In un torrido pomeriggio di mezza estate incontriamo con grande curiosità il maestro Lü Jia, giovane e già affermato direttore d’orchestra, cinese con passaporto italiano, da poco nominato direttore stabile dell’ Arena di Verona e del Teatro Filarmonico ed al momento impegnato nella stagione estiva con il dittico inaugurale Cavalleria-Pagliacci e con la Carmen.
Lü Jia mi aspetta all’interno della saletta del ristorante scelto per l’intervista... noi lo attendiamo fuori, l’equivoco si chiarisce in pochi secondi via telefono: finalmente, comodamente seduti e liberi dall’afa opprimente iniziamo quella che più che un intervista è una piacevole conversazione.
Maestro, come arriva in Cina la musica occidentale, e più in particolare la musica cosiddetta "colta"?
La consuetudine alla musica europea vive due periodi distinti, e ambedue hanno strettamente a che fare con la Russia.
Durante il periodo di regno dell’ ultimo imperatore era andato affermandosi l’uso di bande e fanfare miltari, ma il vero e proprio arrivo della musica occidentale avviene in seguito alla rivoluzione russa del 1917. Moltissimi musicisti, coreografi, danzatori, tutti di origine ebraica, e segnatamente quelli che non ripararono in Occidente, furono deportati in Siberia e da lì molti raggiunsero la Cina, ove diedero vita ad una vera e propria scuola.
Negli anni Trenta e Quaranta, con l’ascesa economica di Shanghai, dove la presenza britannica e francese era fortissima, la tradizione musicale europea andò rafforzandosi. Dopo la rivoluzione maoista l’influenza giunse ancora una volta dalla Russia, ora Unione Sovietica e "sorella" della Cina: moltissimi cinesi studiarono nelle scuole di musica di Mosca e Leningrado, compresa la mia maestra che fu allieva di Anossov.
Per quel che riguarda la sua formazione?
Per me la musica, pur nelle sue innumerevoli diversità dovute alle diverse civiltà nelle quali si sviluppa, ha dei caratteri universali che attengono alla sfera profonda dei sentimenti: l’espressione della gioia troverà ovunque accenti simili, così come una marcia funebre sarà ovunque triste.
Durante i miei studi a Pechino ho letto i Ching e Lao Tse, ma contemporaneamente ho cercato di leggere tutti i grandi capolavori della letteratura occidentale, da Dante, del quale conosco l’Inferno a memoria in cinese, a Leopardi, che amo particolarmente, ai grandi romanzieri francesi e russi, Schiller e Bayron.
Le grandi regole della vita possono avere punti di partenza diversa, dovute ai limiti dei diversi linguaggi della letteratura, anche se poi l’arrivo alla conoscenza dei grandi temi universali è identico; la musica invece, come la pittura, ha elementi emozionali immediatamente comprensibili a tutti, non ha i limiti imposti dalla parola, ed è per questo che trovo la musica l’espressione più completa dei sentimenti e delle emozioni, laddove la parola pone degli ostacoli.
Per voi italiani l’opera è parte integrante della cultura, ha solide radici, anche popolari, ci vivete dentro e per conoscerla bisogna penetrare la cultura italiana in tutti i suoi aspetti; però anche uno straniero può avvicinarsi all’opera da un punto di vista puramente emozionale.
Veniamo allo spettacolo inaugurale della stagione areniana, ossia a Cavalleria rusticana e pagliacci, che, per inciso, mi sono davvero piaciuti nella sua direzione, soprattutto Pagliacci.
La musica di Pagliacci, rispetto a quella di Cavalleria é estremamente piú ricca e complessa.
Per Pagliacci bisogna comprendere benissimo il meccanismo di teatro nel teatro: Nedda e Silvio sono davvero i due protagonisti romantici della vicenda, pieni di voglia di vivere e di amare. Per eseguire bene quest’opera il ritmo teatrale ed i colori sono basilari, bisogna attenersi ai ritmi di Leoncavallo.
Cavalleria é diversa, la scrittura é un po’ superficiale, peró contiene pagine bellissime, e per me la piú bella é il duetto Santuzza, la vera protagonista, e mamma Lucia.
Dunque é piú difficile concertare cavalleria, perché c’é "meno"...
Esattamente, bisogna che direttore e cantanti diano credibilitá e trovino i colori che sono necessari all’opera e che peró non sono indicati esattamente in partitura.
Le compagnie di canto mi sono parse molto buone...
José Cura é bravissimo, come é bravissima Svetla Vassileva, che ha una bella voce, é una bella donna ed é una professionista serissima.
In Cavalleria Giovanna Casolla é una colonna portante sul palcoscenico ed ha una voce bellissima.
