Anna | Selene Zanetti |
Roberto | Kang Wang |
Guglielmo Gulf | Vladimir Stoyanov |
Danzatrice | Silvia Layla |
Direttore | Omer Meir Wellber |
Progetto drammaturgico e regia | Filippo Ferraresi |
Elementi scenici | Giulio Baganza |
Maestro del Coro | Martino Faggiani |
Filarmonica Arturo Toscanini | |
Camerata Musicale di Parma |
Due giorni dopo la presentazione dell’opera Le Willis di Puccini in prima moderna italiana a Parma nell’edizione critica a cura di Martin Deasy (vedi recensione di Patrizia Monteverdi), i medesimi complessi orchestrali e corali, oltre a cantanti e direttore, si spostano al Teatro del Giglio di Lucca, per farla conoscere anche alla città natale di Puccini. Presentato al concorso Sonzogno il lavoro teatrale d’esordio del venticinquenne musicista venne non ritenuto degno di figurare tra i cinque degni di menzione, mentre furono premiati due compositori oggi del tutto dimenticati: Guglielmo Zuelli, con La fata del nord, e Luigi Mapelli, con Anna e Gualberto. Oggi l’opinione più accreditata (vedi Michele Girardi) riguardo all’esclusione di Puccini è quella di un intrigo editoriale ordito da Ricordi per assicurarsi il giovane musicista, complici Ponchielli e Faccio, presenti in commissione, sottraendolo all’influenza di Sonzogno. Fatto sta che subito dopo il verdetto il librettista Ferdinando Fontana organizzò l’ascolto de Le Willis in un salotto milanese alla presenza di intellettuali che organizzarono una sottoscrizione per mettere in scena l’opera, che fu rappresentata con straordinario successo il 31 maggio 1884 al Teatro Dal Verme, diretta da Achille Panizza, con Antonio D’Andrade (Roberto), Rosina Caponetti (Anna) e Erminio Peltz (Guglielmo). Filippo Filippi (già prodigo di lodi per il Capriccio sinfonico) sulla Perseveranza scrisse: “Le Willis entusiasmano. Applausi di tutto, tuttissimo il pubblico, dal principio alla fine. Si volle udire tre volte il brano sinfonico che chiude la prima parte e si è domandato tre volte il bis, non ottenuto, del duetto tra soprano e tenore, e della leggenda”. Ma recensioni positive apparvero anche su “L’Italia”, sul Corriere della sera e persino su Musica Popolare, di Casa Sonzogno. Non si sbilanciò molto Verdi, che così commentò le voci che gli erano giunte (senza aver ancora potuto leggere lo spartito): “Ho sentito dir molto bene del musicista Puccini,.. Segue le tendenze moderne, ed è naturale, ma si mantiene attaccato alla melodia, che non è né moderna né antica. Pare però che predomini in lui l’elemento sinfonico! Niente di male. Soltanto bisogna andar cauti in questo. L’opera è l’opera, la sinfonia è la sinfonia, e non credo che in un’opera sia bello fare uno squarcio sinfonico pel sol piacere di far ballare l’orchestra”.
Le Willis è un’opera in un atto piuttosto sui generis che suggerì a Filippo Filippi non a torto la definizione di “cantata sinfonica”. Rispetto a Le Villi, frutto dei rifacimenti della composizione originaria, non ci sono le arie per soprano e tenore e lo svolgimento della vicenda, tra la partenza di Roberto e la scena di Guglielmo in cui invoca la furia vendicatrice delle Villi, è del tutto narrata da un intermezzo sinfonico. Ferdinando Fontana scrisse dei versi da leggersi, da parte del pubblico, durante l’esecuzione e che in seguito, nelle correnti esecuzioni de Le Villi, verranno affidati a una voce narrante. Poiché l’opera nella stesura iniziale non era sufficiente “a far serata” Ricordi chiese a Puccini di fare alcune aggiunte. Così quando apparve al Teatro Regio di Torino il 26 dicembre 1894 col titolo mutato in Le Villi e divisa in due atti (con Giovanni Bolzoni, direttore, Enrico Filippi Bresciani, Roberto, Elena Boronat, Anna, Agostino Gnaccarini, Guglielmo) il pubblico poté ascoltare anche l’aria di Anna “Se come voi piccina io fossi”, un intervento corale durante il primo tempo dell’intermezzo (L’abbandono), in cui le voci femminili lamentano la morte di Anna e un finale meno precipitoso di quello che si era sentito al Dal Verme. Poi, nella ripresa scaligera del 24 gennaio 1885 (Franco Faccio, direttore, Andrea Anton, Roberto, Romilda Pantaleoni, Anna, Delfino Menotti, Guglielmo) fu aggiunta l’aria di Roberto “Torna ai felici dì”. Seguirono ulteriori rimaneggiamenti.
