Hans Sachs | Karl Ridderbusch |
Walther Von Stolzing | James King |
Eva | Gundula Janowitz |
David | Heinz Zednik |
Magdalene | Gertrude Jahn |
Sixtus Beckmesser | Peter Van Der Bilt |
Veit Pogner | Kurt Moll |
Fritz Kothner | Raimund Wolansky |
Kunz Vogelgesang | Karl Terkal |
Konrad Nachtigall | Hans Helm |
Balthasar Zorn | Horst Nitsche |
Ulrich Eisslinger | Anton Wendler |
Augustin Moser | Ewald Aichberger |
Hermann Ortel | Harald Pröglhöf |
Hans Schwarz | Alfred Šramek |
Hans Foltz | Alois Pernestorfer |
Nachtwächter | Peter Wimberger |
Chor Und Orchester Der Wiener Staatsoper |
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Direttore | Christoph Von DohnÁnyi |
Edizione | Ponto 4 Cd Add Po-1006 |
A fianco delle registrazioni storiche, la discografia dei Meistersinger è costellata di edizioni più o meno buone, ma sempre di un certo interesse. E' il caso di questa, ripresa dal vivo a Vienna in occasione della Prima del nuovo allestimento di Otto Schenk, molto probabilmente una regia-cartolina, come suggeriscono gli applausi quando il sipario viene alzato all'inizio del secondo atto e nella scena della Pegnitz: ulteriore conferma che quello di Vienna è tra i pubblici più applaudoni del mondo. Interessantissima anzitutto la direzione di von Dohnányi, che si colloca su coordinate del tutto personali. Qui siamo lontanissimi da certa tradizione che vedrebbe nei Meistersinger l'esaltazione della cultura tedesca, sempre pericolosamente vicina a un Deutschland über alles (su un altro pianeta rispetto alla sensibilità di von Dohnányi. Difatti, ungherese come Solti, proviene da una famiglia da tempo in forte contrasto con il nazismo: suo nonno, il compositore Ernö Dohnányi, era stato esiliato e si rifugiò a New York, mentre suo padre e suo zio, il teologo Bonhöffer furono uccisi dagli uomini di Hitler). Invece, la conduzione è improntata su un costante ottimismo, una grande spensieratezza e altrettanta allegria, che identificano l'opera come la più solare di tutto Wagner. La solennità è sostituita da una gioiosa voglia di vivere, nella quale si muovono in armonia tutti i personaggi; così, nella sesta scena dell'atto secondo, tra Beckmesser e Sachs, non abbiamo il "buono" e il "cattivo" che s'indispettiscono l'un l'altro: abbiamo invece la realtà di due personaggi messi a confronto, l'uno malinconico e l'altro spensierato, quasi come fossero Falstaff e il Signor Fontana, tanto gentili l'uno con l'altro quando in realtà sotto sotto se ne direbbero di tutti i colori. I Maestri non sono visti come avvoltoi, pronti a sbranare il giovane poeta appena commette un errore; li vediamo, piuttosto, comodi sulle loro sedie, la mano al mento, sorridenti e compiaciuti del canto del giovane Stolzing: che ha ancora un sacco di strada da fare, certo, ma promette bene, e chi ben comincia… Insomma, dall'inizio è percepibile l'aria frizzante che accompagnerà tutta l'opera, fino all'inevitabile culmine del finale. Tutto questo, reso da von Dohnányi con una costante leggerezza che dona alla partitura uno stile quasi cameristico, in cui ogni strumento è orgoglioso di sé stesso, dove le linee melodiche danno -giustamente- più evidenza al contrappunto che al marasma orchestrale. Il cast, però, non è tra i migliori. Ridderbusch, anzitutto, non è un Sachs memorabile. La voce è bella, morbida e pastosa, senza contare che il suo registro di basso piuttosto leggero è l'ideale, anche in termini di estensione, per Sachs: però, non riesce a rendere la statura di un vero personaggio, come purtroppo spesso gli accadeva. L'idea di base è quella di un Sachs bonario, pratico, dotato di una ruvida simpatia virile; quest'impostazione sacrifica a priori la calda umanità quasi paterna che dovrebbe invece sprigionare (vedi Hotter), così come punta l'attenzione più sul calzolaio che sul poeta. Per delineare un grande personaggio con questi presupposti, sarebbe indispensabile un autentico fuoriclasse, cosa che Ridderbusch non è. Ne viene fuori piuttosto un Sachs un po' antipatico (paradossale!), rozzo, che