Violoncellista | Antonio Meneses |
Direttore | Zubin Mehta |
Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino | |
Programma | |
Ludwig van Beethoven | Da Le creature di Prometeo: Ouverture, Adagio, Finale |
Piotr Ilijc Chaikovsky | Variazioni su un tema rococò per violoncello e orchestra op. 33 (versione di Wilhelm Fitzenhagen) |
Sinfonia n. 4 in fa minoreop. 36 |
Il concerto conclusivo dell'84° Festival del Maggio vede sul podio dell'Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino il suo direttore emerito Zubin Mehta in un programma che sarà replicato nei prossimi giorni in una piccola tournée italiana; partecipa come solista il violoncellista Antonio Meneses, impegnato in un classico della letteratura per il suo strumento, le Variazioni su un tema rococò per violoncello e orchestra op. 33 di Piotr Ilijc Chaikovsky.
Questa serata finale ha avuto un “preludio” il giorno precedente nella Cavea del Teatro con l'esecuzione del più classico dei brani solenni, d'effetto e forse anche abusati, la Sinfonia n. 9 di Beethoven diretta da Zubin Mehta (che la dirigerà di nuovo a settembre nel Ciclo Beethoven, ciclo previsto per il 2020 e poi rimandato causa Covid), lontana eredità di quando il Maggio proponeva a chiusura del Festival un concerto in Piazza Signoria.
Purtroppo il concerto di cui rendiamo conto è stato un po' snobbato dagli spettatori, forse già protesi verso le vacanze, si è infatti svolto davanti ad un pubblico piuttosto scarso (fiorentini e un po' di turisti) che però ha ripagato tutti gli artefici della serata con grandi applausi.
Il programma abbastanza corposo è incentrato quasi totalmente sulla figura di Piotr Ilijc Chaikovsky, di cui vengono fra l'altro eseguite le Variazioni op. 33, pagina che ha avuto la prima esecuzione nel 1877. Composizione raffinata ed elegante, frutto del particolare amore dell'autore per Mozart e la musica del Settecento (ma si tratta di un Settecento filtrato attraverso una sensibilità tardo-romantica fineottocentesca), è un banco di prova pressoché obbligato per tutti i solisti dello strumento. Sull'originale intervenne in maniera abbastanza decisa con modifiche e varianti il violoncellista dell'epoca (che fu anche il solista della prima esecuzione assoluta) Wilhelm Fitzenhagen, ed in genere la sua versione è quella comunemente eseguita.
Antonio Meneses vi si avvicina con un certo timore inziale, salvo distendersi man mano che il discorso musicale si fa più denso ed intenso. Possiede una bella intonazione, forse una cavata un po' uniforme nei cantabili e nelle pagine più distesamente liriche, è comunque sempre molto espressivo. Affronta con spavalderia i momenti nei quali è richiesta grande tecnica, soprattutto nel finale ove al pari dell'orchestra diretta da Mehta (che lo accompagna con indubbia maestria, stando seduto e con un gesto fattosi nel tempo più essenziale ma pur sempre precisissimo) è trascinante e molto efficace.
La Sinfonia in fa minore op. 36 di Piotr Ilijc Chaikovsky è degli anni 1876-78, quarta delle sei composizioni sinfoniche del musicista russo ed è dedicata alla mecenate Nadežda von Meck. Tormentata come il periodo della vita in cui fu scritta (poco dopo il catastrofico matrimonio di convenienza con Antonina Ivanovna Milijukova), al pari di altre composizioni coeve è la rappresentazione quasi plastica delle impari lotte dell'autore col destino avverso, il Fato, ”....forza nefasta che impedisce al nostro slancio verso la felicità di raggiungere il suo scopo, che veglia gelosamente affinché il benessere e la tranquillità non siano totali e privi di impedimenti [...] Invincibile, non lo domini mai. Non resta che rassegnarsi e soffrire inutilmente. Il sentimento di disperazione e sconforto si fa più forte e cocente. Non sarebbe meglio voltare le spalle alla realtà e immergersi nei sogni? [...] Così tutta la vita è un'alternanza ininterrotta di pesante realtà, sogni fugaci e fantasie di felicità.”
Pagina d'impostazione tragica fin dalle primissime battute, perfetta esemplificazione degli ultimi angosciosi anni di vita del compositore, che morirà nel 1893 di colera o forse suicida, è affrontata da Zubin Mehta con evidente intima consonanza trovando un ottimo equilibrio fra visceralità (e forse anche spleen russo) della pagina e suono luminoso, intenso e tornito. Qualche esteriore eccesso degli ottoni (forse anche amplificato dall'acustica generosa della Sala Mehta) è ampiamente ripagato dai fremiti sotterranei che pervadono tutta l'esecuzione, dalla precisione dei pizzicati, dal dolente e tormentato colore degli archi: tutto concorre a delineare un dramma intimo, lacerato, intensamente sentito.
In apertura di serata viene eseguita una smilza antologia dal balletto Le creature di Prometeo di Ludwig van Beethoven (solo tre brani, tra cui il Finale dove compare un tema che ritroviamo nell'ultimo movimento della Sinfonia n. 3 “Eroica”). Si tratta di musica composta per sollecitazione del celebre coreografo e ballerino dell'epoca Salvatore Viganò e che riceve da Mehta una lettura nitida, scattante e molto efficace, alla quale collaborano da par loro i professori d'orchestra in evidente sintonia col direttore (tutte le prime parti andrebbero lodate singolarmente ma basti - una per tutte - il giovane primo violoncello Simão Alcoforado Barreira).
Infatti l'Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, messa a dura prova dalla scrittura orchestrale delle pagine scelte da Mehta per questa serata (e scelte sicuramente anche per mostrare le eccellenze musicali fiorentine nella piccola tournée dei prossimi giorni), si comporta egregiamente in ogni settore mettendo anche in risalto ottime giovani individualità. Un concerto come questo e con questo bel programma avrebbe meritato il “tutto esaurito” e di essere inserito nel pieno della stagione, non come estrema appendice pre-vacanziera di metà luglio: fa comunque piacere che venga replicato a Siena, Ravello e Rimini anche come “vetrina” del livello qualitativo dell'Orchestra del Maggio e della consonanza col suo direttore emerito.
Del grande successo per tutti abbiamo detto, aggiungiamo solo che Antonio Meneses ha eseguito come bis un piacevolissimo brano del suo conterraneo (brasiliani entrambi) Heitor Villa-Lobos.
La recensione si riferisce al concerto del 14 luglio 2022.
Fabio Bardelli