Fiordiligi | Susanne Langbein |
Dorabella | Lamia Beuque |
Ferrando | Jon Jurgens |
Guglielmo | Alec Avedissian |
Don Alfonso | Johannes Maria Wimmer |
Despina | Nina Solodovnikova |
Direttore | Tommaso Turchetta |
Regia | Anette Leistenschneider |
Scene | Christian Floeren |
Costumi | Michael D. Zimmermann |
Luci | Ralph Kopp |
Drammaturgia | Axel Gade Alena Pardatscher |
Maestro del coro | Michel Roberge |
Tiroler Symphonieorchester Innsbruck | |
Chor des Tiroler Landestheaters |
Così fan tutte, che poco meno d’un secolo fa Bernhard Paumgartner definì “destinata alla gioia di pochissimi”, è lo spettacolo d’opera più rappresentato nella stagione 2022-23 a Innsbruck, nonostante la presenza d’altri titoli di grande richiamo come Elektra e Traviata; con quest’ultima, prevista tra maggio e luglio, e la Genoveva inaugurale dell’autunno scorso, condivide la presenza costante (per ben trentadue recite complessive) di un’interprete d’eccezione, Susanne Langbein, definita da chi per prima la recensì sette anni fa su queste pagine “soprano dalla voce dolce, brunita e struggente; omogenea nei registri e con un bel legato” (aveva cantato Liù). Un paio d’anni dopo, la sua Antonia ci parve “calda e appassionata, un personaggio riluttante a costrizioni e limitazioni”; nella primavera del 2022 l’ampio assolo a cappella di Kat’ja, cantato da lei nella Passažirka di Weinberg, fu di un’intensità mozzafiato tutt’e tre le volte che lo ascoltammo.
Nella parte di Fiordiligi, tra le più sfaccettate non solo del canone mozartiano, l’artista di Coburg ha dimostrato ancora una volta d’essere nel pieno di quel periodo della carriera che permette ai migliori artisti d’unire la tecnica sicura, la robustezza dei mezzi e la maturità interpretativa. Il personaggio, si sa, rischia talvolta d’apparire un poco diàfano rispetto alla robusta carnalità di Dorabella e persino di risolversi in mero virtuosismo; questa volta ci ha invece profondamente coinvolto. La Langbein è anche padrona d’una dizione italiana che le consente di mantenere pressoché sempre comprensibili le parole del testo, rendendo evidente che in quest’opera la musica di Mozart segue in ogni sfumatura le sottigliezze espressive della nostra lingua (non taceremo, d’altra parte, che consideriamo il libretto di Così fan tutte come il capolavoro letterario e drammaturgico di Da Ponte). Grazie anche alla bellezza del colore, all’intonazione impeccabile e al gioco scenico abbiamo ascoltato e visto una Fiordiligi ideale ed emozionante.
Lamia Beuque, che nel dicembre del 2021 ci aveva molto colpito come Isabella rossiniana, ha cantato il mezzosoprano. Con il suo timbro ricco e il compiuto dominio delle agilità ha creato un personaggio al tempo stesso elegante e malizioso, temperando con perfetta misura quel non so che di sbrigativo che si può sospettare in Dorabella. Senza dubbio, la cantante francese ha tratto buon partito dai Meisterkurse seguìti con Christa Ludwig e Teresa Berganza. Bene incisiva nelle arie, la Beuque s’è dimostrata non meno a suo agio nei pezzi d’insieme, rendendo in particolare, con Alec Avedissian, il duetto “Il core vi dono” uno dei punti culminanti della serata. Il baritono bulgaro è da sei stagioni membro dell’Ensemble del TLT e appare in costante crescita come voce e come interprete. Il suo Guglielmo è riuscito più riflessivo che spavaldo, e capace di trasmettere un impercettibile senso d’insicurezza psicologica anche nel momento del presunto trionfo: “Donne mie la fate a tanti” è stato più presàgo che illuso.
il tenore americano Jon Jurgens, alla sua quinta annata nell’Ensemble del teatro, ha cantato Ferrando in modo quasi impeccabile. Il timbro accattivante e lo squillo sicuro hanno creato un personaggio appassionato, a lungo quasi inconsapevole del giuoco in cui è preso, ma che di fronte al crollo delle proprie certezze trova una determinazione e uno slancio brucianti nella cavatina “Tradito, schernito”. Il successivo duetto con Fiordiligi “Tra gli amplessi in pochi istanti” ha dimostrato una straordinaria intesa con il soprano, tramutando in autenticamente sensuale l’aura amorosa del prim’atto.
Una Despina più che corretta è stato il trentenne soprano moscovita Nina Solodovnikova, specializzatasi alla Scala e a Bologna. Forse intenzionale è stata la scelta di non sottolineare il carattere piccante di quest’amata soubrette, così da lasciare tutto il ruolo di motore dell’azione a don Alfonso, quasi costantemente sulla scena pur senz’avere per sé un importante pezzo solistico. Ne è stato interprete il versatilissimo Johannes Maria Wimmer: vocalmente sicuro, scenicamente espressivo, puntuale negli interventi, capace d’infondere una vitalità inesauribile ai suoi recitativi (per i quali, alla fine dello spettacolo, ha garbatamente invitato il pubblico ad applaudire anche la brava artista che li aveva accompagnati al fortepiano). Il basso salisburghese s’è dimostrato ancora una volta particolarmente a suo agio nelle parti di “grande burattinaio”, com’era avvenuto anni fa quando interpretò con forza agghiacciante l’Agente della polizia segreta nel Console di Menotti.
