Direttore | Christoph Eschenbach |
Pianoforte | Tom Borrow |
Konzerthausorchester Berlin | |
Programma | |
Joseph Haydn | Sinfonia n. 92 in sol maggiore “Oxford” Hob:I:92 |
Wolfgang Amadeus Mozart | Concerto per pianoforte e orchestra in La maggiore K 488 |
Joseph Haydn | Sinfonia n. 104 in re maggiore "London" Hob:I:104 |
Concerto dagli esiti alterni quello offerto alla Konzerthaus di Berlino dall’orchestra di casa, la Konzerthausorchester con Christoph Eschenbach sul podio.
Eschenbach è stato direttore stabile del complesso per quattro anni fino allo scorso giugno, al suo posto c’è adesso Joanna Mallwitz. I suoi sono stati anni difficili se si pensa che c’è stata di mezzo la pandemia col blocco delle attività artistiche, ma che non hanno esaurito il suo rapporto con l'orchestra, che prosegue anche quest'anno con diversi appuntamenti, primo fra tutti questa serata con due sinfonie di Haydn inframezzate da uno dei più famosi concerti per pianoforte di Mozart, il K 488 con Tom Borrow alla tastiera, l’ennesima rivelazione di questi ultimi anni.
Come abbiamo accennato il bilancio della serata non è stato dei migliori, e non che l’orchestra abbia suonato male, anzi, a parte gli ottoni preponderanti un po’ lungo tutta la serata il suono è stato corretto senza danni. Però non si è andati oltre il “corretto”, come se Eschenbach avesse voluto smussare tutti gli angoli con esecuzioni levigate ma poco espressive.
Ne ha risentito soprattutto il titolo di apertura, la Sinfonia n.104 (Oxford) di Haydn, una delle prime legate agli anni londinesi sebbene composta negli anni precedenti a Parigi. La leggerezza dei tre accordi che danno il via al primo movimento faceva ben presagire ma poi l’esecuzione tutta è andata avanti senza guizzi direttoriali.
L’Allegro aveva ben poco di quello “spiritoso”, come da indicazione, trascinandosi senza quei contrasti fra le varie sezioni orchestrali che danno colore e dinamica all'esecuzione. Stanchi i due movimenti centrali, piacevole invece il Presto finale in cui Eschenbach è riuscito a fare un miglior lavoro di armonizzazione e ad infondere una certa vivacità e compattezza all’insieme.
Con l’arrivo del solista, il giovanissimo (classe 2000) Tom Borrow l’orchestra è sembrata decisamente più stimolata e pronta, in ottimo accordo col solista. Molto attento all’apparire, oltre ad un ciuffo che quasi gli copre gli occhi Borrow sfoggia un curriculum dall’impressionante quantità di premi e riconoscimenti un po’ dappertutto, e in effetti suona molto bene, con tecnica sicura e perizia. Tempi e dinamiche sono a posto, il senso del legato perfettibile, ma quella che sembra mancare, facendo la tara all’evidente emozione, è ancora una vera personalità che lo faccia andare oltre un’esecuzione impeccabile verso l'eccellenza. A suo favore e a riprova di quanto sia promettente c’è stata la fantasia di tocco nella cadenza del primo movimento, composita ed eseguita con un rapimento che finora era stato superato dallo scrupolo formale. Lo stesso che ha dominato, forse per una certa ritrosia ad abbandonarsi al dialogo con il suo stesso strumento, nel meraviglioso Adagio, dove la Konzerthaus ha steso un tappeto sonoro davvero incantevole. Finalmente nel movimento finale Allegro assai il solista è stato più sciolto e disponibile ad lasciarsi andare, forse grazie allo sciogliersi della tensione, e anche il suono si è fatto più fantasioso e dinamico in perfetto accordo con l’insieme orchestrale con un dialogo dall'amalgama quasi perfetto.
Unico bis di Tom Borrow, il Preludio in Sol diesis minore op. 32 n. 12 di Rachmaninov, eseguito finalmente con piena partecipazione e tocco leggero e rilassato.
In chiusura di serata la “London”, uno dei più famosi capolavori haydninani che con esso si congedò dal mondo della Sinfonia. L’ultima da lui composta, solenne e maestosa già dal suo inizio, caratteri non sempre rispettati in questa occasione: eseguita con classicità e compostezza formale ma con poco pathos, il che può anche essere una scelta, che risulta evidente già a partire dai celebri accordi iniziali e dall’Allegro che segue.
Pochi chiaroscuri ma una nitida esposizione del tema principale dell’Adagio centrale e della marcia posta nella sua sezione centrale. Dopo un minuetto interlocutorio, l’orchestra esplode in un Finale – Spiritoso dove alterna vivacità e una certa grazia, chiudendo tutto sommato in bellezza un concerto un po’ “sofferto”.
Al termine applausi prolungati da parte di una Konzerthaus gremitissima di pubblico
La recensione si riferisce al concerto del 22 ottobre 2023 .
Bruno Tredicine