E’ appena risuonato l’accordo di Do maggiore che chiude il primo atto di Tristan und Isolde qui al Teatro Regio di Torino. Le luci sono ancora abbassate, ma io mi precipito all’ingresso dei camerini degli artisti per un appuntamento molto importante: intervistare Albert Dohmen. L’intervallo dura poco più di 20 minuti. Il tempo stringe. Ecco, il direttore di sala mi accompagna attraverso il labirintico retro-palco e in un baleno mi trovo davanti al camerino del celebre basso-baritono tedesco. Busso. “Avanti!” - una voce profonda mi invita ad entrare e mi trovo faccia a faccia con Kurwenal. Dohmen infatti indossa ancora il costume di scena e con grande simpatia mi fa accomodare.
L’idea di fare quattro chiacchiere con lei mi è venuta dopo la magnifica performance nei Meistersinger von Nürnberg alla quale ho avuto la fortuna di assistere il 31 dicembre scorso a Ginevra…
(…Dohmen, forse ancora con l’adrenalina in circolo, non mi dà il tempo di fargli i complimenti...) La ringrazio per avermi fatto ricordare l’ultimo giorno dello scorso anno. Io mi commuovo ancora perché era la prima volta che affrontavo il ruolo di Hans Sachs. Per me è stato come raggiungere la vetta di un monte. Il mio impresario me lo ha chiesto più volte, ma io ritenevo che non fosse ancora il momento giusto. Questo “aspettare” è stato davvero stimolante!
Ma veniamo al Tristan odierno. E’ vero che è intenzionato ad abbandonare il personaggio di Kurwenal?
Purtroppo e sottolineo purtroppo è vero (prosegue in un ottimo italiano). Oggi è una delle ultime volte che interpreterò il ruolo dell’amico fedele di Tristan e dicendo questo una lacrimuccia mi sta già scendendo sul viso. Io mi emoziono sempre a cantare certe frasi struggenti del terzo atto. Per me è un grandissimo privilegio quello di poter cantare queste meravigliose e straordinarie melodie wagneriane.
Si sta forse profilando all’orizzonte König Marke?
Devo dire che fra quattro o cinque anni dopo Kurwenal dovrò separarmi anche da Amfortas. I teatri di tutto il mondo mi stanno ormai offrendo contratti per Marke, ma anche per Gurnemanz! (A questo punto la voce si fa più scura, più cavernosa; il brillio nei suoi occhi mi fa capire che è già iniziata l’opera di immedesimazione)
Molti amici mi hanno confortato ribadendo che questa per me sarà la strada giusta. (Albert Dohmen in questo momento della carriera ha però un chiodo fisso che si chiama “Hans Sachs”) Ma, se me lo consente vorrei tornare ai Meistersinger. Dopo le recite ginevrine mi sono arrivate molte richieste che mi hanno riempito d’orgoglio. C’è un progetto di riprendere il magnifico allestimento di Strosser sempre a Ginevra…
…e Sachs in Italia?
Ci sono un paio di idee con teatri importanti. Di più non le posso dire…
A Torino come si è trovato?
Voglio fare un plauso all’orchestra del teatro che secondo me ha trovato un suono veramente wagneriano. Questa non è la vostra musica. Non è la musica con la quale voi crescete. Questo Tristan und Isolde appare quindi un’occasione importante per diffondere il repertorio tedesco. Con tutto il rispetto per le direzioni artistiche dei teatri italiani, penso che un’apertura in tal senso non sarebbe un male, anzi! Il repertorio italiano è bellissimo, ma il pubblico di oggi forse ha bisogno di stimoli nuovi, di scelte un po’ più variegate e ampie. Mi ricordo che vent’anni fa qui a Torino si allestì un Ring diretto da Pesko, che ripresi a Catania. E il pubblico c’era! Ed era entusiasta! In questi giorni molti mi hanno ringraziato di cantare Wagner al Regio -“Era ora! Dohmen a Torino!”- Cantare in Italia per me è un piacere, ma, lei capisce, i maggiori teatri europei mi stanno facendo contratti per il 2014-2015! Non è colpa mia!( e a questo punto Dohmen si rilassa, dopo una tirata quasi “wagneriana”, e sorride amaro come a volersi scusare)
La modernità di Wagner è secondo lei un atout vincente anche nel mondo contemporaneo…
L’ opera di Richard Wagner è universale. Sono convinto che rimarrà in repertorio anche fra cento anni e poi ancora. Invece, secondo me, il 90% del repertorio contemporaneo non riuscirà a confermarsi allo stesso modo.
Lei ha prima accennato al repertorio italiano e recentemente ha interpretato Scarpia …
...e alla Semperoper di Dresda fra un paio di mesi sarò Amonasro. Ma c’è un grande debutto che voglio annunciarle. L’anno prossimo esordirò in Spagna in quello che secondo me è il più bel ruolo di basso-cantante dell’ottocento italiano: Filippo II.
La ringrazio per l’anticipazione…A proposito di debutti lei ne ha uno a cui tiene moltissimo e che tutti i wagneriani attendono con ansia, intendo naturalmente Wotan nel tempio di Bayreuth la prossima estate…
…non vorrei sembrare monotono, ma, se me lo permette, vorrei ancora una volte parlare di Sachs. L’eco di quella prestazione deve essere arrivata al Festspielhaus e…io mi sono ritrovato il contratto in mano. Per me è un onore, ma anche un onere!
