Don Pasquale | Carlo Lepore |
Dottor Malatesta | Giorgio Caoduro |
Ernesto | Levy Sekgapane |
Norina | Veronica Granatiero |
Un notaro | David Cervera |
Direttore | Renato Palumbo |
Regia | Antonio Albanese |
Scene | Leila Fteita |
Costumi | Carola Fenocchio |
da un'idea di | Elisabetta Gabbioneta |
Disegno luci | Paolo Mazzon |
Maestro del Coro | Fabrizo Cassi |
Orchestra e Coro del Teatro Petruzzelli | |
Allestimento scenico Fondazione Arena di Verona |
Don Pasquale fu rappresentato per la prima volta al Théatre-Italien di Parigi il 3 gennaio 1843. E da allora questa impagabile commedia romantico-musicale non ha mai smesso di incantare il pubblico di tutto il mondo, pur non essendo frequentemente rappresentata. Al Petruzzelli arriva nel 1905 (due anni dopo l’apertura del teatro), e le cronache riferiscono di un «successo d’altri tempi». Ritorna subito l’anno dopo e nel 1909; bisognerà poi aspettare la stagione del 1931 per rivedere l’opera in cartellone con protagonista il tenore leccese Franco Perulli. Nel 1938 a trionfare nel ruolo del titolo fu il celebre basso Salvatore Baccaloni, mentre non lasciò grande traccia l’edizione del 1948. Ancora una lunga pausa prima di rivedere in scena l’opera: siamo nel 1973, e con la direzione di Edoardo Müller furono molto apprezzati anche Alberto Rinaldi e Umberto Grilli. Successo anche per l’edizione del 1981 con la regia di Paolo Montarsolo, interprete anche del title role. Al suo fianco Mariella Devia, Renzo Casellato e Alessandro Corbelli.
L’ultima rappresentazione barese risale al 2004, quando andò in scena nella prima stagione della neonata Fondazione Lirico-Sinfonica Petruzzelli, ospitata all’epoca ancora al Piccinni in attesa della definitiva ricostruzione del teatro. C’era perciò molta attesa per il ritorno al Petruzzelli del capolavoro di Donizetti, penultimo titolo della Stagione d’Opera e Balletto 2022.
L’allestimento della Fondazione Arena di Verona, dove aveva debuttato nel 2013, era firmato dal celebre attore Antonio Albanese, per la prima volta in Puglia come regista.
Con il suo grande talento, capace di spaziare dal comico al drammatico, Albanese è riuscito a mettere perfettamente a fuoco i caratteri di un’opera «buffa di nome e di fatto in gran parte ma non in ogni parte – sottolinea infatti acutamente Piero Mioli –, commedia sembra invece la sua definizione più esatta, terza ideal giornata di una tetralogia ideale composta dalle Nozze di Figaro di Mozart, dal Barbiere di Siviglia di Rossini e dal Falstaff di Verdi».
Il regista ha così ideato una messinscena godibile e allo stesso tempo altrettanto credibile, attualizzando la vicenda senza nessuna forzatura. D’altronde un direttore sensibile e particolarmente affine a Donizetti come Gianandrea Gavazzeni aveva colto immediatamente questo aspetto: «I quattro personaggi del Don Pasquale formano un quartetto normalissimo: gente che si può trovare nel mezzo di una strada, al cinema, al caffè». Ed ecco allora che la vicenda, originariamente ambientata a Roma agli inizi dell’Ottocento, viene trasposta in una tenuta di campagna di epoca contemporanea e indefinita: il primo atto nella casa di Don Pasquale si svolge in una cantina metafisica (efficaci le stilizzate scene di Lela Fteita, appropriati i moderni e “normali” costumi di Carola Fenocchio da un’idea di Elisabetta Gabbioneta, e suggestivo il disegno luci di Paolo Mazzon), che si apre svelando la vigna dove appare Norina, e alla fine si trasforma in una coloratissima serra con un trionfo di fiori vagamente surreali. Da sottolineare la grande attenzione posta da Albanese alla recitazione dei cantanti, dei coristi e dei figuranti, ammirevoli tutti per la fluida prova attoriale.
Una regia, in conclusione, non solo regolata sulla musica ma capace anche di farla respirare in perfetta unione con l’impianto narrativo. Merito condiviso con la magnifica direzione di Renato Palumbo - sul podio dell’ottima Orchestra del Teatro - che ha ben messo in evidenza sia le parti comiche che quelle sentimentali della partitura, sottolineandone con grande bravura le dilatazioni ritmiche ed elegiache in totale equilibrio con il palcoscenico. E questo sin dalla Sinfonia iniziale dove, in nuce, sono presenti tutte queste caratteristiche sottolineate da un’impronta melodica chiarissima.
In gran spolvero il cast, a iniziare dall’eccellente basso Carlo Lepore, Don Pasquale di portata storica di cui ancora una volta ha offerto, con la sua voce potente e timbrata, un capolavoro interpretativo sottolineando, con un fraseggio sobrio e mai sopra le righe, la dimensione ironica del suo personaggio permeato comunque di bonaria umanità. Di grande teatralità scenica e vocale anche il Malatesta del baritono Giorgio Caoduro, a suo agio sia nei veloci sillabati di più scoperta comicità che nella sua unica aria, “Bella siccome un angelo”, dal carattere più dolce e patetico.
Ernesto è un ruolo dalla tessitura difficilissima, ma il trentaduenne tenore sudafricano Levy Sekgapane ne è uscito onorevolmente con la sua voce chiara e dal volume contenuto, a volte un po’ nasale, ma emessa con grazia, espressività e facilità nel registro acuto. Qualità che gli hanno consentito di rendere in maniera adeguata le sue arie più attese: “Sogno soave e casto”, “Cercherò lontana terra” (un plauso allo strepitoso solo della tromba, in questa occasione salita alla ribalta del palcoscenico) e “Com’è gentil”.
Sembrava una veterana più che una debuttante nel ruolo il giovane e talentuoso soprano Veronica Granatiero, Norina dalla voce incantevole e interprete piena di brio e languore. Dalla cavatina iniziale, divisa fra l’Andante “Qual guardo il cavaliere” e l’Allegretto “So anch’io la virtù magica” (ricco di acciaccature e colorature eseguite con perizia), fino al magico “Notturno” del terzo atto (il duetto “Tornami a dir che m’ami”) e al gorgheggiante rondò finale, la Granatiero ha infatti reso alla perfezione il carattere volitivo se non piccante del personaggio.
Efficace il basso David Cervera come Notaro, e molto bene nell’ultimo atto il Coro del Teatro, diretto sempre con maestria da Fabrizio Cassi.
Teatro gremito e applausi calorosi per tutti gli interpreti.
La recensione si riferisce alla serata del 18 novembre 2022.
Eraldo Martucci