Venendo alla prossima stagione del teatro Filarmonico, ci conferma il debutto in Anna Bolena di Mariella Devia?
Assolutamente sí e saró io a dirigerla. É un capolavoro assoluto.
...e oltre alla Bolena?
Intendo lavorare moltissimo con l’orchestra, sia per quello che riguarda l’opera che che per il repertorio sinfonico. Il piano di lavoro e formazione per il 2006-2007 é quasi giornaliero. La stagione estiva in Arena é "grande", con tutto quel che ne segue, ma il lavoro durante i mesi invernali, formazione e perfezionamento é essenziale.
Inizieró a lavorare su Haydn, la Sinfonia "mit Paukenschlage": sono convinto che il repertorio sinfonico del periodo classico sia basilare per la crescita dell’orchestra; in Haydn due centimetri di arco in piú o in meno, o un appoggio piú o meno deciso producono effetti completamente diversi, e sono queste cose che i professori d’orchestra devono abituarsi a comprendere.
Nella musica classica mancano gli slanci emotivi che si troveranno nel successivo periodo romantico, e se la suoni male tutto risulta uguale e monocromo.
Faró anche la Rosamunde di Schubert, perché in Schubert ci sono tre colori diversi nello spazio di due battute... e bisogna imparare a riconoscerli.
Lavoreremo anche molto sul coro, avvicinandoci a repertori diversi, per meglio comprendere che un coro che canta una composizione tedesca, ad esempio di Brahms o Mahler, ha delle caratteristiche che derivano anche dalla tradizione popolare e folkloristica che lo rendono diverso dal coro di un´opera.
Il progetto é tanto ambizioso quanto assolutamente condivisibile, davvero in bocca al lupo.
...sorride.
Una quasi ultima domanda: che ne pensa della situazione in cui si sono venuti a trovare i teatri d’opera italiani dopo i drastici tagli al FUS?
Ovviamente non sono d’accordo sui tagli; se si taglia, ad esempio il fegato ad una persona, anche se malata, la si uccide. Le terapie drastiche non fanno mai bene, bisogna capire e curare; la cultura, in Italia soprattutto non si puó tagliare.
Tutto é nato in Italia: l’opera seria, l’opera buffa, il balletto, per non parlare della pittura e dell’arte in genere; se nel campo della produzione industriale il nostro paese subisce una concorrenza fortissima, per quanto riguarda il patrimonio culturale sicuramente non ha rivali, lo dico da italiano naturalizzato. Non ha senso trascurare quanto si possiede per inseguire gli altri. Bisogna investire in cultura, ma farlo in maniera intelligente, senza sprechi, sappiamo che ci sono teatri che sperperano danaro, e senza aiuti a pioggia, con spirito anche imprenditoriale, spendendo ma guadagnando. Personalmente, visti quanti capolavori sono chiusi nei magazzini dei musei, proporrei di affittarli a paesi esteri per un determinato numero di anni, con l’impegno anche al restauro da parte chi li espone. Inoltre ci sono bellissimi e costosissimi allestimenti che vengono utilizzati una sola volta e che potrebbero fare invece il giro del mondo...
Sono assolutamente d’accordo con te (il "tu" ci é venuto spontaneo nel corso della chiacchierata...) e penso che la tua visione dei problemi sia estremamente chiara.
Ti faccio un’ultima domanda, la classica che ho fatto a conclusione di altre interviste: come sai, Operaclick é un quotidiano online e per sua stessa natura, posto che il range di etá dei lettori é amplissimo, i giovani sono una fascia importantissima, numerosa e curiosa, soprattutto tra i frequentatori del forum. Ad un giovane che si accosta da neofita all’opera, che consiglio daresti?
Gli consiglierei di di farsela spiegare bene; l’opera parla in una lingua che non é piú quella parlata al tempo del compositore, dell’opera rimane l’emozione e la fantasia. Oggi ci sono storie piú avvincenti di quelle dei libretti d’opera, ma dell’opera resta, come ti ho detto prima, l’emozione del contatto diretto con la voce umana e con la musica.
Gli direi anche di studiare i personaggi e i sentimenti che trasmettono con la musica, che ti comunica i cambiamenti nelle emozioni del personaggio... pensa a quanti stati d’animo differenti ci sono in un’aria come "Tu che le vanitá"...e sono tutti nella musica. E’ tutta questione di sensibilitá.
Ti ringrazio per il tempo che ci hai dedicato e per le bellissime cose che ci hai detto...e arrivederci a presto.
Grazie a voi e a presto.
Ci avviamo verso l’Arena, un po’ piú ricchi di conoscenza e di idee.
Alessandro Cammarano