La Gioconda | Anna Pirozzi |
Enzo Grimaldo | Ivan Momirov |
Barnaba | Franco Vassallo |
Laura Adorno | Anastasia Boldyreva |
Alvise Badoero | George Andguladze |
La Cieca | Agostina Smimmero |
Isepo | Nicola Pamio |
Zuane, un pilota | Ettore Lee |
Un cantore, un barnabotto | Giovanni Palminteri |
Direttore | Fabrizio Maria Carminati |
Regia e scene | Francesco Esposito |
Costumi | Francesco Esposito e Giovanna Adelaide Giorgianni |
Luci | Antonio alario |
Coreografia | Domenico Iannone |
Maestro del Coro | Luigi Petrozziello |
Maestro del Coro di voci bianche | Alessandra Lussi |
Orchestra e Coro del Teatro Massimo Bellini | |
Coro di voci bianche "InCanto" | |
Corpo di ballo Altra Danza | |
La Gioconda ritorna al teatro Bellini dopo quasi vent’anni così che da subito ci immergiamo nella temperie musicale del secondo Ottocento fra suggestioni francesi, uno sguardo al verismo che di lì a poco marcherà la scena operistica, e l’afflato melodico che caratterizza la scrittura di Ponchielli.
Il pubblico catanese nondimeno non sembra convinto di siffatta proposta, alla recita di cui si riferisce la sala presenta infatti diversi posti vuoti, sia per la lunghezza dello spettacolo che per la scarsa dimestichezza con un titolo poco frequentato nella storia recente del Massimo catanese.
Eppure l’allestimento perfettamente leggibile che riprende le scene già impiegate nell’ultima edizione qui rappresentata nel 2006, curato da Francesco Esposito, responsabile altresì di costumi e regia, è in linea con il gusto tradizionalista dello spettatore medio etneo.
Di certo la prossima inaugurazione di stagione con Norma vedrà invece la corsa al biglietto come già avvenuto con Rigoletto nell’autunno scorso, a riprova di quanto difficile sia orientare le preferenze del pubblico nonostante la sensibile e accorta governance del sovrintendente Giovanni Cultrera di Montesano.
Per tornare a Gioconda lo spettacolo vive soprattutto della concertazione di Fabrizio Maria Carminati che riesce sempre a cavare il meglio dalla compagine orchestrale catanese. L’accompagnamento al canto è accurato e ben bilanciato in modo da far risaltare le voci senza mai soverchiarle. Tra l’altro nella convenzionale successione di arie, duetti e scene d’insieme il passo teatrale scelto dal maestro bergamasco mantiene alta la tensione narrativa, purtroppo irrimediabilmente compromessa dai due lunghi intervalli, sopperendo alla staticità dell’azione scenica. Della danza delle ore (per la verità chiusa visivamente nell’immaginario collettivo del disneyano Fantasia) e delle musiche di scena risaltano così i dettagli della raffinata vena compositiva con gli strumentini in bella evidenza.
Il duello vocale a distanza fra l’eroina del titolo ed il perfido Barnaba è però fulcro pregnante nel quale la combinazione tra i versi di Boito, edulcorati dei tratti marcatamente politici nel testo originario di Hugo, e la vena melodica di Ponchielli sembrano qui rivivere al meglio. Merito indubbiamente dei due interpreti, Anna Pirozzi nel ruolo eponimo e Franco Vassallo spia sotto mentite spoglie, che rispettivamente delineano un’accorata cantatrice e un subdolo innamorato respinto capace di infinite scelleratezze.
Del soprano si ammira la sicurezza su tutta la gamma e la rigogliosa fibra vocale che, unica nella compagnia di canto, le consente di bucare l’orchestra pur mantenendo varietà di accenti e fraseggio frastagliato. La vocalità può contare su un’ininterrotta colonna di fiato che la sorregge sia nella lucentezza del registro acuto che nell’agevole discesa al grave. Dal forte temperamento, la sua Gioconda oscilla fra gli empiti di gelosia e la generosità di una donna perennemente in bilico fra sentimenti contrastanti che si mostrano appieno lungo l’intero arco drammaturgico e fino all’accorata "Suicidio" dell’atto finale.
A far da contraltare a tali cangianti moti dell’anima, sia pure in una vicenda inverosimile, il perfido Barnaba di Franco Vassallo fa di "O monumento" il paradigmatico proclama del villain puro, sia pure ben lontano dalla vetta inarrivabile dello Jago verdiano. Del baritono si apprezza la morbidezza dell’emissione e la ricchezza di armonici oltre ad un innegabile buon gusto che gli evita di scadere nel truculento. Un cattivo a tutto tondo il suo ma che nel mellifluo fraseggiare cela la protervia dell’uomo privo di scrupoli. Nel duetto con l’Enzo di Ivan Momirov l’omogeneità della sua linea vocale mette purtroppo in evidenza la difficoltà del tenore bulgaro nel passaggio. Quest’ultimo, purtroppo, affida ad un canto muscolare e privo di fascino la caratterizzazione del personaggio. "Cielo e mar" scorre via in sordina come del resto tutta la prova appesantita da emissione discontinua ed intonazione oscillante.
Maggiore espressività avrebbe giovato anche ad Anastasia Boldyreva la cui Laura è vocalmente irreprensibile ma difetta dell’introspezione necessaria per ben delineare la figura di donna costretta ad un matrimonio infelice, in balia di una società maschilista. Al cospetto di Anna Pirozzi il temibile duetto fra le due marca la schiacciante superiorità di quest’ultima, mentre in "Laggiù fra le nebbie remote" la bellezza della linea vocale pur surclassando la prova di Momirov necessiterebbe di più appassionata intensità.
L’intensità e la protervia non mancano invece a George Andguladze che ha modo di esibirle nella sua scena solistica nonostante il registro grave non lo sorregga a dovere.
Al contrario sontuosa è per davvero la prima ottava di Agostina Smimmero la quale impiega al meglio l’ubertosa vocalità autenticamente contraltile per definire una Cieca che rivaleggia in ricchezza di accenti e per timbro accattivante con la stessa Pirozzi.
Alla accettabile riuscita complessiva dello spettacolo contribuisce infine il coro diretto come al solito da Luigi Petrozziello mentre di scarsa inventiva risultano le coreografie di Domenico Iannone alla testa dell’ensemble Altra Danza che supplisce alla mancanza di un corpo di ballo stabile.
La recensione si riferisce alla recita del 18 dicembre 2024.
Caterina De Simone