sembrerebbe più adatto alla Oktoberfest piuttosto che ad una competizione di poesia; ma, soprattutto, manca la personalità, il personaggio è sfuggente, i due magnifici monologhi non dicono niente. Insomma, a fine ascolto non si ha che un pallido ricordo di questo Sachs. Addirittura disastroso, poi, il Walther di James King. Il personaggio richiederebbe una voce di stampo lirico-leggero, elegante e irruente al tempo stesso. King invece è tutto muscoli e niente cervello, con un fiume di voce inespressiva, grossolana, ingovernabile e per niente bella; canta abbastanza bene, ma nel "Morgenlich leuchtend" la sua entrata da cappone strozzato, vista la tessitura piuttosto alta del pezzo, rovina irrimediabilmente la splendida introduzione di von Dohnányi. Per il resto, il fraseggio, dove c'è, è del tutto inerte, la pronuncia è sommaria (ridicola la R all'inglese) e il personaggio si trasforma da impetuoso cavaliere, quale dovrebbe essere, a zappaterra ebete capitato a Norimberga per commerciare buoi. Senza Sachs e Walther, ben poco può fare il resto del cast per risollevare il livello complessivo; cose belle, però, non mancano. Radioso, per esempio, il canto della Janowitz: linea cristallina, voce splendida, grande sensibilità; inoltre evita accuratamente ogni bamboleggiamento (tra tutti i personaggi wagneriani, Eva è forse l'unico a correre questo rischio). Ovvio, non possiamo cercare in lei chissà quale analisi psicologica, caratteristica che le ha sempre difettato; ma il personaggio ne esce ugualmente benissimo. Questa registrazione costituisce poi uno dei pochissimi documenti del baritono Peter van der Bilt. Olandese, svolse la maggior parte della carriera (fino alla morte prematura) alla Deutschen Oper am Rhein Düsseldorf-Duisburg, dove cantò parti buffe come Basilio nel Barbiere e Malatesta, alternando anche il Conte mozartiano, Varlaam, Don Alfonso, Don Chisciotte e van Bett ("Zar und Zimmermann"); Beckmesser fu probabilmente il suo personaggio più famoso, colto qui in stato di grazia. La voce, relativamente chiara, è di bel colore, molto musicale e attenta soprattutto al legato; ne esce un personaggio di rara eleganza, bravo come pochi a fare di Beckmesser un personaggio realmente interessante e non un urlatore qualsiasi. Rimane il fatto che è ben strano dare la palma alla poesia ad un Walther così sgraziato e becero, e non ad un Beckmesser così musicale e coinvolgente… Ben poco può fare, il "miracolo del teatro", in casi come questo. Molto bravo Kurt Moll, forte della voce che ben si conosce; però qui è ancora troppo giovanile per un personaggio come Pogner, e la credibilità ne risente molto. Brava anche la Jahn, che delinea una Magdalene non macchiettistica ma pepata al punto giusto. Stratosferico il David di Heinz Zednik, ulteriore conferma della versatilità di questo artista. Sulla scia dei David caratteristi, delinea un personaggio giovanile, impetuoso e volutamente simpatico: sembra di vederlo, nella sua scena con Walther, seduto sulla cattedra, le gambe penzoloni e l'indice puntato, intento a spiegare, con inflessioni sempre diverse, tutte le regole poetiche all'incredulo cavaliere; tutto espresso da un senso della parola veramente funambolico, in grado di spazzare via chiunque altro. Magnifico. Piuttosto brave le parti di fianco (con l'eccezione del gutturale Guardiano Notturno di Wimberger, che rovina il breve canto -tra l'altro meraviglioso- del secondo atto); l'orchestra suona molto bene come sempre, anche se qua e là si avvertono certe imprecisioni. Non troppo bravo il coro, che canta tutto forte e diventa ben presto monotono. La registrazione, uscita per la prima volta quest'anno, è riuscita piuttosto bene, nonostante il fruscio onnipresente e l'invadente presenza del suggeritore. Il quarto cd è completato dalla parte centrale del secondo atto nella registrazione interessante del 1955, sempre alla Staatsoper di Vienna, con Paul Schöffler, Hans Beirer, Gottlob Frick, Irmgard Seefried, Rosette Anday e Frederick Gunthrie, diretti da Fritz Reiner.
Marco Fornengo