Programma | |
Ludwig van Beethoven | |
Trio per archi e pianoforte in Do minore op. 1/3 | |
Trio per archi e pianoforte in Re Maggiore op.70/1 "Geistertrio" | |
Trio per archi e pianoforte in Mi-bemolle maggiore op. 70/2 | |
Pianoforte | Rudolf Buchbinder |
Violino | Rainer Küchl |
Violoncello | Franz Bartolomey |
Il Matinée della domenica è tra gli appuntamenti più amati e seguiti del Festival di Grafenegg; una sorta di liturgia laica e bellissima.
Pubblico vestito a festa, molti con gli abiti tradizionali, una sinfonia di Dirdl colorati per le signore, Lederhosen per per gli uomini, atmosfera gioiosa nella quale tutti si salutano, vino bianco della Wachau o della Wagram a fiumi.
Se poi il protagonista del concerto in programma è Rudolf Buchbinder, che del Festival è ideatore e direttore artistico, allora l'entusiasmo cresce, la cordialità aumenta, l'attesa sale. Tutto beethoveniano il programma scelto da Buchbinder e i suoi amici, ovvero il violinista Rainer Küchl, Konzertmeister anziano dei Wiener Philarmoniker e Franz Bartolomey, primo violoncello della medesima orchestra. Si conoscono da lustri, i tre, e da lustri fanno musica insieme, e si sente; l'intesa è pressoché perfetta, basta loro uno sguardo, un'alzata di sopracciglio per comprendersi.
La prima parte prevedeva il Trio in Do minore op. 1/3, composizione giovanile, legata rigidamente, ma non troppo in realtà, alla forma sonata, tanto che il giovane Beethoven fu da Haydn caldamente sconsigliato a pubblicarla.
Buchbinder, Küchl e Bartolomey optano per una lettura che fa della leggerezza espressiva il suo cardine: ogni sfumatura di novità, di trasgressione alle regole stabilite viene evidenziata, senza esasperazione ma comunque con grande decisione, a partire dall'Allegro con brio che apre la pagina, passando per l'Andante cantabile con variazioni e fino al Minuetto, con un trio inaspettato per brillantezza, sino a giungere al Prestissimo finale, che chiude la composizione con tratto scapigliato.
Di ben altro spessore i due Trii op. 70.
Il 70/1, che dai contemporanei di Beethoven fu battezzato Geistertrio, dato che il movimento centrale trae origine dagli appunti per le mai composte musiche per il Macbeth, e segnatamente per la scena delle streghe. Qui la compiutezza di contenuto e forma trova espressione piena, ancora una volta nel sovvertimento delle regole.
Nell'op. 70/1 è il Largo assai ed espressivo a costituire il punto focale: il dialogo tra gli strumenti si fa serrato, i temi passano dal pianoforte al violino per trovare ulteriore sviluppo nel violoncello.
Di tutt'altra natura, ma di pari fascino l'op.70/2 appare immediatamente e con tutta evidenza una scelta di levità, una sorta di omaggio alla danza, che balza all'orecchio già a partire dalla scelta dei tempi che Beethoven opera: ad un'introduzione in Poco sostenuto segue un Allegro ma non troppo, anche qui con un continuo rimando di temi tra gli strumenti, seguono tre movimenti relativamente animati, tra il quali spicca un Allegretto ma non troppo in ritmo ternario, incredibilmente viennese nel contrappunto e nella varietà
Anche qui l'esecuzione è brillante ed al contempo densa di contenuto, la gioia di far musica insieme si trasmette al pubblico, al quale di tanto in tanto Buchbinder pare ammiccare.
Il pubblico apprezza, partecipa, segue ed alla fine consacra la mattinata ad un sicuro successo.
(La recesnsione si riferisce al concerto del 28 agosto 2016)
Alessandro Cammarano