Sokhiev indescrivibile a Santa Cecilia

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Igor
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Re: Sokhiev indescrivibile a Santa Cecilia

Messaggio da Igor » 02 apr 2023 21:28

Mi metto in coda, condividendo nel profondo l'apprezzamento espresso da Marco e Daphnis.
Certo, complicato per chiunque mettersi alla testa di Santa Cecilia dopo la prova formidabile della scorsa settimana di Daniele Gatti. Ora, Tugan Sokhiev è riuscito – senza che la memoria si autocensurasse – a far cambiare strada all’ascoltatore. Pure in un autore che è di Gatti come pochi, oggi, Mahler.
Preferisco non dilungarmi, semplice appassionato anche io. E mi baso sulla sola prova di sabato. In una pagina di enorme complessità come il «Das Lied von der Erde» è emersa chiaramente la maturità dell’approccio di Sokhiev. Nessuna estroflessione espressiva, tutte le scelte agogiche e dinamiche calibrate coerentemente in funzione del dolente percorso culminante nell’Abschied conclusivo. Mi è sembrato infatti che la temperatura crescesse lied dopo lied (al primo sono stati sottratti i colori sgargianti che spesso lo connotano in molte esecuzioni), e che soprattutto dal quarto, «Von der Schönheit», l’impostazione estremamente equilibrata del discorso si rivelasse al meglio. Da qui l’intensa commozione del lied conclusivo, risultante appunto da un effetto di progressivo addensamento emotivo che lì ha trovato un punto di approdo inevitabile.
Mi hanno colpito molto la trasparenza e l’equilibrio fra le diverse sezioni dell’orchestra (una menzione per l’oboe di Fabien Thouand e per i corni che avevano come prima parte Alessio Bernardi); la quale orchestra era ovviamente nella dimensione massima dell’organico, come quella di una settimana fa, esprimendo però qui una sonorità complessiva ben diversa, più contenuta e ‘morbida’, e mostrandosi dunque capace di seguire duttilmente impostazioni anche assai diverse (se come in questi due casi sul podio c’è un direttore dotato di idee e della capacità tecnica di trasmetterle).
Per ottenere questi risultati occorre una orchestra sicura di sé e sufficientemente ‘virtuosa’. Vorrei accennare un momento alla 104 di Haydn di apertura, che Sokhiev ha affrontato senza ansie filologiche (l’organico era ‘beethoveniano’), puntando anche qui tutto all’unità del discorso; e potendosi giovare, a proposito di virtuosismo, della strepitosa abilità degli archi nell’ultimo movimento.
Tornando al «Das Lied von der Erde», un ultimo appunto sulle voci. Devo dire che i solisti, Alice Coote e Russel Thomas, vanno lodati per la loro capacità di integrarsi nel tessuto costruito da Sokhiev, senza svettare ma anche con molta sicurezza tecnica. Il che ha consentito a Thomas di uscire indenne dalla prova tremenda del Trinklied d’apertura (ma anche del quinto lied «Der Trunkene im Frühling») e a Coote, nell’Abschied, di respirare commossa insieme all’orchestra.
Grazie,
Igor Mineo



daphnis
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Re: Sokhiev indescrivibile a Santa Cecilia

Messaggio da daphnis » 03 apr 2023 12:12

Igor vi ha descritto tutto esattamente e con puntualità. Sbalorditiva un'orchestra che riesca a mettere a segno, in due settimane, due prove di espressioni e dinamiche differenti ma ugualmente eccelse. E' grande, Santa Cecilia !



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Tutto parte dal gesto, in Tugan Sokhiev, di una bellezza ed eleganza oggi unica, e dalla perizia tecnica. Che c'era già, ed era già assoluta, quando lo incontrai per la prima volta, anni fa alla Scala, in una Sheherazade di Rimskij Korsakov di inusitato nitore e nettezza. Ma, nel tempo e nell'esperienza, in concerto e in opera fra Tolosa e... tutto il mondo, la tecnica trascendentale è diventata strumento di poesia. E poesia assoluta, di una delicatezza e sensibilità e mobilità di suono e dinamiche tale da produrre una bellezza d'ascolto conturbante, che ti lascia incantato, commosso e con l'anima, nella quale entrano queste frasi e questo suono, che resta come in sospeso fra cielo e terra, nello stupore per quella bellezza. Si comprende che la tecnica direttoriale è il mezzo per esprimere un'anima , musicale ed anche umana, speciale. Sokhiev ci viene descritto come persona di una gentilezza infinita nei rapporti, anche in prova, e lo si vede, lo è anche davanti al pubblico e con gli artisti, solisti di canto ed orchestrali. Il dominio tecnico totale gli consente di esprimere musica in totale poesia (il Temirkanov delle massime prove esprimeva un che di accostabile, ma in Sokhiev la bellezza è anche e proprio, nella "manualità", nel muoversi del braccio, laddove il grande Iuri aveva un movimento essenziale quanto caratteristico, tagliava l'aria con la mano, infatti il miracolo erano i suoni che sortivano dall'apparente gesto di un vigile urbano ricolmo di, ed emanante, musica...)
Così è il suo Mahler: il Canto della Terra esce come una progressione, diremmo teatral-musicale, tutta proiettata verso il culmine poetico dell'Abschied. I canti "enologici" del tenore (il funzionale Russel Thomas) hanno la richiesta esuberanza ma anche una trasparenza di suono che prepara allo struggimento dell'atto conclusivo affidato alla voce femminile. La chinoiserie della giovinezza è uno scintillio di pietre preziose. Il "Solitario nell'autunno" ha nel suono (e ci si chiede come Sokhiev vi approdi) una reale, palpabile velatura "autunnale". La "Bellezza" inebria. E tutto si proietta, approda, nell'Addio. Che è, come giustamente è stato qui titolato, un che di indescrivibile, ci proviamo ma la bellezza ci supera.

