Sir John Falstaff | Roberto De Candia (11/11) |
Sergio Vitale (15/11) | |
Ford | Thomas Tatzl (11/11) |
Luca Grassi (15/11) | |
Fenton | Marco Ciaponi (11/11) |
Manuel Pierattelli (15/11) | |
Dr. Cajus | Enrico Zara |
Bardolfo | Bruno Lazzaretti |
Pistola | Emanuele Cordaro |
Mrs. Alice Ford | Alex Penda (11/11) |
Cinzia Forte (15/11) | |
Nannetta | Barbara Bargnesi (11/11) |
Daniela Cappiello (15/11) | |
Mrs. Quickly | Agostina Smimmero (11/11) |
Lara Rotili (15/11) | |
Mrs. Meg Page | Chiara Amarù (11/11) |
Veta Pilipenko (15/11) | |
Regia | Daniele Abbado |
ripresa da | Boris Stetka |
Scene | Graziano Gregori |
Costumi | Carla Teti |
Luci | Luigi Saccomandi |
Direttore | Donato Renzetti |
Maestro del Coro | Gaetano Mastroiaco |
Orchestra e Coro del Teatro Lirico di Cagliari | |
Allestimento del Teatro Lirico di Cagliari |
“Và, vecchio John: và per la tua via…” Dopo i lampi del ventenne Rossini, concentrati nella brillante leggerezza de “La pietra del paragone”, il Teatro lirico di Cagliari ha reso omaggio all’ultimo capolavoro di Giuseppe Verdi: quel “Falstaff” descritto da autorevolissimi studiosi come il testamento musicale del Cigno di Busseto.
I tratti del genio verdiano –che riesce a distaccarsi dagli stereotipi del melodramma (amore-onore-patria) per proporre un’opera frizzante, ironica ma al contempo permeata da una sottile vena di disincantata malinconia – vengono percepiti dal pubblico cagliaritano malgrado le discutibili scelte che caratterizzano l’allestimento curato da Daniele Abbado e Boris Stetka. Un’enorme pedana rotonda, volutamente ispirata alla celebre rotondità del protagonista, domina la scena, animata da una frenetica di girandola di oggetti volanti, botole, veli e paraventi: alla rappresentazione non difettano dinamismo, brio e momenti esilaranti (irresistibile l’apparizione di Falstaff in abito bianco e ombrellino para-sole, pronto per la visita galante alla bella Alice), ma delle atmosfere scanzonate e pompose che dovrebbero caratterizzare il borgo di Windsor durante il regno di Enrico IV proprio non si rinviene traccia.
“Presenteremo un bill per una tassa al Parlamento sulla gente grassa”. Le criticità dell’allestimento sono idealmente compensate da una direzione d’orchestra di alto livello, capace di esaltare le qualità dei due cast che si sono alternati nel corso delle varie recite, a loro volta contraddistinti da pregi e difetti diametralmente speculari. Direttore di grande intelligenza, Donato Renzetti governa nel migliore dei modi le varie fasi dell’opera, supportando con uguale abilità il cicaleggio delle comari, il sogno d’amore che ispira le arie di Fenton e Nannetta, le esplosioni di gelosia di Ford, le manifestazioni di vanità e le tetre riflessioni proposte da Falstaff.
“Questo è il mio regno: lo ingrandirò!” Nella prima compagnia, risaltano le prove del baritono Roberto De Candia (nei panni del protagonista) del mezzosoprano Agostina Smimmero (Mrs. Quickly) e del tenore Marco Ciaponi (Fenton). Baritono brillante con alle spalle una carriera di tutto rispetto, De Candia padroneggia il ruolo di Falstaff con assoluta disinvoltura, rivelandosi abile nel mettere in luce le varie sfaccettature del personaggio di Sir John: simpaticamente grossolano ne “L’onore? Ladri!”; amaramente riflessivo nel monologo “Taverniere! Mondo ladro”; simpaticamente canagliesco nel pirotecnico finale. Il suo è un Falstaff, per così dire, “a tutto tondo”, ben assecondato, nel duetto del secondo atto, dalla verve incontenibile della Smimmero, la quale, alle indubbie qualità attoriali, associa una vocalità adattissima alla parte di Quickly (il suo “reverenza!” è da applausi).
Ciaponi conferma le ottime qualità messe in mostra nelle sue recenti esibizioni: tenore lirico dotato di uno strumento vocale di raro pregio, che gli permette di affrontare con sicurezza anche i passaggi più impervi dell’aria “Dal labbro il canto estasiato”, declina un Fenton praticamente perfetto, delicato ma mai banale, genuino ma non ingenuo nell’esternare il suo amore per Nannetta. Convincente il Ford di Thomas Tatzl, apprezzabili la Nannetta di Barbara Bargnesi e la Meg di Chiara Amarù, qualche imperfezione caratterizza l’interpretazione di Alice offerta da Alex Penda, la cui vocalità da autentico soprano lirico spinto a tratti fatica a adattarsi alla dimensione ironicamente fatua che caratterizza il ruolo della Lady Ford.
“Gaie comari di Windsor, è l’ora di alzar la risata sonora”. Il secondo cast, per contro, è dominato dal soave cinguettio delle allegre comari, nel quale risaltano l’esperienza di Cinzia Forte e la freschezza di Daniela Cappiello. Artista nel pieno della maturità vocale e scenica, la Forte presta ad Alice la sua nobiltà di fraseggio, tratteggiando il personaggio di una donna realmente consapevole dei propri talenti, e dunque capace di irridere tanto le velleità di Sir John quanto le scalmane di Ford. La Cappiello, da parte sua, si conferma uno dei giovani soprani più interessanti della sua generazione: dotata di un timbro dolcissimo e di un notevole controllo del fiato, propone una Nannetta piena di luce, delicata e soave nell’esecuzione della canzone delle fate, teneramente sognante nell’uso della mezza voce con cui scandisce la frase “Anzi rinnova, come fa la Luna”.
Nel ruolo del protagonista , la voce scura e pastosa di Sergio Vitale declina un canto molto espressivo, anche se meno vario e privo delle sfumature che contraddistinguono l’interpretazione di De Candia: il prodotto è un Falstaff corretto e convincente, ma sostanzialmente monotematico, tutto imperniato sulla dimensione del conquistatore impenitente e irriducibile che costituisce però solo uno dei tratti della personalità di Sir John. Discrete le prova di Lara Rotili (Quickly), Luca Grassi (Ford), Veta Pilipenko (Meg); buona quella del tenore Manuel Pierattelli, apprezzabile tanto nell’esecuzione della sua aria quanto nei duetti con la Cappiello.
Enrico Zara (Dottor Cajus), Bruno Lazzaretti (Bardolfo) e Emanuele Cordaro (Pistola) completano la locandina di questo Falstaff “a tutto tondo”: divertente, frizzante, spensierato ma non privo di quella riflessione agrodolce che caratterizza le ultime note del Cigno di Busseto, capace, al tramonto della sua vita, di superare gli stereotipi del melodramma per ricordare al pubblico che, in fondo, “tutto nel Mondo è burla”
La recensione si riferisce alle recite della "prima" dell'11 Novembre e del 15 Novembre 2016.
Carlo Dore jr.