A differenza del concerto parmigiano, Lucca dedicava tutta la serata a Puccini. Quindi niente Ravel, ma innanzi tutto un’interessante incontro di presentazione dell’opera realizzato dal Teatro del Giglio in collaborazione col Centro Studi Giacomo Puccini. Per il Teatro del Giglio il direttore artistico Jonathan Brandani si lanciava in un’appassionata difesa de Le Willis, sottolineando, tra l’altro, i debiti wagneriani (da Parsifal e Fliegende Holländer) con esempi al pianoforte e quelli con gli operisti francesi contemporanei. In apertura la professoressa Gabriella Biagi Ravenni teneva un dotto excursus sulla formazione di Puccini in generale e in particolare su quella delle Willis.
Poi la recita di fronte a un teatro gremitissimo. A sostenere le sorti musicali era Omer Meir Wellber a capo della Filarmonica Arturo Toscanini e della Camerata Musicale di Parma (Maestro del Coro Martino Faggiani). Ho trovato il direttore israeliano maturato rispetto ad alcuni ascolti di qualche anno fa. Ricordavo una gestualità sopra le righe che si riverberava talvolta in un effettismo un po’ fine a se stesso. Lo ricordavo invece già allora in regola dal punto di vista tecnico e capace di ottenere dalle orchestre nitidezza di suono e sprazzi virtuosistici. L’altra sera il gesto mi appariva più controllato e soprattutto evidente l’intento di una ricerca espressiva più meditata senza tuttavia perdere lo slancio originario. Le lettura di Wellber puntava su un suono che niente concedeva al puccinismo di maniera, una lettura senza troppi fronzoli che andava diretta all’effetto drammatico con slancio; mentre forse era tenuto troppo in secondo piano l’aspetto cupo, inquietante, decadente del lavoro. In ogni caso una prova di tutto rispetto da parte di Wellber, che sapeva ottenere da complessi solidi, pur se non di livello altissimo, un risultato più che onorevole.
Buono complessivamente il terzetto vocale. Selene Zanetti (Anna), giovane soprano già avviata ad una carriera internazionale; ha voce fresca, di timbro limpido, ma l’interprete sembrava un poco anonima. Non si può però giudicare un artista da una sola prova (era la prima volta che l’ascoltavo), tanto più se in una parte un poco defilata. Stesso discorso per Kang Wang (Roberto) che sfoggiava uno strumento sonoro (complice anche la straordinaria acustica del Teatro del Giglio), e forse un poco da affinare. Completamente a suo agio Vladimir Stoyanov (Guglielmo), solido e sicuro.
Le Willis, come già a Parma, era presentata in forma semiscenica. Filippo Ferraresi (progetto drammaturgico e regia), con i parchi elementi scenici di Guido Buganza, dava vita ad una mise en espace dal carattere un po’ naïf non del tutto estraneo a certi tratti dell’opera. Da segnalare la ballerina-derviscio quasi onnipresente impersonata da Silvia Layla.
Al termine successo calorosissimo per tutti con replica della preghiera.
La recensione si riferisce alla serata del 07 giugno 2022.
Silvano Capecchi