibile di Enrico Casari, l'Abate di Anzor Pilla e Enrico Maria Degiacomi a cui sono affidate le figure di Schmidt, del maestro di casa e di Dumas.
Spiccano, nell'ambito dell'ottima prestazione del Coro del Teatro Regio, le voci femminili, in particolare nel delicatissimo inciso “Pastorelle, addio!” che saluta con rassegnazione il tempo sereno che la Rivoluzione sta portando via, e per gli accenti petulanti, precisi e realistici che movimentano con vivacità la scena del processo.
Un sonante "Bravo, Maestro" al ritorno sul podio dopo l'intervallo segnala l'apprezzamento per la lettura di Francesco Lanzillotta. Il direttore, alla guida dell'Orchestra Filarmonica Italiana, tiene un passo narrativo rigoroso e coerente e gestisce con equilibrio le variegate situazioni musicali e i bruschi passaggi di questa partitura, mantenendo sempre fluido e legato il suo racconto.
Un gran tripudio di applausi saluta gli artisti al proscenio, per una serata magica impossibile da dimenticare.
La recensione si riferisce alla prima del 3 maggio 2025.
Patrizia Monteverdi