Cominciamo subito con il darci delle arie: avete mai ricevuto una telefonata da una primadonna di tutto rispetto? Primadonna in senso letterale, intendiamoci, di quelle che non si incontrano per strada tutti i giorni.
Beh... noi sì. Stamattina. È squillato il telefono di casa e un nemmeno troppo vago slang americano è uscito dalla cornetta: voce profonda, cordialissima.
Aprile Millo, soprano più che noto tra addetti ai lavori, melomani, e chi più ne ha più ne metta. Sorpresa nostra. Grandissima e graditissima.
Diciamola tutta, l'avevamo cercata noi qualche tempo prima, ma non ci aspettavamo di certo una richiamata tanto tempestiva. Il celebre soprano americano – nata a New York ma di origini italiane, in verità - è a Genova, pronta per il Gala Puccini di venerdì 7 sera al Teatro Carlo Felice, in cui coprirà il ruolo di Giorgetta ne Il tabarro. Grande ritorno alle scene dopo una lunga assenza. E pure grande debutto genovese.
Abbiamo avuto con lei una piacevolissima, seppur veloce, chiacchierata.
Le solite domande di routine, che in realtà non ci piacciono poi così tanto, ma che sono d'obbligo: noi siamo il pubblico e non vediamo l'ora di riascoltarla, ma lei come vive questo ritorno sul palcoscenico? E in particolare cosa ci dice delle scene genovesi?
Felicissima, naturalmente. Entusiasta. Alle stelle. Basta? Io adoro il teatro, non posso vivere senza. Un mondo magico, insostituibile. Il Carlo Felice? Un teatro favoloso, in cui si sa cosa vuol dire fare musica. Non è poi così scontato, mi creda.
Suonare. Cantare. Costruire insieme uno spettacolo. Cosa c'è di più bello? Sono molto soddisfatta di questa nuova esperienza.
Interrompe appena la conversazione, per un antipatico colpo di tosse.
"Accidenti al raffreddore". Sbotta, ridendo. E fa ridere anche noi, perché, fino ad oggi, non ci era capitato di avere a che fare con un cantante che non si lamentasse della gola, della voce, della raucedine improvvisa. Con i tipici atteggiamenti - pittoreschi, certo, ma anche un tantino retorici - del divo colpito da sorte avversa. Invece lei gongola e pensa ad altro. Tra poche ore ha le prove con il direttore Donato Renzetti, alle prese, di già, con orchestra e coro di voci bianche per un'altra fetta del trittico (che in questa occasione si riduce a dittico), la straziante Suor Angelica.
Ma cos'è il teatro per i cantanti? Lei lo vive, lo respira, gli dà corpo ed anima. Cosa si prova quando si è sul palcoscenico? È sempre un'emozione anche dopo tanti anni di carriera?
Il teatro è immortale. Cosa è la vita senza l'arte, senza la musica? Tutti dobbiamo assaggiare il teatro, perché l'arte forgia, insegna, plasma l'anima. E noi cantanti possiamo fare molto per trasmettere questa magia incredibile che scatta non appena si alza il sipario.
Ogni teatro ha una sua storia ed è sempre un'emozione calcare le scene. Ogni volta c'è qualcosa di nuovo che ti stimola, ti aiuta, ti dà la forza di continuare a fare "miracoli": cantare davanti a centinaia, migliaia di persone, unirsi a grandi orchestre, cori, dare vita e sostanza alla musica. Sì, sì, io credo che sia un miracolo. Un modo straordinario di comunicare, di esprimere la profondità di capolavori immortali, di far trapelare sentimenti e sensazioni. E di commuovere il pubblico.
Lo ammetto, io sono sempre molto emozionata. Per esempio...venerdì è il 7 febbraio. Il compleanno di Claudia Muzio. Si ricorda di lei? Un grande soprano, che è stata, tra l'altro, una grande Giorgetta, tra le interpreti di riferimento del ruolo. Questo é un segno importante, io lo sento molto. Non credo sia casuale. Direi che questa è la più grande emozione legata a questo concerto. Fatta su misura.
