Macbeth | Ludovic Téziter |
Banco | Riccardo Zanellato |
Lady Macbeth | Silvia Dalla Benetta |
Macduff | Giorgio Berrugi |
Malcom | David Astorga |
Un médecin | Francesco Leone |
La Comtesse | Natalia Gravilan |
Un serviteur, un sicaire, premiere fantôme | Jacobo Ochoa |
Seconde fantôme | Pietro Bolognini |
Troisième fantôme | Pilar Mezzadri Corona |
Direttore | Daniele Abbado |
Maestro del coro | Martino Faggiani |
Filarmonica Arturo Toscanini Coro del Teatro Regio di Parma |
Messo sul mercato dall’etichetta Dynamic negli ultimi mesi dell’anno appena concluso sia in CD che nel formato dell'album ITunes, questo Macbeth (registrazione della serata inaugurale del Festival verdiano 2020, alla quale è riferita la recensione di Patrizia Monteverdi) è destinato ad assicurarsi, per almeno tre ordini di ragioni, un posto di assoluto rilievo nella discografia dedicata al Tiranno di Scozia. Il disco costituisce infatti, in primo luogo, l’occasione per ascoltare la versione dell’opera in lingua francese realizzata da Verdi per il Théâtre Lyrique di Parigi nella primavera del 1865, e successivamente riproposta al pubblico scaligero nella sua definitiva traduzione italiana.
Inoltre, l’esecuzione in esso contenuta, pur concepita in forma di concerto, offre una rappresentazione realmente lacerante delle passioni sanguinarie, degli incubi allucinati e delle pulsioni omicide che animano i personaggi partoriti dal genio febbrile del Bardo: una rappresentazione, in questo senso, assai più incisiva di certi kolossal ipertecnologici di cui si alimenta il mainstream teatral-televisivo, sempre proteso a ricercare un punto di contatto tra Verdi e la contemporaneità. Ma la modernità di Verdi non necessita di effetti speciali, di inquadrature ad effetto, di trasposizioni a-croniche che fanno coesistere berline e spadoni. No, la modernità di Verdi, il suo essere universale, risiede nella sua geniale capacità di trasfondere le emozioni in musica, di trovare nella musica il detonatore dei sentimenti di cui sono intrisi i personaggi shakesperiani, e di far arrivare le brume della brughiera, i sussurri delle streghe, il fuoco della Lady, le ferite della patria oppressa e le ossessioni del Sire di Glamis dritti al cuore dell’uomo del 2000.
Verdi uomo del suo tempo, Verdi uomo del nostro tempo: un drammaturgo grande quanto Shakespeare.
In questa prospettiva – venendo all’ultima delle ragioni di interesse a cui si è inizialmente fatto cenno – il Macbeth di Ludovic Tézier si rivela uno splendido esempio di parola prestata alla musica, per la capacità del baritono marsigliese di cesellare, con la finezza di un miniaturista, l’icona di un Roi solitaire irretito dalla sua stessa ambizione, spiazzato e spezzato dalle parole delle streghe, che non ha paura di guardare dentro sé stesso e di toccare con mano il marmo gelido di un trono fatto di sangue e solitudine. Se l’interprete incanta ed emoziona con quello che, ad avviso di chi scrive, rimane il miglior “Pietà, rispetto, onore” (“Honneurs, respect, tendresse”) ascoltato dai tempi di Cappuccilli e Bruson, il vocalista regala del pari gemme a piene mani: si pensi al sapiente uso dei piani nel monologo del pugnale, o al magnificente legato esibito nel duetto con la Lady.
Il resto del cast si rivela all’altezza della resa del protagonista: Silvia Dalla Benetta incarna una Lady raggelante nell’aria di sortita (per inciso, la lettura della lettera registrata da Cassandre Berthon provocherebbe un brivido anche al più accanito fan di Dario Argento), carica di energia nevrotica nel brindisi, schiantata dalla follia negli accenti spezzati che scandiscono la grande aria del sonnambulismo. Una prova a tutto tondo, dunque: non condizionata da qualche incertezza palesata nelle agilità della cabaletta.
Centrato e credibile il Macduff di Giorgio Berrugi, pieno di esuberanza e slanci guerrieri il Malcom di David Astorga, Riccardo Zanellato ripropone il suo Banco elegante, nobile e mai sopra le righe, dal duetto del primo atto alla collaudatissima esecuzione di “Come dal ciel precipita” (“Ah ! Tout rappelle à mon esprit”).
Con un cast di questo livello (peraltro ben supportato da coro guidato da Martino Faggiani), Roberto Abbado ha l’intelligenza di mettere la Filarmonica Arturo Toscanini al servizio dei cantanti: la mano e la presenza del direttore sono costantemente percepibili, ma sempre orientate a supportare e ad esaltare le caratteristiche degli interpreti di quello che può a buon diritto essere definito come il Macbeth di Tézier.
Un posto d’onore nella discografia.
Carlo Dore jr.