Eugenio Onegin | Vladimir Moroz |
Tatiana | Viktoria Yastrebova |
Olga | Yekaterina Krapivina |
Lensky | Sergei Skorokhodov |
La tata Filippevna | Larisa Shevchenko |
Larina | Liuba Sokolova |
Il generale Gremin | Mikhail Kit |
Monsieur Triquet | Andrei Zorin |
Zaretsky, un capitano | Yuri Vlasov |
Un boscaiolo | Roman Malakanov |
Guillot | Vladimir Silakov |
Regia | Yuri Temirkanov |
Scene e costumi | Igor Ivanov |
Coreografie | Dmitry Bryantsev |
Direttore di scena | Irkin Gabitov |
Direttore d'orchestra | Zaurbek Gugkaev |
Maestro del coro | Andrei Petrenko |
Orchestra e Coro del Teatro Mariinsky | |
Coro di ballo del Teatro Mariinsky |
L'Onegin è non solo l'opera russa più famosa e rappresentata al mondo, ma è un'opera che scorre potente nelle vene del Mariinsky. Si vede e si sente, dopo ben 34 anni di repertorio e un'edizione in dvd (visibile in bassa qualità su YouTube) per questo sempreverde allestimento che porta la firma del grande Yuri Temirkanov. Senza la necessità di imbastire chissà quale nuova poderosa e costosissima messa in scena, con pochi ritocchi alle rodatissime scene, senza il bisogno di schierare chissà quali nomi di fama internazionale, il primo Mariinsky porta a casa ancora un tutto esaurito e un successo di pubblico: una serata emozionante, quella di sabato 30 luglio, di splendida musica eseguita con sicurezza e familiarità.
A guidare l'orchestra del teatro, dalle rigogliose sonorità, la giovane bacchetta di Zaurbek Gugkaev. Molto bene, sia nell'indugiare in qualche rubato al momento opportuno, sia nel sottolineare le escursioni dinamiche, ma soprattutto nel mantenere la barra della narrazione a dritta, seguendo in questo la grande tradizione della scuola russa, senza troppi fronzoli.
La regia, fedele alla drammaturgia originaria, è praticamente perfetta. Le scene di Igor Ivanov sono una più bella dell'altra, nella loro semplicità. Nell'ordine: l'esterno della tenuta dei Larin; la stanza di Tatiana; il giardino dove Eugenio e Tatiana si incontrano, con fronde che scendono dall'alto a riempire una buona metà del palco; l'interno della dimora, con il salone dove si svolge la festa; il bellissimo luogo naturale dove ha luogo il duello, avvolto nelle oscure brume mattutine, con lontani specchi d'acqua illuminati dalla luce rosata dell'alba; lo splendido salone da ballo di San Pietroburgo (applauso del pubblico); la ricca magione nobiliare di Tatiana. Le luci assecondano il trascorrere del tempo drammatico, con effetti particolarmente gradevoli nella scena della lettera, con la notte che pian piano trascolora nell'alba, e del duello, dove i personaggi sembrano ombre in una sorta di limbo e il sole sorge sanguigno, a illuminare la morte di Lensky.
La recitazione degli interpreti e dei membri del coro preparati da Andrei Petrenko, splendidi nei canti popolari, è curata e si svolge in perfetta sincronia con la musica: le entrate in scena e le uscite, i gesti plateali, tutto nei momenti esatti. La ricerca di una verità drammatica si svolge nei minimi dettagli: nella scena del duello, Lensky dà le spalle al pubblico dall'inizio fino alle prime frasi dell'aria, poi si gira (con bell'effetto anche sonoro) come a cambiare punto di osservazione sulla natura circostante, rendendo credibile la staticità del tutto. Le danze del coreografo Dmitry Bryantsev sono semplici ma efficaci, belle da vedere e in linea con le indicazioni del libretto.
La coppia Tatiana-Eugenio è ben amalgamata e simile: le voci non sono molto grandi, ma saggiamente i due decidono di non forzare, rimanendo comunque sempre udibili, anche grazie alla buona acustica del teatro e alla sala di dimensioni non troppo grandi.
Viktoria Yastrebova è una bella e appassionata Tatiana. Buona tecnica, fraseggio e recitazione davvero convincenti: si trova perfettamente a suo agio nei movimenti ben noti che, ormai, fanno parte di questa produzione come i fondali. Il carattere timido e introverso dell'incipit è da manuale. La scena della lettera strappa un grande applauso e fa cadere più di una lacrima in platea. Nel finale, forse, manca quel nonsoché drammatico che solo una lunga esperienza può dare, ma il risultato è comunque più che positivo.
Onegin è impersonato da Vladimir Moroz. Timbro da baritono chiaro non troppo corposo, fraseggio ammaliante e recitazione posata, del tutto in linea con il carattere designato da Puškin, si destreggia sul palco con abilità, attirandosi le antipatie generali e cavandosela egregiamente nella scena del duello, uccisore suo malgrado, dato che mentre spara volge quasi lo sguardo altrove e poi si getta per afferrare, al volo, il corpo cadente di Lensky.
Il giovine e romantico poeta è il tenore Sergei Skorokhodov, quasi irriconoscibile rispetto alla deludente Traviata di due giorni prima. Qui il canto è sfumato, si nota una ricerca di chiaroscuri, la recitazione raccolta e ciononostante comunicativa. La famosa aria con cui principia la scena del duello, accolta da un grande applauso, viene ben condotta, con canto e recitazione quasi minimali, privi di qualsiasi vezzo o gigioneria.
Yekaterina Krapivina, mezzosoprano fornito di una rigogliosa ottava inferiore, canta il ruolo contraltile di Olga. Se la cava piuttosto bene nella cavatina, tenendo il palco in modo sbarazzino e guadagnandosi un bell'applauso, per poi mettere in saccoccia anche un buon quartetto.
La tata Filippevna di Larisa Shevchenko è davvero ottima: gran voce, fraseggio e recitazione da manuale. Molto buona anche la Larina di Liuba Sokolova, mentre la voce ormai depauperata del glorioso basso Mikhail Kit non rende un grande servigio alla splendida aria del generale Gremin, nell'ultimo atto.
Non male il Monsieur Triquet di Andrei Zorin, con la tradizionale scelta di eseguire i couplets della breve chanson in russo, anziché in francese. Completano adeguatamente il cast il capitano Yuri Vlasov e il taglialegna Roman Malakanov. Nel ruolo muto di Guillot, Vladimir Silakov.
Michelangelo Pecoraro