Luigi Nono | Como ona ola de fuerza y luz, per soprano, pianoforte, orchestra e nastro magnetico |
Dmitrij Šostakovič | Sinfonia n. 4 in do min., op. 43 |
Filarmonica della Scala | |
Soprano | Serena Sáenz |
Pianoforte | Pierre-Laurent Aimard |
Regia del suono | Paolo Zavagna |
Direttore | Ingo Metzmacher |
Il calendario musicale del 2024 inizia con due anniversari importanti da celebrare: sono i cent'anni dalla nascita di Luigi Nono e i dieci dalla scomparsa di Claudio Abbado a fornire alla Filarmonica della Scala l'occasione per riproporre il capolavoro Como ona ola de fuerza y luz. Un'occasione da non perdere sia per la rarità del titolo – dovuto in parte anche alla complessità dell'allestimento – sia perchè si trattò della prima collaborazione tra Nono e Abbado (e Maurizio Pollini).
Erano gli anni in cui l'impegno artistico coincideva con quello civile, e Nono più di tutti ha rappresentato questa concezione della musica: Como ona ola de fuerza y luz nasce nel 1972 in memoria di Luciano Cruz, dirigente del MIR cileno, organizzazione rivoluzionaria di estrema sinistra.
È un lavoro che, riproposto oggi, possiede una sonorità rutilante e mantiene ancor fresco il suo pathos drammatico, pur se oramai non più attualissima. E proprio per questo meriterebbe una maggior riproposizione: le sperimentazioni sulla spazializzazione sonora, sull'interplay con nastri magnetici e live electronics, sulle possibilità timbriche degli strumenti erano allora all'ordine del giorno e ci sarebbe da indagare su quanto di quell'epopea pionieristica sia stato oggi recepito da parte del pubblico. Certo, l'accoglienza un po' freddina da parte della platea risente forse anche di un approccio un po' timido da parte di Ingo Metzmacher. Il direttore tedesco, per quanto specialista del repertorio contemporaneo, non brilla per fantasia interpretativa e la sua direzione si mantiene nell'ambito di una ordinaria amministrazione. D'altro canto, la presenza del nastro magnetico, la cui cura è affidata a Paolo Zavagna, da sincronizzare all'orchestra non lascia molti margini di espressività alla direzione che non può che procedere con un occhio alla partitura e un altro all'orologio. L'orchestra, con Pierre-Laurent Aimard al pianoforte e Serena Sáenz a intonare i versi tratti dal poema di Julio Huasi, vengono risucchiati nella forza simbolica della musica di Nono, in quella sonorità ctonia che pian piano trasmigra in luce bianchissima e accecante.
Dopo l'intervallo, non cambia troppo l'approccio per la Sinfonia n. 4 di Šostakovič: Metzmacher dirige con precisione e tiene assieme il tutto, la Filarmonica risponde con un suono splendente e ben nitido, con gli ottoni sugli scudi e un'intensissimo intervento solista del primo violino Laura Marzadori nel primo movimento. Manca però quel quid in più, che in qualche modo è l'anima stessa della musica, la quale non è solo la nota scritta sul pentagramma. Non sembra venir fuori, in questo Šostakovič, quell'allure grottesca che caratterizza la prima fase della produzione del compositore. Ed è ben presente anche in questa sinfonia.
Anche gli applausi al termine non sembrano particolarmente calorosi e qualche bravo si solleva dal pubblico, ma rimane lì, come sospeso a mezz'aria.
La recensione si riferisce alla serata del 22 gennaio 2024.
Emiliano Michelon