Emozioni sempre… ma con qualche sacrificio. Quando si è sempre in viaggio....
La casa manca... ma non rinuncerei a questa vita.
E veniamo giusto a Giorgetta. Un debutto?
Debutto. Ebbene sì.
Le dirò la verità: prima questo ruolo non mi garbava. Giorgetta è falsa, mente al marito Michele, si incontra di nascosto con un altro. Un atteggiamento che non condivido per nulla, io sono sincera e non riuscirei mai a fare il doppio gioco. Così sono sempre stata scettica e poco incline a vestire i panni di questo personaggio.
Poi ho capito qualcosa in più: Giorgetta è giovane, molto più di Michele, ha voglia di vivere; anzi, di ri-vivere, dopo il lutto tremendo che l'ha spenta, la morte del suo bambino. Ho trovato in lei la bellezza. L'ho osservata sotto un'altra luce, sono entrata nella sua mente, nel suo cuore, ho capito cosa voleva per lei Puccini e.....eccomi qui!
Curioso. Le è capitato altre volte di coprire un ruolo che non le piace? E come ha fatto?
Io amo tutte le mie eroine come i miei cuccioli!!! Le canto tutte. Del resto, non potrei mai calcare il palcoscenico in panni che mi stanno scomodi: non si può interpretare un personaggio senza comprenderlo profondamente, senza sentirsi un tutt'uno con lui, non verrebbe fuori il carattere che ha dipinto il compositore, le sfumature che sottolinea la musica. Devi per forza trovare un'affinità, qualcosa che ti faccia scattare una sorta di empatia, altrimenti è meglio rinunciare. Assolutamente. Io canto il mio personaggio, e credo fortemente in lei, mi immedesimo completamente. Sempre.
A proposito di interpretazione, mi viene una domanda "perfida": se il personaggio, o ancor peggio, l'insieme dei caratteri peculiari dell'opera vengono, diciamo così, interpretati in maniera bizzarra dal regista...
Oh, beh... la porta è sempre aperta!!
Sorridiamo. Ci ha interrotto subito per precisare la sua posizione. Appassionatamente. Ci sentiamo in perfetta sintonia con la nostra interlocutrice.
Guardi... io non ci sto. Se una cosa non va, non va. I registi devono, prima di tutto, capire che il lavoro migliore è rispettare Ia partitura, studiare, comprendere quel che "dice" la musica, e, a maggior ragione, rispettare le indicazioni scritte. Qui non si tratta nemmeno di documentarsi, ma di leggere quel che hanno scritto compositore e librettista!
No, io non mi presto a letture non rispettose del messaggio originale dell'opera: ora dico...se Puccini vuole i candelabri attorno al cadavere di Scarpia, mi dice perché il regista le deve togliere? E questo è un dettaglio. Taccio su altri particolari ancor meno edificanti.....
Insomma, c’è sempre da imparare, più che da interpretare liberamente. E le nuove generazioni? I nuovi cantanti? Cosa consiglierebbe ad un giovane che muove i primi passi nella carriera?
Ascoltate tanta musica, ragazzi, godetevi i grandi maestri del passato, non stancatevi mai. E mettetevi in discussione. L'umiltà vince sempre. Poi, va bene, fatevi valere... è un cammino faticoso e può nascondere tanti ostacoli. Non abbiate paura di osare!
I giovani vanno incoraggiati... prima è, meglio è.
Lei, del resto, è figlia d'arte...
Ecco appunto. I miei più grandi maestri sono stati loro, mamma e papà. Due bravissimi cantanti: lui tenore, lei soprano. Li ho sempre nel cuore. Se lei ha dei bambini, mi raccomando, faccia conoscere loro la musica. È troppo importante per la loro formazione, per la loro sensibilità, per il loro equilibrio ed ordine mentale. È una ricchezza indispensabile. Poi soprattutto in Italia, patria dei più grandi artisti di tutti i tempi!
Anche per questo adoro cantare nel vostro paese.
Lusingati, naturalmente. E allora... cosa possiamo dirle prima del concerto?
Reciti una preghiera per me.
E poi mi venga a trovare, venerdì!
Barbara Catellani