Il Padre | Kenneth Kellogg |
La Madre | Aundi Marie Moore |
Il Figlio | Darius Gillard |
Il Reverendo | Will Liverman |
Le amiche / Le fedeli della congregazione | Vuvu Mpofu |
Thembinkosi Magagula | |
Rehanna Thelwell | |
I poliziotti / i fedeli della congregazione | Thando Mjandana |
Charles Williamson | |
Martin Mkhize | |
Direttore | Kwamé Ryan |
Regia | Tazewell Thompson |
Scene | Donald Eastman |
Costumi | Jessica Jahn |
Luci | Robert Wierzel e Eric Norbury |
Orchestra della Residenza dell'Aja | |
Residentie Orkest Den Haag | |
Prima europea |
Va in scena in questi giorni all’Opera Nazionale Olandese di Amsterdam in prima esecuzione europea la molto celebrata e discussa opera Blue, nata nel 2015 da una commissione del Glimmerglass Festival alla compositrice Jeanine Tesori con l’intento programmatico di trattare il tema dei conflitti razziali e del razzismo nell’America contemporanea e che ha vinto nel 2020 il premio della Critics Association of North America come migliore nuova opera. Scritta sul libretto del regista Tazewell Thompson, che ha firmato anche la produzione della prima messa in scena nel 2019 al Glimmerglass festival, viene ripresa adesso ad Amsterdam in prima europea. Organizzata in due atti per un totale di quasi due ore di musica, l’opera narra la storia di una famiglia afroamericana devastata e lacerata dalla brutalità della polizia: un tema reso tristemente ancora più attuale dalla vicenda di George Floyd e dal conseguente movimento del Black Lives Matter.
In breve, la vicenda. Nel primo atto assistiamo alla nascita del Figlio. Mentre le amiche della Madre gioiscono e i colleghi poliziotti del Padre sono invidiosi per la nascita di un figlio maschio, la Madre si preoccupa per quello che sarà il futuro del bambino. Sono passati sedici anni: il Figlio è uno studente d’arte e un attivista politico non-violento che spesso si trova in conflitto con l’autorità e col padre poliziotto da lui accusato di sostenere un sistema repressivo. Nonostante la violenza verbale del Figlio, il Padre gli dichiara il suo incondizionato affetto. Secondo atto: il Figlio viene ucciso da un poliziotto durante una manifestazione. I genitori sconvolti trovano conforto nella figura del Reverendo che incoraggia il Padre al perdono. L’opera si conclude con una scena di straniamento drammaturgico: la famiglia è riunita attorno alla tavola e il Figlio, riappacificatosi col Padre, parla ai genitori dei propri futuri progetti artistici.
Un tema di scottante attualità che il regista e librettista ha trattato con eleganza e sensibilità evitando un approccio ideologico o politicizzato. Ispirandosi ad avvenimenti contemporanei e alle opere letterarie di autori afro-americano come James Baldwin e Ta-Nehisi Paul Coates, Tazewell Thompson mette al centro della vicenda i personaggi (che non hanno nomi propri, come ad indicare l'universalità della storia raccontata), i loro conflitti e il ruolo della comunità, soprattutto quella religiosa che tanta parte ha avuto nei movimenti di emancipazione afro-americani, vista come unica ancora di salvezza per una società devastata da un razzismo orami istituzionalizzato. Centrale nel dramma è la figura del Padre che stenta a conciliare l’essere poliziotto (a “Black man in blue” dove “blue” si riferisce alla divisa e dal quale l’opera prende nome: e il riferimento cromatico richiama immediatamente alla mente un altro colore: The color purple) con l’attivismo politico del figlio adolescente.
L’allestimento di Thompson è ovviamente un tutt’uno col libretto che è difficile non immaginare essere stato scritto avendo in mente la sua realizzazione scenica. Uno spettacolo sobrio e misurato ma di forte impatto visivo, che la contemporaneità della vicenda rende ancora più emozionante: se c’è un merito in questa collaborazione fra Thompson e la Tesori è proprio quello di essere riusciti a portare sulla scena e a rendere credibile e fruibile una storia contemporanea attraverso un medium, quello dell’opera lirica, che non ha la verosimiglianza fra le sue caratteristiche principali.
Il nome della Tesori forse potrà non essere molto conosciuto agli amanti dell’opera ma si tratta di una delle più prolifiche e celebrate compositrici americane di musical e colonne sonore (suoi, ad esempio, i musical Fun Home; Caroline or Change; Shrek The Musical e le colonne sonore di Shrek II, Mulan, I vestiti nuovi dell’Imperatore II). Si ingannerebbe, però, chi cercasse echi di Broadway, nel tessuto musicale di questo lavoro, che invece adotta un linguaggio che sembra richiamarsi al Bernstein di Mass di A quiet place. Scritta per un orchestra di dimensioni contenuto ma con una nutritissima sezione di percussioni, la musica della Tesori adotta un linguaggio di immediata comprensione e fruibilità: la sua scrittura si muove su un declamata melodico che spesso sconfina nell’arioso: si riconoscono, comunque, le forme tipiche del melodramma: numeroso le arie, spesso veri e propri monologhi, i duetti e pezzi di assieme, tutti sostenuti da una scrittura vocale quanto mai suggestiva.
Tutta la compagnia dimostra grande padronanza con questo tipo di linguaggio. Del cast originale della prima nel 2019 a New York è rimasto solo il basso Kenneth Kellogg nel ruolo del Padre cui l’artista americano dona accenti di struggente disperazione mostrando anche una buona linea di canto.
Eccellenti le voci femminili, a partire dalla Madre di Aundi Marie Moore cui la partitura riserva i momenti di accorata liricità. Accanto al lei un valido trio di amiche fra le quali spicca senza riserve la bella voce di Vuvu Mpfou. Il ruolo del Figlio era affidato al giovane Darius Gillard che ha sfoggiato cospicue doti di interprete supportato da una vocalità piuttosto ben rifinita. Buona, infine la prova di Will Liverman nel ruolo del Reverendo e degli altri comprimari.
Alla testa dell’Orchestra della Residenza dell’Aja in splendida forma (e un plauso va sicuramente alla sezione delle percussioni che tanta parte hanno in quest’opera), Kwamé Rayan dirige con piglio sicuro e grande attenzioni ai dettagli strumentali dimostrando di saper ben sostenere i cantanti e di essere capace di un notevole passo teatrale mantenendo intatta la tensione anche laddove il tessuto musicale e quello drammatico paiono essere un po’ più deboli come nella lunga scena nella chiesa al centro del secondo atto.
La recita si riferisce alla recita del 14 novembre 2022.
Edoardo Saccenti