Direttore | Zubin Mehta |
Pianista | Andràs Schiff |
Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino | |
28 giugno 2018: | |
Richard Wagner | |
Die Meisteringer von Nürnberg, ouverture | |
Dmitrij Shostakovich | |
Sinfonia n 1 in fa min. op. 10 | |
Johannes Brahms | |
Concerto per pf e orchestra n. 2 in si bemolle magg. op. 83 | |
30 giugno 2018: | |
Johannes Brahms | |
Concerto per pf e orchestra n. 1 in re min. op. 15 | |
Dmitrij Shostakovich | |
Sinfonia n. 5 in re min. op. 47 |
Trionfale ritorno di Zubin Mehta in quello che il direttore considera il "suo" teatro, nella "sua" città, dopo un periodo abbastanza lungo di lontananza dal podio per motivi di salute. Già nei giorni precedenti a questi due concerti fiorentini vi era una strana effervescenza in teatro e in città, con il Sovrintendente che si è recato all'aeroporto ad accogliere il direttore, feste durante le prove, fiori, torte a forma di cuore eccetera, e le sere dei concerti entusiasmo alle stelle e standing ovation: tutti segni di un forte inscindibile legame tra il celebre direttore indiano e Firenze, e ciò nonostante le polemiche e le incomprensioni di un passato ormai alle spalle. Inoltre questi due concerti fiorentini sono sembrati la migliore smentita alle voci poco rassicuranti sulle condizioni del direttore, che è rimasto visibilmente commosso da tanto affetto e da tanta genuina partecipazione, ed il pubblico entusiasta che ha assistito numerosissimo ai due concerti ha fatto da coprotagonista in serate che rimarranno irripetibili negli annali del Maggio. Il 28 giugno era anche presente un invidiabile "parterre de rois" con autorità del mondo politico, musicale e del jet-set internazionale e addirittura con la Regina Sofia di Spagna.
I due concerti erano gli ultimi del cosiddetto "Ciclo Shostakovich" dell'attuale Maggio con l'integrale delle sinfonie, e Mehta ha sicuramente scelto per sé le due più "facili", la Prima scritta come saggio per il diploma di composizione da un musicista men che ventenne ma che già mostra in nuce molti dei caratteri espressivi che si ritroveranno nelle sue composizioni mature, e la celeberrima Sinfonia n. 5 che adotta un linguaggio più "tradizionale", dopo i problemi che il musicista dovette affrontare con il regime comunista a seguito della composizione della Lady Macbeth del Distretto Mzensk e del ritiro durante le prove della Quarta.
Mehta affronta la Sinfonia n. 1 in maniera forse un po' disuguale, appare un po' frammentario nei primi due movimenti, ma prende il volo negli ultimi due, a partire dallo splendido Lento del terzo tempo, regalandoci raffinate oasi liriche e graffianti atmosfere.
Più compatta appare nelle sue mani la Quinta, una delle pagine più alte e popolari del musicista. Nucleo espressivo della pagina, giustamente esaltato da Mehta e dall'orchestra fiorentina con una commovente partecipazione, il terzo movimento, ascoltato pochissime volte così nella sua enorme intensità espressiva: le finezze cameristiche alternate ai turgori compatti della compagine fiorentina confermano la particolare aderenza stilistico-espressiva del direttore indiano (il cui gesto ha un po' perso in fantasia e varietà, ma non in precisione) per il repertorio novecentesco.
Il 28 giugno la serata è iniziata (e la pagina è stata aggiunta quasi all'ultimo momento, forse vista la relativa brevità della Sinfonia n. 1 di Shostakovich) con una solenne ed entusiasmante esecuzione della Ouverture dei wagneriani Maestri Cantori.
L'Orchestra del Maggio ha sempre risposto in maniera superlativa alle sollecitazioni del direttore, col quale è evidente il feeling di emozioni, di entusiasmo e di intenti: bellissimo il colore negli archi, fiati di grande precisione, prime parti strumentali (tutte!) al di là di ogni lode. Dobbiamo però ancora una volta coinvolgere nelle lodi particolarmente il primo violoncello Patrizio Serino, artefice non solo del mirabile assolo nel Concerto n. 2 di Brahms, ma anche della bellissima pagina che al suo strumento riserva Shostakovich nella Prima Sinfonia.
Purtroppo il pianista András Schiff alle prese con i due capolavori brahmsiani per pianoforte e orchestra si è limitato al "minimo sindacale", apparendo problematico più del solito oltre che distaccato, avaro di grinta e di partecipazione emotiva, non riuscendo neppure a raccogliere gli spunti che Mehta gli forniva in orchestra con un accompagnamento assolutamente esemplare. Il pianista si è parzialmente riscattato con il bis che ha concesso entrambe le sere.
(la recensione si riferisce ai concerti del 28 e 30 giugno 2018)
Fabio Bardelli