Linda | Jessica Pratt |
Carlo, Visconte di Sirval | Francesco Demuro |
Pierotto | Teresa Iervolino |
Antonio | Vittorio Prato |
Il Marchese di Boisfleury | Fabio Capitanucci |
Il Prefetto | Michele Pertusi |
Maddalena | Marina De Liso |
L'Intendente del Feudo | Antonio Garès |
Direttore | Michele Gamba |
Regia | Cesare Lievi |
Scene e Costumi | Luigi Perego |
Luci | Luigi Saccomandi |
Maestro del Coro | Lorenzo Fratini |
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino |
“Ah! tardai troppo - O luce di quest'anima” potrebbe definirsi l'“Ebben? Ne andrò lontana” dell'opera romantica italiana: due brani assai noti, due soliloqui “alpini” delle protagoniste, collocati al primo atto e sovente inseriti nei concerti per voci di soprano, rispettivamente di coloratura e spinto. A tali pagine si deve la gran parte della fama dei titoli da cui sono tratte, al contrario rappresentati assai di rado. Per la maggior parte degli appassionati del melodramma, insomma, la Linda di Chamounix di Donizetti si identifica con le agilità di “O luce di quest'anima”, poiché la visione dell'opera intera costituisce una vera rarità.
Fino alla produzione destinata per adesso alla sola diffusione in streaming a questo link, a Firenze il titolo mancava addirittura dal 1910, con recite alla Pergola che videro impegnati Elvira de Hidalgo e Mattia Battistini. La rappresentazione, visibile sul sito del Maggio a partire dal 15 gennaio, è del pomeriggio di cinque giorni prima, quando a teatro hanno avuto accesso solo pochi cronisti, tra i quali chi scrive, distanziati e preventivamente controllati. Come per Otello, per il quale si trattò di una differita di poche ore, vi è il rischio che le impressioni dalla sala non coincidano integralmente con quelle dell'ascolto in streaming e per questa ragione si è preferito recensire lo spettacolo dopo la doppia visione, dal vivo e dal canale YouTube del Maggio.
La Linda è uno dei più noti esempi del non frequentatissimo genere semiserio e più che costituire una via intermedia, nei toni e nell'argomento, tra l'opera drammatica e quella comica, tende a mischiarli in modo non sempre armonico e lineare. La trama non è tra le più avvincenti che si possano immaginare, anche se non è priva di spunti di interesse nel toccare anche uno strato della popolazione poco agiato che anela al riscatto sociale. Non è certo il caso di parlare di protoverismo, che sarà cosa ben diversa, ma certo la figura dignitosa quanto un tantino oppressiva di Antonio, padre della protagonista, è qualcosa di quasi inedito nel repertorio romantico. Per il resto c'è un guazzabuglio di un po' tutto l'armamentario dell'epoca, un amore ovviamente contrastato, la tenera e modesta fanciulla che subisce le avance del nobile maturo (qui un buffo, talmente incongruo da risultare più antipatico che divertente), una scena della pazzia stile finale del Devereux piazzata però alla fine del secondo atto, equivoci, lieto fine, amore che trionfa.
E dal punto di vista musicale c'è una gran quantità di brani o di passaggi di bella e più che piacevole fattura, alternati ad altri di routine media o medio-bassa, ma soprattutto una tale disomogeneità nelle tinte da dare a tratti l'impressione che i personaggi stiano cantando opere diverse, in contemporanea e ognuno per conto suo, in particolare in occasione degli interventi del Marchese.
L'allestimento fiorentino porta la firma di Cesare Lievi, sensibile regista di prosa, oltre che di opera, che nel melodramma tende a proporre spettacoli di lineare pulizia e di elegante rigore formale, sempre ai limiti della stilizzazione. Non fa eccezione questa Linda di Chamounix, che per i motivi anzidetti costituisce materia drammaturgica da maneggiare con cautela, pena il facile scadimento nel ridicolo involontario o quanto meno nel quadretto di genere e che mal sopporterebbe una mano registica troppo pesante. A meno di colpi di genio, che qui non vengono cercati, lasciando lavorare il consumato mestiere e il buon gusto nel muovere i personaggi con garbo e chiarezza nell'esposizione della pur bislacca trama, rispettando il distanziamento tra solisti e coristi. Coerenti con questa impostazione, le scene e i costumi di Luigi Perego si concedono un tocco di simpatica stravaganza nel descrivere il secondo atto, quello nell'appartamento parigino, ammantato di neve e ben più “alpino” rispetto ai due atti “montani” (il primo e il terzo), al contrario dipinti con fulgidi colori primaverili. Non vi è poi alcuna tentazione a rendere troppo forte e stucchevole il contrasto tra il sano paese e l'opulenta e viziosa metropoli.
