Macbeth | Gazim Myshketa |
Banco | Gabriele Sagona |
Lady Macbeth | Daniela Schillaci |
Dama di Lady Macbeth | Elena Schirru |
Macduff | Alessandro Scotto di Luzio |
Malcolm | Enrico Zara |
Medico | Francesco Musinu |
Domestico di Macbeth/Araldo/Sicario | Giovanni Bellavia |
Prima apparizione | Lorenzo Ravastini |
Seconda apparizione | Michela Sunda |
Terza apparizione | Eleonora Cabras |
Direttore | Paolo Arrivabeni |
Regia | Daniele Abbado |
Regista realizzatore | Boris Stetka |
Costumi | Carla Teti |
Luci | Angelo Linzalata |
Coreografie | Simona Bucci |
Maestro del coro | Donato Sivo |
Maestro preparatore voci bianche | Enrico Di Maria |
Orchestra e coro del Teatro lirico di Cagliari |
La prova offerta dal secondo cast impegnato nella rappresentazione di Macbeth in scena al Teatro lirico di Cagliari offre diversi spunti di interesse, al netto delle già rilevate criticità che condizionano lo spettacolo curato da Daniele Abbado e della scintillante direzione di Arrivabeni.
Al suo debutto nel ruolo eponimo, Gazim Myshketa dà vita ad un Macbeth radicalmente antitetico rispetto a quello incarnato dal suo omologo della prima compagnia: la baldanza e gli accessi di furia del tiranno sanguinario vengono infatti quasi del tutto obliterati dall’emergere dell’uomo irretito dal carisma della Lady, sopraffatto dal profetare delle streghe, lacerato dal senso di colpa e pervaso dal terrore della fine incombente. Una lettura parziale, quella offerta dal baritono albanese, ma al contempo ricca di coinvolgimento emotivo: c’è angoscia autentica nella frase “com’angeli d’ira, vendetta tonarmi…udrò di Duncano le sante virtù”, e il “Pietà, rispetto, onore” si risolve in una introspezione senza sconti sul fallimento dei sogni di gloria, scandita da una mirabile sequenza di accenti agri e di frasi spezzate dal dolore.
Per vincere il paradosso di una voce di rara bellezza impiegata in un ruolo che Verdi voleva assegnato ad una “voce brutta”, Daniela Schillaci si rapporta alla Lady senza snaturare la sua dimensione di ottimo soprano lirico dal timbro baciato dal sole, chiamato ad affrontare quella che forse è la pagina più impervia dell’intero repertorio drammatico. Ne deriva un’esecuzione corretta (le note ci sono tutte, dal do naturale del recitativo al re bemolle della scena del sonnambulismo), che descrive una regina insinuante ma non imperiosa, più nevrotica che tirannica, carica di una sensualità elegante ma mai aggressiva.
Molto misurato il Banco di Gabriele Sagona – privo degli slanci tonitruanti che dovrebbero scandire sia il concertato del primo atto che la scena della morte -, non entusiasma il Macduff di Alessandro Scotto di Luzio, pulito nell’esecuzione dell’aria ma a tratti sovrastato dall’orchestra e dagli altri cantanti sia nel successivo duettino che nella scena del duello finale.
Gli altri interpreti confermano il giudizio espresso in occasione della prima, al cui commento pertanto rimandiamo.
La recensione si riferisce allo spettacolo del 9 novembre 2019
Carlo Dore jr.