Proprio a Bayreuth negli ultimi anni ci sono stati spettacoli molto contestati dal punto di vista della messa in scena, penso al Parsifal di Schlingensief. Lei cosa pensa del “teatro di regia”?
Non ho niente contro una visione moderna di un’opera se è fatta con pieno e assoluto rispetto per la bellezza e la dignità del capolavoro musicale, e soprattutto se c’è un concetto coerente di fondo che aiuti a comprendere meglio la musica. Tutto il resto diminuisce il valore musicale di un’opera lirica soddisfacendo solo i bisogni puramente egocentrici e a volte patologici di certi “signori” registi. Il problema è che in Germania, dove non si parla più dell' opera ma del Regietheater, non si ha più il rispetto per il cantante!...
…la parte musicale diventa succube dello strapotere di certi registi…
…che fanno il casting di un’ opera non a seconda dei criteri vocali ma puramente seguendo gli aspetti fisici di una persona. Se questa riesce o no a cantare la parte a questi “signori” registi non interessa minimamente e purtroppo una piccola ma influente schiera di critici li asseconda in questa scelta contribuendo così alla graduale distruzione di uno dei paesaggi operistici più importanti al mondo: in Germania ci sono più di 85 enti lirici!
E il pubblico tedesco come reagisce?
Il pubblico tedesco non ne può più di queste produzioni “immondizia” e diserta le serate all’ opera per correre ai concerti in cui si presenta l'opera in forma di concerto. Un paradosso, ma è la realtà! Gli amici melomani americani le chiamano: “german trash productions”. D'altra parte una messa in scena “tradizionale” non vuol dire che sia automaticamente di qualità. Dipende!
Tornando a Wagner, nei suoi grandi ruoli, cantando i suoi densissimi monologhi, dove c’è molto coinvolgimento emotivo e psicologico, come si fa a non perdere il controllo…
…bella domanda… (Dohmen appare molto interessato e coinvolto)
… e reggere sul palcoscenico a certe emozioni fortissime. Anche una piccola frase può essere a volte concettualmente molto complessa e ricca di significati…
Per me la chiave di tutto questo è la “sincerità” dell’espressione. E questo viene soprattutto quando tu hai “ingerito” e “digerito” totalmente il testo. Se tu stesso non ti sei immedesimato in quello che porgi al pubblico… Questo è un appello che faccio a tutti i cantanti italiani, tedeschi, ma soprattutto wagneriani: la chiave è la “PAROLA”. Se metti tutta la sincerità dell’espressività nella parola tu trovi il colore giusto, il tempo giusto per ogni frase.
Tutto terribilmente stancante!
E’ vero! Dopo essere stato in scena tutte quelle ore, concentratissimo su musica e testo, io mi sento talmente esaurito! L’adrenalina è alle stelle! Ci vogliono almeno tre, quattro ore dopo lo spettacolo per ritrovare l’equilibrio e la pace. Vede, io non riesco a prendere sonno…
(l’intervallo sta terminando…)
Una domanda più personale: riesce a coltivare qualche hobby o il lavoro la impegna totalmente?
A me piace stare a casa con la mia famiglia (sono momenti così preziosi!) e bermi un buon bicchiere di vino la sera ascoltando musica da camera o il jazz !
E un’ultimissima chicca per i lettori di OperaClick?
L’anno prossimo farò il Fidelio con Claudio Abbado in tutta Europa e anche in Italia! Quando Claudio chiama, Albert risponde! (dice divertito) Sarà una grande emozione. Un ricordo che mi porto sempre nel cuore è quando realizzammo insieme Tristan und Isolde a Tokyo; stava male, era appena uscito dalla clinica, ma diresse un Tristan che, se ci penso, potrei piangere! I Berliner Philharmoniker non li ho più sentiti suonare così! E da quel momento in poi è proprio guarito. “Sono guarito con la musica!”- me l’ha proprio detto lui. Sono così contento di lavorare con Claudio perché è sempre un’esperienza straordinaria! (un po’ di commozione gli vela gli occhi)
Bussano alla porta del camerino. E’ il segnale. Il secondo atto sta per iniziare. Mentre ringrazio Albert Dohmen per la grande disponibilità e cordialità, riesco ancora ad ottenere due primizie: Wotan al Metropolitan con Levine nel 2009 e un interessantissimo Barak (Die Frau ohne Schatten) al Maggio Musicale Fiorentino con Zubin Mehta l’anno successivo.
Ma ora la mia preoccupazione è tutta rivolta a trovare la strada giusta per rientrare in sala nel più breve tempo possibile. Qualche amico, per la verità un po’ malevolo, mi preventiva una mia uscita direttamente sul palco; qui dietro è facile infilare la porta sbagliata…ma per fortuna imbrocco quella giusta e come un fulmine mi risiedo mentre si stanno ancora spegnendo le luci. Come una frustata l’accordo di settima maggiore di Mi bem apre il secondo atto…
Massimo Viazzo