Robert Schumann | Sechs Gesänge op. 107 |
Ludwig van Beethoven | Quartetto in mi bemolle maggiore op.127 |
Arnold Schonberg | Secondo Quartetto in fa diesis minore op. 10 |
Soprano | Malin Hartelius |
Gringolts Quartet |
Ilya Gringolts - violino Anahit Kurtikyan - violino Silvia simionescu - viola Claudius Herrmann - violoncello |
"Sul suo cavallo preferito/candido come la neve/la più bella principessa/cavalca lungo il viale……..". La musica di Schumann accarezza le parole, accompagna i versi e riveste, con grazia, la poesia: nei Sechs Gesänge la realtà è sfumata, sembra evaporare in tinte pallide, da acquarello. Poi, è vero, compare Ofelia, la “sognatrice senza fortuna” che muore inghiottita dalle acque e c'è sempre - dietro alle immagini quasi fiabesche - l'amore non corrisposto che dà pena e dolore. Ma il canto scorre, pare addirittura sereno e la voce si amalgama con gli strumenti in un impasto omogeneo, senza troppi contrasti di colore e sapore. Le “canzoni” di Schumann – eseguite nella trascrizione di Aribert Reimann per voce e quartetto d’archi – aprono la serata della Gog al Teatro Carlo Felice, protagonisti il soprano Malin Hartelius e il Grigolts Quartet, guidato dal violinista Ilya Grigolts, vincitore, proprio a Genova, del Premio Paganini 1998.
Ottima compagine, il Gringolts Quartet mette insieme artisti di provenienze ed esperienze artistiche assai diverse, ma dimostra fin da subito un affiatamento e un’intesa molto particolari. Tutti estremamente carismatici – viola e violoncello emergono per l’espressività e il calore del timbro – riescono tuttavia a raggiungere un invidiabile equilibrio, in un discorso “alla pari”, che si snoda con fluidità ed estrema eleganza; ai quattro giovani artisti si unisce poi la bella voce del soprano, corposa e gestita con raffinata musicalità, perfetta per il repertorio in questione.
Ci pensa poi Schönberg a infrangere la serenità, seppur vaga, dei Gesänge: o per lo meno a destarci da una sorta di torpore in cui eravamo, piacevolmente, scivolati. Il Secondo Quartetto op. 10 ci porta davvero su un altro pianeta (ich fühle luft von anderem planetem), ci scuote, ci destabilizza, dà quasi i brividi: ormai sempre più lontano dal sistema tonale tradizionale, Schönberg accoglie a braccia aperte l’atonalità, convalida la dissonanza, fugge dalle certezze, ruota su se stesso, scappa e pare non arrivare mai, perso com’è, irrimediabilmente, un centro “gravitazionale”. Tutt’altro stile, quindi, tutt’altri umori, che il Quartetto asseconda appieno, con scarti dinamici e di sonorità perfettamente bilanciati e gestiti tra le parti; ottima, anche qui, l’intesa tecnica ed emotiva dell’esecuzione. Molto brava anche la Hartelius, che ci regala un’interpretazione più sofferta, il timbro si scurisce fino ad arrivare a note mezzosopranili, con ammirevole omogeneità di suono e ottima intonazione.
Inframmezza le due composizioni “vocali” il meraviglioso Quartetto in mi bemolle maggiore op. 127 di Beethoven: anche qui, lo sappiamo, sembra di essere su “un altro pianeta”, anni luce distante da quello che pareva essere il primo periodo compositivo beethoveniano. Episodi di intenso lirismo - valga per tutti il secondo movimento Adagio, ma non troppo e cantabile - uniti a passaggi elaboratissimi, in cui il contrappunto la fa da padrone, tra giochi ritmici e “seriali”, con botte e risposte melodiche e timbriche. Gli artisti bene si destreggiano tra i quattro movimenti, così diversi eppure così legati, sottolineando le differenze ritmiche ed espressive del primo movimento Maestoso – Allegro teneramente, liberando una delicata e struggente cantabilità nel secondo, abbandonandosi con energia alla danza nel terzo, Scherzando vivace, e distillando serenità e leggerezza nel finale Allegro; il tutto con semplicità (almeno così sembra!) e splendida intesa di suono e fraseggio tra gli esecutori.
Un concerto “di nicchia”, impegnativo ma molto interessante; e pure frequentato. Il pubblico della Gog non si smentisce mai.
La recensione si riferisce al concerto del 6 febbraio 2017.
Barbara Catellani