Murena | Nicola Alaimo |
Argelia | Albina Shagimuratova |
Settimio | Sergey Romanovsky |
Publio | Luis Calvet i Pey |
Leontina | Kezia Bienek |
Lucio e Fulvio | André Henriques |
Emilia ruolo muto | |
Direttore | Carlo Rizzi |
Maestro del coro | Stephen Harris |
Britten Sinfonia | |
Opera Rara Chorus | |
Supporto: 2 Cd | |
Etichetta: Opera Rara | |
ORC 64 |
Donizetti è l’autore di punta della casa discografica OperaRara che ha registrato in studio molte sue opere con tutti i crismi e le attenzioni. La casa londinese vuole celebrare il 225° anniversario della nascita del compositore con una magnifica edizione de L'esule di Roma (1828): opera considerata uno tra i primi duraturi successi nella sua illustre carriera. Ambientata nella Roma imperiale, come Fausta e Poliuto, L'esule di Roma è connotata da una cospirazione politica da parte di Murena, intrighi romantici tra Argelia e Settimio, e un improvviso lieto fine. La parte di Argelia è contraddistinta da un belcanto lussureggiante mentre il tenore ha una scrittura più piana. Protagonista assoluto è il basso Murena che per tutta l’opera vive in uno stato di grande allucinazione e rimorso: esemplare il delirio dell’atto II che supera per veridicità quello di Assur nella Semiramide. Si possono ritrovare nella partitura anche corposi ensemble con una articolata introduzione e un finale primo costituito da un complesso terzetto al calor bianco.
Carlo Rizzi è da alcuni anni direttore artistico di Opera Rara e per questa etichetta ha inciso Gli zingari di Leoncavallo, Il Proscritto di Mercadante e il recital Espoir con Michael Spyres.
Protagonista de L’esule di Roma, come già abbiamo detto, è il basso/baritono Murena che alla prima fu il famoso Luigi Lablache. Nella registrazione troviamo il grande Nicola Alaimo che ripercorre le orme dello zio Simone Alaimo il quale nel 1986 registrò l’opera con Cecilia Gasdia, Ernesto Palacio e Armando Ariostini sotto la direzione di Massimo de Bernart. Fu una registrazione pioneristica che non rese del tutto giustizia alla partitura a causa dei numerosi tagli, con l’assenza della banda sul palcoscenico e con un coro poco preparato. Opera Rara invece esegue L’esule di Roma con tutte le forze disponibili di coro e orchestra e con tre cantanti superlativi: il già citato Nicola Alaimo, il soprano russo Albina Shagimuratova (“nuova regina del bel canto” come riferito dal Times) e il tenore Sergey Romanovsky.
Roger Parker, curatore della nuova edizione critica della partitura, introduce l’opera con un saggio nel volumetto allegato ai 2CD. L’esule di Roma fa parte di quelle opere serie che Donizetti scrisse a Napoli prima della consacrazione milanese con Anna Bolena: Opera Rara con le sue pubblicazioni dimostra che da prima della Bolena, Donizetti aveva già raggiunto la maturità artistica con lavori di grande importanza, come la tragica Imelda de’ Lambertazzi, Il diluivio universale e Il paria (tutte registrate con successo dalla casa londinese). L’esule circolò parecchio in Italia e in Europa fino agli anni 60 dell’ ‘800 e Donizetti scrisse 4 brani nuovi per l’edizioni successive: un’aria per il tenore Berardo Calvari Winter per una ripresa napoletana (inclusa nel secondo atto in questa registrazione), un’aria per Rubini e una per Donzelli scritta nel 1840. Quest’ultime due le conserviamo solo in edizione canto e pianoforte in quanto le parti orchestrali non sono ancora venute alla luce: spiace molto che Opera Rara non le abbia incluse come appendice, si poteva registrarle col pianoforte oppure orchestrarle (per Rosmonda d’Inghilterra si era fatto una operazione simile per una cabaletta) e sul secondo CD ci sarebbe stato lo spazio per i due brani! Inoltre non si è registrata una seconda versione del duetto tra Argelia e Settimio, di cui abbiamo l’orchestrazione completa.
La storia racconta del senatore Murena che ha accusato il tribuno Settimio condannandolo all’esilio. La trama è stata ordita insieme a Seiano, sicario dell’imperatore Tiberio. Il generale Publio torna carico di gloria (ecco giustificata la presenza della banda in scena) e gli è promessa la figlia di Murena, Argelia che però già ama corrisposta lo sfortunato Settimio. Murena fin dall’inizio è in preda ai rimorsi. Settimio torna di nascosto per un breve incontro con Argelia ma viene subito arrestato. Durante un complesso terzetto Settimio rivela ad Argelia che suo padre è uno dei suoi accusatori, apice drammatico del dramma. Il secondo atto si apre con il delirio di Murena esemplato su quello di Assur in Semiramide. Settimio è condotto al supplizio nonostante il pentimento di Murena e i tentativi del leale Publio. Ma il leone nel circo risparmia Settimio che ha suo tempo aveva salvato l’animale. Segue un rondò di Argelia di completa riconciliazione mentre Murena perde la carica di senatore.
