Soprano | Sabine Devieilhe |
Pianoforte | Alexandre Tharaud |
Programma | |
Claude Debussy | Nuit d'étoiles |
Deux poèmes Louis Aragon | |
Francis Poulenc | N.1, C |
N.2, Fêtes galantes | |
Gabriel Fauré | Après un rêve |
Nôtre amour | |
Maurice Ravel | Chanson française |
Gabriel Fauré | Au bord de l'eau |
Maurice Ravel | Sur l'herbe |
Manteau de fleurs | |
Claude Debussy | Romance « L’âme évaporée et souffrante » |
Romance d'Ariel | |
Apparition | |
Gabriel Fauré | Les berceaux |
Maurice Ravel | Cinq mélodies populaires grecques |
Claude Debussy | Ariettes oubliées |
Fa immenso piacere immergersi, dopo la discussa Prima del 7 dicembre, nella vera e propria programmazione in live streaming del teatro più importante d’Italia, e per di più con uno squisito recital che vede come protagonista la mélodie, la canzone d’arte emersa in Francia intorno alla metà dell’Ottocento, talvolta per due voci e pianoforte, più spesso per un solo cantante accompagnato. La mélodie rappresenta, anche per il suo indubbio carattere letterario, il genere più raffinato nei repertori nell’Ottocento e nel primo Novecento; non a caso, considerata da taluni elitaria, rimane spesso un genere poco apprezzato dal “grande” pubblico. Il concerto di questa sera è dedicato ai compositori più innovatori del genere come Debussy, Ravel e Poulenc, nonchè a Gabriel Fauré, colui che può essere considerato il padre della mélodie. In queste musiche l’amore è il tema principale, ma spesso filtrato attraverso altri grandi tòpoi della poesia universale come la morte, la lontananza e il senso di perdita.
Francesi come i compositori sono i protagonisti e interpreti della serata: il soprano Sabine Devieilhe e il pianista Alexandre Tharaud, che già hanno inciso per l’etichetta Erato un riuscito cd intitolato Chanson d’amour, contenente sostanzialmente il medesimo programma di questa sera.
Sabine Devieilhe vanta già una carriera di notevole livello nonostante la giovane età. Con alle spalle studi anche di violoncello e musicologia, si è esibita in ruoli importanti nei pricipali teatri d’Europa. Non si può dire che la Devieilhe abbia una voce potentissima, e ciò è avvertibile soprattutto negli acuti più impegnativi. Le sue principali qualità si rinvengono nel timbro assolutamente cristallino, nel fraseggio sopraffino, nell’invidiabile legato, nella varietà d’accenti ed espressività. Soprattutto è rimarchevole la capacità del soprano francese di realizzare una perfetta compenetrazione tra musica e parole.
Il pianoforte di Alexandre Tharaud, uno dei solisti più interessanti della sua generazione, realizza da parte sua un perfetto pendant alla voce della sua partner, creando attorno alla voce, di volta in volta, soffusi vapori sonori, malinconici controcanti, pungenti e quasi onomatopeiche sonorità e toccanti echi.
In Nuit d’etoiles di Debussy, la Devieilhe riesce a fraseggiare in modo da ombreggiare di malinconia la serena tranquillità di una notte di stelle. Romance, una delle perle dell’intero programma, è interpretata con grande ispirazione da entrambi i musicisti, che avvolgono la nostagia da un’infinita dolcezza, sottolineata dagli echi del pianoforte e dai mutamenti timbrici del soprano, a volte realizzati anche tra sillabe della stessa parola. Oltre a questi virtuosismi timbrici, ne La romance d’Ariel la Devieilhe sfoggia un virtuosismo anche fatto di agilità all’interno di una scrittura piena di asperità tecniche. In Apparition la cantante caratterizza alla perfezione gli appassionati slanci della musica che accompagna i versi di Mallarmé. Con le Ariettes Oubliées, poste alla fine del programma, siamo già nel mondo sonoro di Pelléas et Mélisande (e, pianisticamente, delle Images e dei Preludes): si tratta di un ascolto non facilissimo (la prima esecuzione non ebbe successo, specialmente presso la critica, che le ignorò completamente), dove le imitazioni della natura si intrecciano con melodie languide. La poesia di Verlaine parte infatti dalla descrizione di paesaggi o particolari naturalistici per trascolorare inevitabilmente nella riflessione sulle pene dell’animo umano. La tensione culmina nella crepuscolare Spleen dove la Devieilhe ha buon gioco a destreggiarsi in un discorso musicale estremamente frastagliato.
La malinconia si accentua e si fa sofferenza detta e cantata in C di Poulenc, dall’andamento languido e quasi spezzato tra un verso e l’altro, con momenti di intensa emozione (“Ô ma France, ô ma délaissée”). Di tutt’altro tenore Fȇtes galantes, dove la Devieilhe padroneggia con sicurezza dizione e velocissimo alternarsi di registri, insieme al tono ironico e perfino sprezzante.
La nostalgia della notte e delle sognanti visioni che regala, è il tema di Après un rȇve di Gabriel Fauré, mentre Notre amour è resa in modo un po’ generico, trovando solo nei versi finali la giusta esaltazione necessaria a cantare la bellezza di un giovane amore. In Au bord de l’eau rimane ancora quella sensazione di poco marcata caratterizzazione, benchè la bellissima melodia, in alcuni punti un po’ orientaleggiante, rimbalzi efficacemente dalla voce al pianoforte. Les berceaux è restituita con delicatezza e con tutte le nuances indispensabili per caratterizzare questo piccolo capolavoro, a metà tra una ninna nanna e una barcarola.
Con Ravel (Chanson française) ancora un cambio di registro: le inconfondibili sonorità raveliane ricreano un contesto pastorale e arcaico, in cui il pianoforte sembra imitare efficacemente anche i campanacci del bestiame. Sur l’herbe è una miniatura teatrale uscita dalla geniale penna di Verlaine, che richiede una duttilità timbrica di cui la Devieilhe sembra essere felicemente in possesso. Manteau de fleurs esalta le qualità di entrambi gli interpreti: ha un carattere ondeggiante dove l’entusiasmo per lo spettacolo della natura lascia il passo ad una pensosa riflessione. Il soprano sfoggia gli acuti più belli di tutto il concerto, mentre Tharaud è impegnato in una parte pianistica complessa e di grande importanza, con ripetuti tremoli nel registro grave, in una posizione di sostanziale parità rispetto alla voce umana. Le stupende Cinq mélodies populaires grecques offrono la possibilità agli artisti di ricreare suggestioni del paesaggio mediterraneo attraverso il recupero di melodie arcaicizzanti, soprattutto la n. 4, Chanson des cueilleuses de lentisques, resa con la giusta atmosfera, immota e senza tempo.
Con l’inevitabile imbarazzo che procura il parlare dinanzi ad una sala vuota, i musicisti annunciano un succulento bis, Air de feu da L'enfant et les sortilèges di Maurice Ravel, in cui una Devieilhe sempre brillante ma comprensibilmente stanca chiude in bellezza questo raffinatissimo recital.
La recensione si riferisce alla diretta streaming del 14 dicembre 2020.
Lorenzo Cannistrà