Pianoforte | Igor Levit |
Programma | |
Johann Sebastian Bach | Fantasia cromatica e fuga in re min. BWV 903 |
Johannes Brahms | Quattro Ballate op. 10 |
Ludwig van Beethoven | Sinfonia n. 3 in mi bem. magg. op. 55 “Eroica” (trascr. per pianoforte di Franz Liszt S. 464/3) |
La stagione scaligera dei “Grandi pianisti” prosegue con il suo penultimo appuntamento, protagonista il russo (ma naturalizzato tedesco) Igor Levit, già presente in cartellone due anni fa con un pregevole programma dedicato principalmente a Liszt.
La forza di Levit è quella di presentarsi come artista spiccatamente contemporaneo, che parla all’uomo dei nostri tempi cercando di farsi capire attraverso un linguaggio vecchio di secoli. Lo stile pianistico è essenziale, lineare, concentrato, all’opposto di tutto ciò che è ampolloso o eccessivamente analitico. Persino il modo di vestire è improntato ad una studiata informalità: nelle scorse stagioni l’artista era solito far precedere i suoi recitals da un gustoso (quanto inventato) aneddoto circa lo smarrimento del proprio bagaglio all’aeroporto, il che avrebbe giustificato il suo abbigliamento casual, compresa una zeppa ai piedi in pieno stile tank. Analogamente, il suo curriculum ha ben poco della tradizionale carrellata di concorsi o premi vinti, o collaborazioni prestigiose (pur presenti in giusta misura): a parte la doverosa menzione della medaglia d’argento al “Rubinstein” di Tel Aviv ottenuta in giovanissima età, vi spiccano un’incisione dei Lieder ohne Worte di Mendelssohn (non a caso tornati prepotentemente di moda nel repertorio dei pianisti contemporanei) effettuata dopo gli atroci attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023, un libro, un documentario, e gli ormai famosi House Concerts trasmessi attraverso il web durante il Covid, etc. etc.
Qualche perplessità suscita l’impaginato di questa sera: se la triade Bach/Brahms/Beethoven è quanto di più “classico” ci si possa attendere da un concerto per pianoforte, la prima parte ha tuttavia affossato leggermente l’uditorio, non tanto per il carattere umbratile delle Ballate op. 10 di Brahms, comunque capolavori assoluti, quanto per il fatto che forse questo repertorio non si adatta perfettamente al peculiare pianismo di Levit. A fronte di un Bach (Fantasia cromatica) informale, sciolto, sempre con quel retrogusto “moderno” che come si diceva è una delle cifre stilistiche del pianista di Nižnij Novgorod, questo Brahms assorto in profonda meditazione non ha trovato in Levit un interprete in grado di fornire una chiave di lettura chiara e complessivamente individuabile. Oltre ad una serie di sonorità interessanti, non si è ravvisata una “scelta di campo” ben precisa, oscillando anche qui tra scioltezza espositiva, tenerezza ad libitum e fissità scultorea, un po’ casualmente assortite durante la mezz’ora scarsa di esecuzione.
Discorso diverso per il Beethoven dell’ ”Eroica” trascritto da Liszt. Come è noto, il genio di Raiding era in piena fase “rivoluzionaria” per quanto concerneva le potenzialità del proprio strumento. Tutto era “traducibile” al pianoforte, in una sorta di onnipotenza pianistica. Nel caso di Liszt, che aveva già trascritto con entusiasmo nientemeno che la Sinfonia Fantastica di Berlioz, nessuna impresa di questo tipo gli era preclusa e il risultato è effettivamente sfolgorante. Non manca nessuno dei numeri della tecnica pianistica dell’epoca, combinati in modo da esaltare il virtuosismo prettamente fisico con quello necessariamente “orchestrale”; il tutto con una scrittura non sempre anti-pianistica e innaturale, ma in alcuni punti inevitabilmente scomoda e rischiosa. In questa lussureggiante foresta di note Levit, già apprezzato virtuoso nella Sonata di Liszt, oltre che beethoveniano doc, dà il massimo, non risparmiandosi mai in termini di potenza né furbescamente rallentando laddove maggiore è il pericolo di incidenti di percorso: il tutto con un’apprezzabile economia di mezzi e una buona eloquenza generale.
Molto buono il successo di pubblico, chiaramente stimolato da quasi un’ora di musica (tanto dura la trascrizione lisztiana) ai massimi livelli di tensione fisio-psichica. Levit ringrazia il pubblico scaligero con un unico bis di prammatica, l’Adagio cantabile dalla Patetica: di più non si poteva pretendere dopo una tale performance.
La recensione si riferisce al concerto del 6 aprile 2025.
Lorenzo Cannistrà