Murena è il personaggio più originale dell’opera e il meglio caratterizzato. Nicola Alaimo, basso/baritono palermitano gli infonde vera linfa vitale fin dalle prime battute. Nella complessa introduzione Murena cerca di non far scoprire a Publio il suo dissidio interiore. Alaimo ha una voce morbida e vellutata ma riesce a spezzare la frase del cantabile “Per lui… nel mentre… avea…” con grande effetto realistico. Più mosso “M’appare, mai sempre” dove il basso varia intelligentemente la ripresa rendendo la parte più complessa. Ampio il terzetto che conclude il primo atto: anche Bellini terminerà il primo atto di Norma con un terzetto e Verdi terminerà così l’Ernani.
“Al mio delitto!” introduce il delirio nell’atto secondo: Alaimo è veramente maestro a rendere il passo allucinato, lo ascoltiamo solo, non lo vediamo, eppure ci sembra di cogliere anche i gesti furiosi. Il coro commenta in maniera più attiva rispetto allo stesso brano con protagonista Assur. Ma Nicola Alaimo ci commuove nel successivo duetto con la figlia Argelia, mentre l’altra figlia, la piccola Emilia, è portata via da Leontina. Morbido il canto di “Vagiva Emilia ancora” pieno di veraci accenti. In tutte le riprese di cabalette e strette si varia molto e ci sono puntature verso l’acuto, sia per la parte del baritono che per soprano e tenore.
Sergey Romanovsky è un valido tenore russo interprete di Raoul negli Huguenots, Libenskof alla Scala, Leicester nell’Elisabetta al ROF, Néoclès e Agorante sempre al ROF. Belle le introduzioni musicali alle due arie. La prima aria “Tacqui allor… L’abbandonai” si svolge in un clima sommesso, con la voce del tenore concentrata in un fraseggio molto curato pieno di accenti. Settimio si proclama innocente. Nella cabaletta Romanovsky ha modo di emergere con un canto spianato e brillanti acuti. Brillante anche il canto nel duetto seguente con l’amata. Nel secondo atto svolge con perizia l’aria scritta sempre per Winter e spiace, come dicevamo, che non affronti in appendice le altre due arie alternative che avrebbero esaltato la sua voce: una di queste infatti è stata scritta nel 1840 per Donzelli nel massimo della maturità compositiva di Donizetti, siamo nell’epoca de Les martyrs e de La fille du regiment.
Albina Shagimuratova aveva già offerto grande prova di se nel Paria. Anche con L’esule scava a fondo il personaggio, combattuta tra amore filiale e l’amore per Settimio. Strapperà le carte compromettenti del padre nel duetto con Murena. Il canto è sempre molto intenso e teso, le frasi ben tornite e gli acuti vividi. Ogni brano è frutto di studio profondo. Di particolare spicco il duetto col padre, veramente commovente, e l’iridescente rondò finale che conclude l’opera: Donizetti non era ancora pronto per i finali tragici che verranno inaugurati con Imelda de Lambertazzi, diventando poi un marchio di fabbrica per il bergamasco.
Publio è Luis Calvet i Pey e svolge bene la sua parte nell’introduzione dell’opera e negli intensi recitativi. Brava Kezia Bienek come Leontina e tutti i comprimari.
Carlo Rizzi offre una prova luminosa con la Britten Sinfonia che suona in maniera molto brillante. I fiati sono protagonisti di impasti sonori sempre molto densi e intenso risulta l’assolo del corno inglese. Dodici musicisti compongono la banda sul palcoscenico e il suono è cosi vivido che dà particolare colore nella scena del trionfo di Publio lungo tutta l’introduzione. La banda si inserisce anche nella ripresa di “A quel Dio, che delle sfere” con effetti inediti. Opera Rara Chorus studia a fondo la partitura e i risultati sono evidenti grazie a una massa corale particolarmente compatta ed intonata.
Una registrante perfetta sotto tutti i punti di vista che va ascoltata e riascoltata più volte per apprezzarne tutti gli aspetti positivi. Un cofanetto da avere a tutti i costi. A breve sarà disponibile il Cd di Nicola Alaimo con tutte le arie per basso/baritono di Donizetti sempre per la medesima etichetta.
Fabio Tranchida