I due atti, di un’ora e venticinque e di un’ora e venti minuti, sono letteralmente volati. È stata omessa, secondo una tradizione ben consolidata e che non ci piace, solo l’aria di Ferrando “Ah lo veggio, quell’anima bella”; i recitativi secchi sono stati abbreviati nella misura solita, con qualche tratto d’originalità. Al risultato musicale hanno contribuito anche le scelte agogiche e il loro contrasto. Non sappiamo quanto esse debbano al palcoscenico e quanto al podio, ma ascoltando ci sono tornati più volte alla mente il vecchio adagio “nell’opera i tempi giusti sono quelli che permettono all’ascoltatore di capire le parole cantate” e anche una frase dell’epistolario belliniano “i tempi li staccheranno i cantanti, e questo è un bene”. Di certo è merito del direttore musicale averli realizzati con esito felicissimo e d’avere, come si dice in gergo, “respirato con le voci”. Titolare dello spettacolo è lo Chefdirigent del Tiroler Landestheater, Lukas Beikircher, ma la recita che abbiamo visto è stata condotta (come la prémière del 17 dicembre e altre due) da Tommaso Turchetta, dal 2020-21 Erster Kapellmeister del teatro. Il giovane maestro partenopeo, perfezionatosi a Vienna, la stagione scorsa è stato determinante nel successo della Passažirka e due mesi fa ha ottenuto grandi consensi per Lakmé. In Così fan tutte, alla cui preparazione ha collaborato sin dall’inizio, ha mantenuto una costante tensione tra i diversi numeri dell’opera e ha dimostrato uno spiccato senso del raccontare. I timbri e le dinamiche dell’attento Tiroler Symphonieorchester Innsbruck sono stati sempre adeguati alle caratteristiche dei cantanti, con un ottimo equilibrio tra amalgama e trasparenza. I brevi interventi fuori scena del Chor des Tiroler Landestheaters sono stati preparati, al solito, da Michel Roberge.
Alla riuscita splendida dello spettacolo ha dato un contributo rilevante anche la componente visiva. La drammaturgia originale dell’opera, serrata e moderna, è stata seguìta fedelmente e senza forzature dai due Dramaturge indicati in locandina, Axel Gade e Alena Pardatscher. Della regista Anette Leistenschneiders avevamo già molto apprezzato, nelle stagioni recenti di Innsbruck, le realizzazioni di Martha e dell’Italiana in Algeri. L’artista, esperta ormai d’ottanta lavori per il solo teatro musicale, ha confermato di saper muovere con affascinante naturalezza i cantanti-attori di cui dispone, cogliendo e sottolineando gli aspetti non contingenti del “linguaggio del corpo” comune oggi. Il rischio di far diventare quest’opera un anacronistico manifesto della “liberazione femminile” è stato accuratamente evitato, ma è risultato chiaro che a decidere l’esito della partita sono le due sorelle, come già ben espresso dalla musica. L’allestimento molto elegante di Christian Floeren rappresenta una villa al mare di sobrio stile razionalista; l’abile uso del palcoscenico girevole crea senza interruzioni i diversi ambienti via via opportuni. Non manca, con un cassonetto delle immondizie sul retro dell’edificio, un richiamo agli aspetti dell’esistenza che si vogliono tenere nascosti: don Alfonso, i due amici e Despina si trovano spesso su questo lato della casa per tessere le loro trame. Mediterranei cipressi sovrastanti lignee chaises longues, comode scale che invitano alle camere con terrazza del piano superiore, un elegante salotto-bar con uno schermo che mostra immagini romantico-banali rendono in modo perfetto l’idea che quel che succede sul palcoscenico è, come dicono altrove gli autori, “se Susanna vuol, possibilissimo”. Le luci di Ralph Kopp sottolineano abilmente e senza invadenza il carattere solare della messinscena. I costumi, dovuti a Michael D. Zimmermann, una delle colonne storiche del Tiroler Landestheater, contribuiscono nella loro sottile e arguta commistione di epoche a confermare il senso d’eterno presente dato da regia, scene e, prima di tutto, ripetiamo, dalla musica (osserviamo solo che avremmo trovato molto più efficace abbigliare don Alfonso in modo meno convenzionalmente “terrone”). Ci è stato impossibile uscire dal teatro senza condividere le parole del maestro Beikircher poste in epigrafe al programma di sala: “Così fan tutte contiene la musica forse più veritiera e profonda che sia mai stata scritta”.
Il pubblico notevolmente folto della serata a cui abbiamo assistito (la sesta) ha manifestato il suo gradimento con battimani dopo quasi ogni numero musicale: oltralpe non è un'abitudine. Al termine ha premiato con poche differenze d’intensità tutti gl’interpreti, rimasti a lungo al proscenio: i meriti individuali, seppure diversi, s’erano così ben fusi nello splendore dell’insieme, che ormai contava solo questo.
Si replica ancora sette volte, dall’8 febbraio al 9 marzo.
La recensione si riferisce alla recita di sabato 28 gennaio 2023.
Vittorio Mascherpa