Soprano | Maria Agresta |
Tenore | Freddie De Tommaso |
Direttore | Dan Ettinger |
Orchestra del Teatro di San Carlo | |
Programma | |
Giuseppe Verdi | Ouverture dalla Forza del destino |
"Celeste Aida" da Aida | |
Giacomo Puccini | "Sì, mi chiamano Mimì" da La bohème |
"O soave fanciulla" da La bohème | |
Camille Saint-Saëns | Baccanale da Samson et Dalila |
Georges Bizet | “La fleur que tu m’avais jetée" da Carmen |
Giacomo Puccini | "Un bel dì vedremo" da Madama Butterfly |
Gioachino Rossini | Ouverture da Guglielmo Tell |
Amilcare Ponchielli | "Cielo e mar" da La Gioconda |
Pietro Mascagni | Intermezzo da Cavalleria rusticana |
Giacomo Puccini | "Vissi d'arte" da Tosca |
"Mario! Mario! … “Son qui!” – “Mia gelosa!" da Tosca |
Si scrive Concerto di Pasqua e si pronuncia Fantasia da arie d'opera.
Nonostante il titolo infatti, è stato molto poco pasquale il programma della serata al San Carlo lo scorso 26 marzo con Maria Agresta e Freddie De Tommaso protagonisti.
Niente passioni, Stabat Mater o musiche d'occasione magari della Scuola napoletana ma arie tra le più familiari del repertorio, in primis pucciniano.
Freddie De Tommaso ha confermato i pregi e difetti evidenziati nella recente Norma. Voce corposa, di buon volume, un’ottima comunicativa con il pubblico ma anche uniformità interpretativa, canto troppo spinto sul sempre forte o mezzoforte, fraseggio superficiale, per cui rischia di cantare Radames come Don Josè.
Ora, nel primo i toni stentorei possono anche starci, almeno nel recitativo, ed è lodevole terminare "Celeste Aida" con la giusta smorzatura (non riuscita benissimo, a dire il vero), ma già il successivo Rodolfo, nel duetto dalla Bohème, con le sue bordate vocali contrasta con la poetica Mimì di Maria Agresta. Per la stessa uniformità di accenti "La fleur" resta irrisolta, e il tenore gira attorno a Don Josè senza centrarne il carattere.
Beninteso De Tommaso non si risparmia con un canto, come si suol dire, generoso, ma nei duetti con la partner viene fuori un gusto completamente diverso.
Alla fine il momento più equilibrato è stato "Cielo e mar" dalla Gioconda e poi nel bis, "E lucevan le stelle" il tenore, forse più rilassato e meno “prestazionale”, ha finalmente messo in mostra delle morbidezze di timbro e sfumature espressive che prima erano state carenti.
Maria Agresta ha iniziato con un "Mi chiamano Mimì" molto poetico dove, ma questa considerazione vale per tutti i brani che ha eseguito, ha posto grande attenzione alla parola, agli accenti, alle screziature di fraseggio con un’immedesimazione sempre efficace.
In più la Agresta era in ottima forma vocale, con un timbro pieno e morbido. Peccato che gli acuti le costassero sforzo, spesso sfocati oppure raggiunti ma mantenuti il minimo indispensabile, mai veramente gloriosi.
In compenso l’interprete è stata sempre ispirata: in "Mi chiamano Mimì" è riuscita a fare il ritratto della giovane, dando l’idea che il personaggio le si adatti particolarmente, come si è confermato in "O soave fanciulla" insiemne al partner.
I toni più smorzati e delicati sembrano i preferiti di Maria Agresta, e da qui "Un bel dì vedremo" drammatico ma senza platealtà. In "Vissi d’arte" si è tenuta in equilibrio fra toni lirici e più drammatici, centrando poi gli umori mutevoli nel lungo duetto dalla Tosca.
Il suo bis è stata una Habanera molto ben cantata ma forse troppo elegante per poterla identificare con la provocante e provocatoria Carmen.
Ottima la performance orchestrale. Fino dalla Sinfonia della Forza del destino che ha aperto il concerto Dan Ettinger non si è smentito con la sua predilezione per tempi spediti, suoni incisivi e contrastati. Si è potuto scatenare col Baccanale da Sansone e Dalila, mantenendo però nitidezza fra i piani sonori e un suono controllato un po' da tutte le sezioni dell'orchestra. La morbidezza degli archi è risaltata nell'Intermezzo della Cavalleria rusticana mentre sorprendente per equilibrio di tempi e di dinamiche la Sinfonia del Gugliemo Tell, dove ha contrappesato umori preromantici e classicismo di fondo: nel galop si aspettavano suoni spinti al massimo e velocità da vertigine, invece volume e tempi sono stati ponderati con opportuno controllo. In forma e concentrata sul risultato, che non è mancato come si è capito, l’Orchestra del San Carlo.
Teatro molto gremito, successo cordialissimo.
La recensione si riferisce al concerto del 26 marzo 2024.
Bruno Tredicine