Alice Coote non può esser definita, vocalmente, un contralto, non ne ha lo spessore, potrebbe invece definirsi un mezzosoprano di tipica impostazione british nella timbrica da un po' cruda in basso (tende a tratti a sparire in orchestra) a tagliente, scintillante di improvvisi bagliori in acuto. Dimenticate Ferrier o Fassbaender o perfino Von Otter, grandi interpreti del Canto della Terra. O anche l'iridescenza di Christa Ludwig. Siamo in un altro mondo. Ciò che lascia attoniti ed ammirati, da Alice Coote, è il canto sulla parola, cioé come la voce pronuncia, esprime, vive il testo, perfettamente appoggiata al tappeto musicale stesole da Sokhiev. Per intendersi sulla personalità vocale ed interpretativa: qualcosa di molto simile, ed altrettanto british, compie Ian Bostridge, il sommo tenore di Lied. E si tratta, lui come qui la Coote, di artisti eccelsi, in cui l'uso espressivo e "sulla parola" dello strumento vocale esprime una bellezza differente da quella delle "belle voci" di altro stampo. E' una bellezza espressiva e lessicale. Il connubio fra la voce della Coote e le parole da lei scandite e il tessuto musicale steso da Sokhiev da vita un che di inaudito. Voce ed orchestra, più che suonare, "respirano", si ha la sensazione di un Addio lancinante perchè fatto di un respiro che si alza e si abbassa in infinite sfumature dinamiche e di colore: mai ascoltato un Canto della Terra letto in questa maniera! Sì che tutto va a sfociare, in modo tanto naturale quanto struggente fino al pianto, in quell'inenarrabile "Ewig, Ewig, Ewig", scandito dalla voce che diventa filo sottilissimo, sugli ultimi barbagli e sussurri dell'orchestra. E il tutto sfuma, nell'aria, in un silenzio eterno ("dovunque, eternamente d'azzurro, si illuminano i lontani orizzonti. Eternamente, eternamente, eternamente..." ) che il pubblico, la sala, le poltrone dell'Auditorium, vivono fisicamente.

Per questo, alla sortita, asciugando le lacrime d'emozione, ci chiedevamo, con Marco, con gli amici presenti cosa potrebbe sortire da un Tristano o un Parsifal messi in queste mani e rivestiti di tale poesia.

Ulteriore stupefazione, il gesto meraviglioso di Sokhiev sono due gesti: quello che porta poeticamente e fisicamente a liquefazione la musica di Mahler, e quello netto, giocoso, potente, espressivo che dà vita ad una London di Haydn, a piena orchestra, completamente differente dall'eleganza settecentesca infusale dal pur bellissimo gesto e spirito di Lorenzo Viotti alla Scala, ma rigogliosamente splendida nella natura preottocentesca (calibrata a perfezione pari a libertà) dal braccio e dalla natura poetica unici di Tugan Sokhiev (ed e' bello e altamente poetico che entrambi i direttori, Viotti e Sokhiev, ciascuno nel suo stile, abbiano "sentito," a distanza, di accostare il culmine sinfonico di Haydn a capolavori di un tempo successivo, d' un certo tipo: Morte e Trasfigurazione l'uno, il Canto della Terra l'altro).

Concerto trascendentale.



marco vizzardelli
Ultima modifica di daphnis il 04 apr 2023 21:40, modificato 3 volte in totale.

Amonasro86
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Re: Sokhiev indescrivibile a Santa Cecilia

Messaggio da Amonasro86 » 03 apr 2023 18:57

Condivido in pieno. Ero presente al concerto di venerdì, splendido (anche in Haydn). Peccato davvero che non sia stato scelto lui come nuovo direttore musicale.

Manrico Del Pietro
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Re: Sokhiev indescrivibile a Santa Cecilia

Messaggio da Manrico Del Pietro » 06 apr 2023 15:51

Ho avuto la fortuna di assistere a una Damnation de Faust a Mosca, 7 anni fa, diretta da Sokhiev e recensita per questa testata: splendida. Mi fece un'ottima impressione. (qui il link, per i curiosi: https://operaclick.com/recensioni/teatr ... n-de-faust )

Purtroppo in questi giorni, per motivi di lavoro, non ho potuto assistere ai concerti ceciliani, ma leggendo le testimonianze dei presenti non dubito dell'ottimo esito.
Non sum uni angulo natus, patria mea totus hic mundus est. (Seneca)

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