Jets | |
Riff | Benjamin Werth |
Tony | Florian Stern |
Action | Steven Armin Novak |
A-Rab | Andreas De Majo |
Baby John | Edward R. Sarban |
Anybody's | Verena Pötzl |
Diesel | Samuel Maxted |
Altri membri dei Jets | Lara Brandi, Deia Cabalé, Camilla Danesi, Alice White, Yulian Botnarenko, Emanuele Chiesa, Federico Moiana, Martin Seget'a |
Sharks | |
Bernardo | MIchael Souschek |
Chino | David Hardenberg |
Maria | Sophia Theodorides |
Anita | Lucia Isabel Haas Muñoz |
Rosalia | Greta Marcolongo |
Consuela | Kathrin Eder |
Altri membri degli Sharks | Pilar Fernandez Sanchez, Brigida Pereira Neves, Sayumi Nishii, Chiara Ranca, Addison Ector, Mingfu Guo, Gabriel Marseglia, Nicola Strada |
Doc / Glad Hand | Lukas Lobis |
Schrank | Thomas Lackner |
Krupke | MIchael Gann |
Direttore | Hansjörg Sofka |
Regia e Coreografia | Enrique Gasa Valga |
Scene | Helfried Lauckner |
Costumi | Andrea Kuprian |
Luci | Ralph Kopp |
Drammaturgia | Axel Gade |
Tiroler Symphonieorchester Innsbruck |
Dopo le fortunate recite nella passata stagione, West Side Story torna sul palcoscenico del Tiroler Landestheater per una nuova serie di repliche fino al marzo 2019, con già alcuni “tutto esaurito”.
Eravamo presenti alla prima di questa nuova tornata e siamo usciti dal teatro con la piena consapevolezza di avere assistito ad uno spettacolo intelligente e assai ben eseguito. Certamente non è stata una serata di “musical scacciapensieri”, ma gli spunti di riflessione e i momenti intensi ed emozionanti sono stati numerosi, al di là della componente musicale.
Crediamo che gran parte del successo sia da ascriversi a Enrique Gasa Valga, direttore della Tanzcompany del Tiroler Landestheather e in questa produzione regista e coreografo, di cui già ricordavamo un meritevole Orphée et Euridice; a lui, coadiuvato come spesso a Innsbruck dallo scenografo Elfried Lauckner e dalla costumista Andrea Kuprian, va il merito di aver saputo bilanciare, sempre con grande gusto e senso della misura, recitazione, danza e musica. In questo allestimento, che segue quasi alla lettere le indicazioni del libretto, i riferimenti all’indimenticabile film omonimo del 1961 sono chiari, ma sempre rivisti in modo personale, quasi per omaggiarlo con occhio accorto se non affettuoso. Le scene sono semplici ed efficaci, sullo sfondo campeggia, letta da dietro, la scritta “West Side” che subito ci trasporta sul tetto di un palazzo newyorkese; essa e un grande serbatoio d’acqua -che verrà aperto sui “bollenti spiriti”, nella scena della violenza ad Anita- sono gli unici elementi fissi; l'atelier con sopra la stanzetta di Maria (c’è il classico muro di mattoni e la scala di sicurezza), il bancone del drugstore e la grande rete che delimita il cortile e poi lo spazio dello scontro mortale, compaioni ai momenti opportuni. Deliziosa è la cameretta della ragazza, una sorta di nido ispanico, allegro e colorato, in cui, poi, irrompe il dramma. Predominano le tonalità calde anche per i bei costumi, semplici e ispirati agli anni Cinquanta.
Le coreografie di Gasa Valga riportano a quelle di Jerome Robbins, regista e coreografo della prima esecuzione del musical e poi del film, ed evidenziano la duttilità e l’alto grado di preparazione del corpo di ballo del Tiroler Landestheater.
Già dicevamo dell’accurata recitazione (con i parlati in tedesco e le parti cantate in inglese) dimostrata da questa rodata compagnia, in un crescendo emozionale che finisce per superare i notissimi numeri musicali ed assume un carattere autonomo, culminante nelle spettacolari scene conclusive, dalla violenza ad Anita e la conseguente rabbia di Doc, allo sconvolgente addio di Maria a Tony, con la ragazza che manda via tutti e si sdraia al proscenio abbracciando il cadavere del suo amore. Un compianto cha sembra escludere la pacificazione, lasciando ammutoliti e con l’amaro in bocca.
Con piacere, poi, ritroviamo nelle due parti principali artisti dell’ensemble del teatro da noi apprezzati e conosciuti: Sophia Theodorides e Florian Stern; le loro voci sono le uniche “impostate” (come adottato anche da Bernstein nella celebre registrazione degli anni Ottanta), cosa che crea un’esplicita differenziazione con gli altri protagonisti. La Thedorides è una Maria comme il faut, che trascolora dalla vivacità e dal gioioso rivelarsi dell’amore al composto e agghiacciante dolore per la sua perdita; il canto sempre controllato, l’inconfondibile colore caldo della voce e la solida tecnica, pregi da noi conosciuti, si uniscono all’abilità di danzatrice e all’intensa recitazione. Le stesse cose possono essere dette per Florian Stern, agile ed elegante in scena, brillante, credibile e intenso interprete vocale (bella l’esecuzione di Maria!). Spicca poi la brava Lucia Isabel Haas Muñoz, affascinante Anita, cantante, ballerina e attrice di gran temperamento, voce solida dal bel colore brunito; Benjamin Werth è un Riff accattivante nel canto e nella danza, dalla recitazione spontanea; Michael Souschek un Bernardo attendibile, più dolente che aggressivo. Nei Jets’s Steve Armin Novak e Andreas De Majo caratterizzano molto bene Action e A-Rab; ottima la brava Verena Pötzl come Anybody’s e fa assai bene Edward Roland Serban, efficace Baby John. Tra gli Sharks si distinguono l’energico Chino di David Hardenberg e la vivace Consuela di Kathrin Eder. Un elogio a parte lo merita Greta Marcolongo, ottima Rosalia, a cui è spettato l’onore (e l’onere) di attaccare il famosissima Somewhere, originariamente duetto, poi pezzo solistico per una voce fuori scena e qui tramutato in quintetto con la partecipazione, oltre a Maria e Tony, delle voci "dall'aldilà" di Riff e Bernardo.
Da ricordare la vibrante interpretazione di Lukas Lobis come Doc e Glad Hand e i bravi Thomas Lackner, Schrank e Michael Gann, Krupke.
Hansjörg Sofka, nativo di Innsbruck e con una particolare attitudine per questo repertorio, dirige il versatile Tiroler Symphonieorchester Innsbruck; l’affiatamento con gli strumentisti è forte, grande l’attenzione al palco e la scrittura di Bernstein è resa con attenta cura e partecipazione, ora scintillante, ora soffusa e malinconica. Alla fine grande e incondizionato successo per tutti.
Eppure al termine di uno spettacolo così soddisfacente in tutti i sensi quello che ci resta impresso è la vicenda, pur se West Side Story è conosciuto soprattutto per il nome di Bernstein. Notiamo quindi che, a seconda delle esecuzioni, di questo lavoro può convincere maggiormente l’ottima musica oppure la prepotenza allusiva del dramma.
A Innsbruck c'è venuto da pensare che la seconda sia l’ipotesi giusta.
La recensione si riferisce allo spettacolo del 3 ottobre 2018.
Marilisa Lazzari