Quartetto di Venezia | |
Andrea Vio | violino |
Alberto Battiston | violino |
Mario Paladin | viola |
Angelo Zanin | violoncello |
Ludwig van Beethoven | |
Quartetto per archi n. 2 in sol maggiore, op. 18 n. 2 | |
Dmitrij Dmitrievič Šostakovič | |
Quartetto per archi n. 7 in fa diesis minore, op. 108 | |
Johannes Brahms | |
Quartetto per archi n. 1 in do minore, op. 51 n. 1 |
Il Quartetto di Venezia è ritornato a Milano con un programma accattivante e raffinato: un Beethoven della prima raccolta, uno Šostakovič della piena maturità e infine il lavoro che apre il breve catalogo di Johannes Brahms per il gruppo strumentale “piú nobile”.
Non avevamo mai ascoltato Angelo Vio, Alberto Battiston, Mario Paladin e Angelo Zanin se non nella loro sede residenziale della Fondazione Cini, o al Livianum a Padova, o nella Chiesa di San Pantaleone a Pieve a Elici, sulle colline tra Lucca e il mare: luoghi non grandi e con un’acustica che potremmo definire molto calda, alla quale s’aggiunge l’effetto della vicinanza fisica con gli artisti.
La Sala Verdi milanese è diversa: con una capienza di circa 1500 posti è tuttora seconda in Italia, per la musica non teatrale, solo alla romana Santa Cecilia. La sua acustica, studiata e splendidamente realizzata quasi settant’anni fa per la grande orchestra tardoromantica, ha un tempo di riverberazione relativamente ridotto: di certo non è “secca”, ma per cosí dire “analitica”. In quest’ambiente non colpisce tanto la sontuosità del suono che abbiamo sempre considerata tipica dei Veneziani, quanto s’impongono e affascinano la cristallina nitidezza del loro giuoco polifonico e il risalto delle voci interne del secondo violino e della viola, in equilibrio perfetto con le altre.
Prese rapidamente “le misure” nel primo Allegro, gli strumentisti mostrano ancora una volta la grande confidenza con l’Opus 18 n. 2 che ben conosciamo sin dalla loro integrale beethoveniana del 2016 a Venezia. Vi sanno cogliere la componente drammatica insieme alla cantabilità “operistica” che, a parere d’alcuni, l’autore dovette in origine all’insegnamento e alla frequentazione di Salieri. Notevole, in particolare, l’esuberante Finale sottilmente turbato dalle ombre che di tanto in tanto compaiono nella parte quasi solistica del primo violino.
Segue uno dei capolavori della letteratura quartettistica non solo del Novecento: il breve Quartetto in fa diesis minore che, all’inizio del 1960, Šostakovič dedicò alla memoria della prima moglie scomparsa sei anni prima. Un lirismo soffuso di nostalgia è la cifra espressiva tipica del pezzo, che nell’Allegretto iniziale rianda serenità scomparse, non diversamente da quel che era avvenuto nei primi due lavori di Dmitrij Dmitrievič per quest’organico. Il suo matrimonio con Nina Vasil’evna Varzar risaliva infatti al 1932, quando l’autore poteva guardare al futuro senza sentirne la plumbea quotidianità e la tragica incombenza. Il clima si rattrista nei due movimenti che seguono, la musica richiede agl’interpreti un’attenzione estrema alle dinamiche e ai timbri, l’uso sempre insidioso del sordino vi è frequente e prolungato. Ma la mestizia non si muta mai in cupezza e l’esecuzione del Quartetto di Venezia riesce ideale sia per trasparenza, sia per tensione espressiva. L'incisività d’alcuni passaggi e la pregnanza di molte frasi che sembravano nascere come semplici transizioni sono tali da togliere, piú volte, il fiato.
Corona il programma l’ampio Quartetto in do minore di Brahms, lavoro del quale non traspare la gestazione lunghissima, felicemente nascosta dalla ricchezza dell’impianto. Impressionano in particolare la sottile parentela emotiva che lega il movimento lento del quartetto, non a caso intitolato “Romanza”, alla “Cavatina” dell’Opus 130 di Beethoven, uno dei pezzi prediletti da Vio, Battiston, Paladin e Zanin, e la commistione di raccoglimento e abbandono popolaresco nell’Intermezzo.
Forse la pioggia battente e la giornata a ridosso d'un lungo periodo di festività hanno limitato l’affluenza del pubblico a una serata per molti aspetti memorabile. I ben consapevoli presenti hanno accolto e premiato il Quartetto di Venezia con il plauso delle grandi occasioni, fino al congedo degli artisti con il Menuetto del terzo (KV 428) degli Haydn-Quartette di Mozart.
La recensione si riferisce al concerto del 5 maggio 2025.
Vittorio Mascherpa