Il Conte di Almaviva | Luca Bruno |
La Contessa di Almaviva | Marta Mari |
Figaro | Nicola Ziccardi |
Susanna | Daniela Cappiello |
Barbarina | Maria Salvini |
Cherubino | Irene Molinari |
Don Bartolo | Davide Procaccini |
Marcellina | Alessandra Rossi |
Don Basilio | Francesco Napoleoni |
Antonio | Michele Pierleoni |
Don Curzio | Mauro Secci |
Direttore | Jacopo Sipari di Pescasseroli |
Regia, scene, costumi e luci | Massimo Gasparon |
Maestro del coro | Chiara Mariani |
Orchestra della Toscana Coro Lirico Italiano |
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Allestimento del Teatro Sociale di Rovigo Coproduzione Teatro Goldoni di Livorno, Teatro Verdi di Pisa, Teatro del Giglio di Lucca |
Ha fatto tappa a Lucca, prima di toccare anche Pisa questo fine settimana (dove si replicherà con lo stesso doppio cast), l'allestimento delle Nozze di Figaro nato a Rovigo nel 2018 e poi rappresentato l'anno successivo al Goldoni di Livorno.
Rispetto alla produzione veneta, in Toscana è stato conservato solo lo spettacolo di cui Massimo Gasparon ha curato regia, scene, costumi e luci, con il mutamento radicale di orchestra, coro, direttore e interpreti.
Inutile girarci, intorno: Gasparon da anni è braccio destro di Pierluigi Pizzi e lo si vede benissimo dal gusto della messa in scena, sorta di esercizio di stile à la Pizzi, ma esercizio di stile di indubbia classe. Gran profluvio di tendaggi, soliti elementi scenici stilizzati, di raffinata e volutamente gelida eleganza, solita prevalenza del bianco e nero, con quest'ultimo colore usato nella solita pavimentazione che richiama il marmo. L'eclettismo nell'avere firmato anche i costumi e le luci è tutt'altro che temerario, ché Gasparon ha mano felice in entrambi i campi. La regia è lineare e fluida, capace di raccontare in modo chiaro una storia piuttosto intricata (seppur immaginata nel suo svolgimento in un'unica giornata), e sembra privilegiare l'aspetto più lieve, ironico e divertente delle Nozze, in ciò assecondata anche dall'impostazione vocale e stilistica dei due protagonisti maschili.
Con questa linea forma un apparente contrasto - ma, più propriamente, è in qualche modo complementare - la concertazione di Jacopo Sipari di Pescasseroli, che ottiene una patina di malinconia nel colore orchestrale, cogliendo l'ambiguità tipica del duo Mozart-Da Ponte in cui ogni passaggio comico si stempera nell'inquietudine e ogni momento drammatico racchiude qualcosa di sottilmente beffardo. Ecco quindi che una narrazione dai tempi per lo più abbastanza serrati non è mai, neppure nei passaggi "topici" più irresistibili, del tutto comica, ma coglie anche il disincanto che permea il soggetto di Beaumarchais. Il direttore abruzzese, dalla carriera in costante ascesa, appare maturato nel mestiere con cui mantiene il controllo dell'esecuzione, è equilibrato nelle dinamiche sonore tra l'Orchestra della Toscana e il palcoscenico (dove le voci sono per lo più delicate e quindi da sostenere) ed è assai eloquente nei complessi finali d'atto, in particolare del secondo e del quarto, che assieme agli interventi di Susanna risultano i momenti più trascinanti della recita.
La quadratura non è sempre perfetta (ma si trattava della ripresa, con poche prove, dello spettacolo dal lontano 2019) e qualche solista va occasionalmente fuori tempo, come l'interprete di Antonio nel secondo atto. Così una certa uniformità della tinta orchestrale pare frutto della necessità di sostenere le voci di spessore non proprio debordante di cui si diceva e il tempo di lentezza catatonica con cui è accompagnata l'aria di entrata della Contessa è verosimilmente frutto dei desiderata della cantante. I molti tagli (non solo ai recitativi), infine, sono quelli di vecchia tradizione e coinvolgono anche il numero degli interventi del Coro Lirico Toscano diretto da Chiara Mariani, pochi ma più che corretti. Però il passo teatrale c'è (ed è costante) e l'esito complessivo della recita non soltanto è godibile, ma riscuote anche un successo tanto caloroso, con molti richiami al proscenio di tutta la compagnia, quanto per nulla scontato per un titolo come le Nozze in un teatro come il Giglio, gremito fino all'ultimo ordine di posti la sera della première.
Cast non irreprensibile, ma complessivamente discreto e comunque ben affiatato, con il Figaro di Nicola Ziccardi dalla vocalità poco incisiva e accenti un po' dimessi che sembrano quasi deliberati per disegnare un protagonista molto più vulnerabile e più vittima della situazione rispetto al solito. Il canto è comunque corretto e il personaggio in qualche modo viene simpaticamente fuori. Più timbrato Luca Bruno che imposta il Conte privlegiando il registro buffo, con ciò forse limitando il ventaglio espressivo del personaggio, ma risultando comunque personale, ad onta di qualche agilità spianata.
Evidentemente in cattiva serata Marta Mari, che come peso vocale si mangia tutto il cast e il cui colore naturalmente caldo e brunito dello strumento è ideale per far emergere il carattere della Contessa e diversificarlo dalle altre interpreti femminili. Ma la musicalità messa in evidenza la sera della prima è precaria, specie in "Porgi amor", e seppur migliorando sensibilmente nel corso della recita non rimedia del tutto una prestazione interlocutoria.
Dovendo trovare per forza (ma proprio per forza) un limite a Daniela Cappiello, si potrebbe individuare uno spessore vocale che nel tempo è rimasto sostanzialmente quello del soprano leggero, anche se con un'omogeneità dei registri e una bellezza del timbro rare in questa tipologia vocale. A parte ciò (e ammesso che quello sia poi un vero limite), la sua Susanna è non meno che formidabile per finezza di fraseggio, perfezione di un canto tutto sul fiato, legato impeccabile, gusto, ricchezza di nuances. Per natura incapace di emettere una nota non meno che intonatissima, neanche sotto tortura, è pure bella e sensuale e al tempo stesso spiritosa. L'incarnazione ideale di Susanna, insomma, che conquista in "Venite, inginocchiatevi", incanta cesellando un "Deh, vieni, non tardar" da antologia.
Linea di canto discreta ma non immacolata per il Cherubino di Irene Molinari, che limita leggermente le buone intenzoni interpretative che fanno il paio con la disinvoltura scenica. Molto buono e sicuro in ogni passaggio il Basilio di Francesco Napoleoni, risparmiato dai tagli e che quindi può anche mettersi in mostra nella sua aria.
Maria Salvini è un'efficiente Barbarina più scura e corposa di quanto è quasi sempre dato di ascoltare. Sufficientemente caratterizzata la Marcellina (senza aria) di Alessandra Rossi, assai centrati il Bartolo di Davide Procaccini e il Don Curzio di Mauro Secci e dignitoso l'Antonio di Michele Pierleoni. Del successo incondizionato della serata di sabato si è già detto.
La recensione si riferisce alla recita del 28 gennaio 2023.
Fabrizio Moschini