Norma | Martina Gresia |
Adalgisa | Asude Karayavuz |
Pollione | Antonio Corianò |
Oroveso | Alessandro Spina |
Clotilde | Benedetta Mazzetto |
Flavio | Raffaele Feo |
Direttore | Alessandro Bonato |
Regia | Elena Barbalich |
Scene e costumi | Tommaso Lagattolla |
Luci | Marco Giusti |
Maestro del Coro | Massimo Fiocchi Malaspina |
Orchestra I Pomeriggi Musicali | |
Coro OperaLombardia |
Fra le opere del repertorio italiano forse nessuna più di Norma necessita della presenza di una protagonista dotata non solo di uno strumento fuori dal comune, ma anche della capacità di indagare la complessa psicologia di un personaggio che si presenta da un lato sacralmente ieratico, dall’altro mutevole ed emotivamente passionale.
Un obiettivo non da poco, perfettamente centrato nel nostro caso da Martina Gresia, la quale ha sostituito la prevista Lidia Fridman assente per motivi di salute alla serata inaugurale della nuova stagione lirica bresciana, regalando al pubblico una performance davvero di tutto rispetto.
Le scene pensate da Tommaso Lagattolla sono scarne, minimali, quasi astratte: uno spazio squadrato, dotato dei soli arredi indispensabili e sovrastato da un cerchio lunare che a tratti scende fino a terra, quasi ad avvolgere con la propria luce i protagonisti così da costringerli ad agire all’interno della propria sfera di influenza.
Essenziali per la buona riuscita dello spettacolo le belle luci di Marco Giusti che rendono l’ambientazione cangiante e ben sottolineano l’iridescente tortuosità dei sentimenti che affliggono i protagonisti.
Sui toni del nero e del rosso per i Romani e del bianco unito al blu invece per i Galli i costumi futuristici, ideati dallo stesso Lagattolla, perfettamente in sintonia con l’ambientazione asettica.
Impostati ad una certa genericità drammatica ci sono parsi, invece, i movimenti e i gesti scenici pensati per i protagonisti da Elena Barbalich, la cui regia si distingue anche per la quasi permanente staticità delle masse, in linea sì con l’essenzialità e la ieraticità dell’impostazione generale, ma parzialmente soverchiante.
Incisiva e di carattere la direzione di Alessandro Bonato che con il suo gesto deciso ed espressivo offre fin dalla Sinfonia, in cui i toni bellicosi si stemperano in volute melodiche più distese mai però smorte o svigorite, una lettura in cui l’afflato lirico e quello drammatico ben si sposano all’interno di un giusto clima di grandiosità guerresca, così da meritare apprezzamenti ed applausi da parte del pubblico, non solo a fine spettacolo ma anche a scena aperta.
Martina Gresia, come si è detto, è un’ottima Norma, precisa, controllata nell’emissione, incisiva nell’accento, coinvolgente nell’interpretazione. Ne esce una figura profondamente materna, palpabile nel delicato “Vanne e li cela entrambi” ricco di sfumature, la quale convive però con un’anima più dura e drammatica, perfettamente evidenziata da un “In mia man alfin tu sei” che, seppur classicamente scolpito, risulta colmo di pathos.
Brava anche Asude Karayavuz nei panni di una Adalgisa dal timbro pieno e dal peso vocale simile a quello della protagonista, della quale funge da speculare contraltare. Buone l’attenzione alle dinamiche, la capacità scenica e la generale solidità dello strumento in tutti i registri.
Al loro fianco Antonio Corianò è un Pollione potente e convincente, dall’acuto a tratti forse leggermente sbiancato, ma dall’afflato giustamente eroico e dotato di una timbrica realmente piacevole.
A fuoco l’Oroveso dal buon fraseggio di Alessandro Spina; adeguati il Flavio di Raffaele Feo e la Clotilde di Benedetta Mazzetto.
Grande eleganza e spolvero fra il pubblico presente in sala che ha tributato applausi a tutti ma con particolare fervore al direttore e alla protagonista principale.
La recensione si riferisce alla recita del 30 settembre 2022.
Simone Manfredini