Sulla stessa sobria linea della regia è la direzione di Michele Gamba, il quale conferma le doti nell'accompagnare il canto e nel dosare gli equilibri tra buca e palcoscenico che aveva messo in evidenza nel recente Barbiere fiorentino. Piace anche la tinta orchestrale luminosa e malinconica della precisa compagine del Maggio. Un passo teatrale fluido e coerente, infine, costituisce un toccasana per un'opera così frastagliata. Il Coro diretto da Lorenzo Fratini è impeccabile come sempre anche in un'opera che non ha nei brani corali il suo punto di forza musicale.
Alla sensazione di affiatamento e di compattezza dell'insieme, per la quale la direzione ha indubbi meriti, contribuisce un cast di rara omogeneità, senza alcun punto debole nei molti ruoli di rilievo previsti dalla partitura donizettiana.
Nel pieno della sua maturità artistica, Jessica Pratt possiede uno strumento che negli anni è irrobustito al centro senza perdere niente dell'estrema facilità con cui si sale fino ad emettere spettacolari acuti e sovracuti, tutti ben sostenuti e penetranti. La linea di canto forse è un filo meno immacolata rispetto a qualche stagione fa e i vocalizzi rapidi dell'attesa aria di sortita sono relativamente cauti, ma anche la personalità interpretativa del soprano australiano si è affinata con il tempo e il fraseggio è sempre stato di rango, qui particolarmente eloquente nei duetti. La scena della pazzia è sobria e intensa al tempo stesso, senza divistici eccessi temperamentali, ma con puntuali e pirotecniche variazioni nella ripresa.
A Francesco Demuro convengono i ruoli di giovane amoroso quale il Visconte Carlo ed è degno partner di tanta Linda. Nella sua voce di buona qualità timbrica c'è a volte un sospetto di gola o naso, ma il tenore sardo è vibrante negli accenti, sale con estrema facilità (chiude con un raggiante re naturale all'unisono col soprano il duetto del primo atto) e sa anche cantare piano, come quando cesella con stile una dolce e commovente “È la voce che, primiera” nell'ultimo atto.
Teresa Iervolino trova in Pierotto un altro personaggio en travesti in cui sfoggiare la morbidezza di emissione e la conosciuta rotonda brunitura del suo registro grave. Spigliata nella recitazione, è brava a delineare un personaggio di carattere senza farne una macchietta, in ciò accomunabile a Fabio Capitanucci, irreprensibile sia vocalmente che come attore nel ruolo tanto importante quanto ingrato del Marchese di Boisfleury. Anche Vittorio Prato sa ben immedesimarsi nei panni di Antonio, padre di Linda e ben più anziano rispetto all'età dell'interprete, evitando di sovraccaricarlo di accenti. E va da sé che affidare il Prefetto a Michele Pertusi sia un lusso ulteriore all'interno di un cast sfarzoso, con il basso che impone la classe dell'interprete, il carisma scenico e la sicurezza della sua sonora e rotonda voce. L'esperienza e il gusto di Marina De Liso nei panni di Maddalena e la freschezza di Antonio Garés nei panni dell'Intendente del feudo completano efficacemente una locandina che fa sperare, come minimo, che lo spettacolo trovi la strada del Dvd ufficiale. Considerando che negli anni più recenti è stato pubblicato, proveniente da Firenze, tutto ciò che si doveva e anche quello di cui si poteva fare a meno, l'eventuale mancata diffusione in disco di un titolo poco frequentato con un cast simile sarebbe una follia. Di questi tempi assistere ad una recita operistica in un teatro pressoché vuoto può apparire un privilegio e magari lo è, ma, si creda, porta con sé anche un filo di angoscia.
La recensione si riferisce alla recita del 10 gennaio 2021 aperta solo alla stampa e programmata in streaming a partire dal 15 gennaio 2021.
Fabrizio Moschini